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ROMA - Mail, lettere, post sui social, interventi in radio e tv. Un diluvio di voci anima in queste ore un dibattito forse inatteso, dentro e fuori la rete. I pensionati si dividono sulla sentenza della Consulta. E c'è chi, anche con assegni modesti, si dice pronto a rinunciare al rimborso che il governo deciderà, per devolvere i soldi in favore di giovani, poveri, disagiati.

Da una parte si invoca la solidarietà, il senso civico, il dovere di restituire qualcosa vista l'enorme distanza con le giovani generazioni sul piano previdenziale, ma anche la consapevolezza di una crisi ancora non superata e di conti pubblici sempre in bilico. Dall'altra si richiamano i diritti acquisiti e la pericolosa generosità che risolve il problema al governo, non quello di chi con una pensione medio-bassa aiuta figli e nipoti senza lavoro. Anche Repubblica è stata subissata negli ultimi giorni da messaggi di pensionati pronti al bel gesto, sollecitati dall'intervento di Chiara Saraceno pubblicato il 7 maggio scorso.

Nell'editoriale la sociologa milanese si dichiarava "una dei milioni di pensionati che dovrebbe gioire", per la decisione della Corte Costituzionale. "Ma non riesco a rallegrarmi, perché non riesco a immaginare come si potrà "restituire il maltolto"  -  come dicono sia i sindacati sia Salvini con una strana identità di linguaggio  -  ai pensionati, a prescindere dal livello della loro pensione, senza andare a tagliare ulteriormente pezzi dello stato sociale italiano già in grave sofferenza: la sanità, la scuola, il sostegno a chi si trova in povertà".

I solidali. La restituzione è "iniqua e immorale" per l'avvocato Fiorella Carloni, pronta a rinunciare alla rivalutazione come atto di "dovere civico". Un "sacrificio accettabile" per i coniugi Bastelli, poco sopra la soglia di tre volte il minimo (1.400 euro al mese), "se si pensa ai giovani e alla loro pensione". Claudio Diacci, pensionato da 1.600 euro, propone un "referendum online" e spiega che è "doveroso pensare al futuro di figli e nipoti, visto che siamo gli unici ad avere un reddito sicuro".

Luigi Pitton chiede al presidente dell'Inps Boeri di "inviare ai titolari di pensione retributiva il calcolo contributivo del loro assegno, invitandoli a un'offerta volontaria detassata per la creazione di un fondo per l'occupazione giovanile". Disponibile a rinunciare anche Franco Pizzuto di Palermo, fascia media, "purché il sacrificio sia destinato al lavoro per i giovani", così come Franco Fulgenzi, fascia medio-alta, "a condizione che le somme siano destinate a programmi socialmente utili". Gaetano Filipponio, medico ospedaliero, 3.400 euro di pensione, scrive sull'Huffington Post di trovare "legittimo e giusto" il blocco del suo assegno, "per fornire servizi ai meno fortunati e occasioni per i giovani". Sergio Bertoia, 85 anni, una pensione sotto i 2 mila euro, comunica su facebook che "rinuncia volentieri". Mario Lavecchia di Palermo l'ha presa "come un contributo alla crisi del Paese, col pensiero ai miei tre figli giovani". Così G. L. Canepa, ex dirigente d'azienda: "Ragionevole contribuire al risanamento dei conti, spero che molti rinuncino e che le risorse siano impiegate per gli incapienti".

I contrari. Secondo un sondaggio Ixè diffuso ieri da Agorà, trasmissione di Raitre, il 55% dei pensionati non rifiuterebbe però i soldi in favore di giovani e/o poveri, contro il 29% di generosi. Alcuni di loro spiegano le ragioni dell'opposizione, sfogandole su facebook nel post lanciato da Prima Pagina, il programma mattutino di Radiotre. "Rinuncerei volentieri all'adeguamento della mia pensione in favore dei più giovani, dice Elvio da Padova. Voi cosa ne pensate?". "Ma proprio no! La Consulta ha ribadito un diritto leso", risponde subito Patrizia Altieri. "Basta con questa carità cristiana che si ferma sempre a un certo livello della scala sociale. Nessun intervento per corruttori, super privilegiati, super protetti. Ma si pretende sempre dagli stessi". Anche Pantzela Campinu si chiede se davvero "sono cattivi di cuore coloro che non possono rinunciare alle indicizzazioni perché hanno pensioni da sopravvivenza".

Ci sono pensionati "che di quell'adeguamento hanno bisogno", fa osservare Graziano Ruggiero. "Ecco la vera natura dell'italiano, brava gente fino a quando non gli tocchi il portafoglio", provoca Fabio Ventola. "L'imprenditore che evade dice tutti evadono, il pensionato che è andato in pensione con vent'anni di contributi dice "i miei soldi non li tocchi". Nessuno è capace di guardare al prossimo". Sandro Lazzaroni non la pensa così: "Se rinunci a un diritto lo fai su base volontaria! Io non posso rinunciarvi". Giovanni Azzini quasi grida: "Noi non rinunciamo!!! Già facciamo da ammortizzatori sociali verso i nostri figli". Mentre Rossella Rispoli si chiede "se questi "eroi" della patria hanno rendite o redditi aggiuntivi e se hanno figli o nipoti disoccupati". Anche Giuliano Gallavotti scrive a Repubblica che "da questa gara di anime belle mi ci tiro fuori con convinzione" perché "non mi piace essere sottoposto al ricatto morale del sacrificio necessario". Di certo si tirano fuori anche Manageritalia e Federmanager
(promotrici del ricorso alla Consulta) che tramite il loro avvocato si dicono "pronte a fare ricorso" di nuovo, se il governo approvasse "rimborsi solo ad alcune fasce di pensionati o una graduazione con restituzioni parziali". Sarebbe ancora "illegittimo".