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ROMA - "Usano la scuola per farci perdere le regionali". La certezza di Renzi, guardando alle presenze in piazza a fianco dei sindacati e alle dichiarazioni sempre più agguerrite di una parte della minoranza dem, è che nel mirino  -  più che la Buona Scuola  -  ci sia proprio il suo governo.

Il sospetto che circola a palazzo Chigi è che i generali anti-renziani, sconfitti nella battaglia sull'Italicum anche perché rimasti senza sostegno nel paese, sognino di buttare giù "l'usurpatore" mettendosi alla testa del "popolo della scuola" (espressione in voga nella sinistra del Pd). Provocando uno smottamento nell'elettorato di centrosinistra. Visti i sondaggi sul filo del rasoio in regioni chiave come la Liguria e la Campania, una sconfitta del Pd in tre regioni su quattro  -  in Veneto il leghista Zaia è troppo avanti per essere ripreso  -  segnerebbe infatti la prima, pesante, battuta d'arresto del fenomeno Renzi. E l'inizio del gioco più praticato nel partito democratico dalla fondazione a oggi: il tiro al piccione sul segretario.

Non a caso è proprio il precedente di Walter Veltroni, costretto a gettare la spugna dopo la sconfitta alle regionali in Abruzzo e Sardegna, a risuonare in queste ore nel quartiere generale renziano. Ma stavolta, giurano, sarà diverso. "Intanto le elezioni noi le vinciamo  -  premette Giorgio Tonini, che della stagione di Veltroni fu uno degli ideologi  -  e poi fare paragoni tra le due situazioni è totalmente improprio: il Pd nel 2008 aveva perso le politiche, al governo c'era Berlusconi. E Veltroni candidò Soru contro l'establishment del partito, che lo fece perdere. A quel punto Walter si dimise. Ma Renzi sta al governo e, anche nel malaugurato caso che la candidatura di Pastorino faccia vincere Toti in Liguria, a lasciare non ci pensa proprio. Hanno fatto male i loro conti". Ma l'operazione, il premier ne è convinto, sarà comunque tentata.