di Pierfrancesco Demilito
Sembra trascorso un secolo da quando la pattuglia Cinque Stelle, composta da oltre 150 parlamentari, entrò per la prima volta a Montecitorio e a Palazzo Madama e invece sono trascorsi solo dieci mesi. Eppure quegli acerbi deputati, così allergici alle telecamere e così attenti agli scontrini e alla rendicontazione delle spese, sono ormai solo un lontano ricordo. Quei “cittadini” del Movimento 5 Stelle si sono trasformati in esperti parlamentari e ottimi comunicatori, hanno passato l’ultimo anno a studiare le procedure parlamentari e lavorando tanto per migliorare le loro apparizioni televisive. Eh già, perché ormai i Cinque Stelle si concedono spesso e volentieri alle trasmissioni tv.
La recente discussione alla Camera sul decreto Imu-Bankitalia, la dura battaglia in aula e fuori con la presidente Boldrini e la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica hanno fatto tornare l’attenzione sul Movimento di Grillo, che aveva passato gli ultimi mesi un po’ in sordina. E così il comico genovese, con un’abile mossa, è riuscito a far tornare i Cinque Stelle sulla cresta dell’onda, proprio in prossimità delle elezioni europee.
Ma è su un tema che il Movimento ha messo il silenziatore: i rimborsi dei parlamentari. Durante la campagna elettorale Grillo ha più volte portato al centro del dibattito il tema degli stipendi degli onorevoli e aveva assicurato che i suoi eletti non avrebbero guadagnato più di tremila euro al mese. A legislatura iniziata, però, Grillo fu costretto a incontrare i suoi parlamentari perché in tanti tra loro, in meno di un mese di mandato, si erano accorti che i tremila euro promessi in campagna elettorale non erano un impegno da rispettare a tutti i costi. E così, dopo l’incontro, arrivò la retromarcia del comico e i parlamentari, tra indennità e diaria, da allora possono portare a casa fino a seimila euro con il benestare di Beppe Grillo.
Dando una rapida occhiata al sito dedicato alla trasparenza del gruppo parlamentare a Cinque Stelle, però, si capisce subito che quelli che in realtà rimangono sotto la cifra indicata dal leader del Movimento non sono così tanti. Nel mese di ottobre (l’ultimo rendicontato sul sito ufficiale), ad esempio, la maggioranza è stata fuori dai limiti autoimposti e tanto pubblicizzati. Più precisamente, il 55% dei deputati di Grillo ha portato a casa più di seimila euro, chi poco più, chi molto più.
In una recente intervista l’astro nascente del Movimento, il giovane Alessandro Di Battista, che in rapida successione si è concesso a Servizio Pubblico e alle Invasioni Barbariche, ha dichiarato alla Bignardi: “A me e ai miei colleghi ci fermano per strada per dirci che guadagniamo troppo poco. Ma quando mai ad un parlamentare abbiamo detto sei pagato troppo poco?”
Vista questa dichiarazione e sfogliati i dati presenti sul sito dei Cinque Stelle, riteniamo sia venuto il momento di fare un po’ di chiarezza sulla vicenda.
I parlamentari del Movimento 5 Stelle avrebbero diritto ad un’indennità parlamentare (stipendio) che si aggira intorno ai cinquemila euro netti al mese, ma quasi tutti rinunciano a circa duemila euro al mese, versandoli in un fondo destinato alla piccola e media impresa. Chapeau!
Fin qui Di Battista avrebbe ragione, ma quello che Dibba (soprannome con cui il deputato è noto sui social network) non dice è che oltre allo stipendio i parlamentari hanno diritto anche ad una diaria (per coprire vitto, alloggio, bar/mensa della camera e trasporti a Roma), un rimborso per le spese accessorie (noleggio auto, rimborso a Km, spese telefoniche, taxi e trasporto urbano) e un altro rimborso per le spese legate all’esercizio del mandato (stipendio collaboratori, consulenze, convegni, ricerche ed eventi sul territorio). Su queste voci, ogni parlamentare si comporta secondo coscienza. Se Di Battista e tanti altri rinunciano a buona parte di queste ulteriori indennità, molti sono quelli che rinunciano a poco.
Il senatore Bartolomeo Pepe, ad esempio, nel mese di ottobre, oltre a 3.397 euro di stipendio, ha ottenuto 1.500 per l’affitto e per le utenze, 1.425 euro per il vitto, 344 euro per la mensa della Camera, 854 euro per il noleggio di un’auto e 473 euro per un voce non meglio specificata (indicata come “altro” in spese accessorie). Per un totale, nel solo mese di ottobre, di circa 8558 euro, esclusi i 4.180 euro che lo Stato gli rimborsa per i suoi collaboratori. E appare al quanto curioso notare che per il mese di agosto il senatore Pepe, oltre ai “tradizionali” 854 euro per il rimborso del noleggio auto, abbia rendicontato ben 1.227 euro spesi in taxi.
Niente auto blu, dunque, ma i taxi bianchi vanno bene. E dello stesso parere è il senatore Bocchino che per il solo mese di ottobre ha ottenuto 1.759 euro per gli spostamenti in taxi, più 1.727 euro per affitto e utenze, più 1.058 euro per la voce “Altro-diaria”. Con un totale per il mese di ottobre pari a 8.472 euro. A settembre, invece, Bocchino non ha viaggiato in taxi ma nelle voce “altro” delle spese accessorie ha chiesto rimborsi per 1.629 euro, per la stessa voce ad agosto 1.838 euro, mentre a luglio ne ha ottenuto addirittura 2.800.
Qualche scranno più in là, sempre al Senato, siede Laura Bignami che nel mese di ottobre (oltre a più di 3.000 euro di stipendio) ha giustificato 931 euro per la voce “Alloggio – altro” e 2.107 euro per la voce “Altro –diaria”. Non solo, a tutto questo si aggiungono 3.040 euro per le spese telefoniche. E così nel mese di ottobre la Bignami ha ricevuto uno bonifico di 10.372 euro.
Il senatore Gaetti, invece, per il mese di ottobre alla voce “Altro – spese accessorie” ha giustificato 2.500 euro, a cui si sommano 1.350 euro per l’alloggio e le utenze, 800 euro per il vitto, 4.000 di consulenze e poi naturalmente lo stipendio da parlamentare. Totale? 8.651 euro, esclusi quelli chiesti per le consulenze. E poi c’è il senatore Claudio Martelli che ad ottobre, oltre all’indennità, ha ottenuto 1.900 euro per l’affitto e le utenze, 774 euro per il vitto e ben 8.700 euro per le spese iniziali legate all’alloggio a Roma. Ad ottobre, dunque, Martelli ha ricevuto dal Senato 14.998 euro, più 2.900 euro di stipendi per i suoi collaboratori.
Alla Camera, invece, è l’onorevole Alessio Tacconi ad essere un po’ meno trasparente. Nella rendicontazione della diaria, infatti, il deputato giustificando con la generica voce “Altro” ottiene: 7.555 euro per i mesi di marzo e aprile, più altri 7.287 euro a maggio, e poi 4.142 euro a giugno, 4.193 a luglio, 5.458 ad agosto, 4.264 a settembre e 4.459 ad ottobre. In totale nell’ultimo mese rendicontato, sommando le varie voci, l’onorevole Tacconi ha portato a casa 9.975 euro (più altri 5.000 euro che lo Stato gli ha rimborsato per consentirgli l’esercizio di mandato, nello specifico 1.666 euro per stipendi collaboratori e oltre 3.000 euro per un evento organizzato sul territorio).
Sulla voce “Altro” si comporta con grande disinvoltura la sua collega senatrice Alessandra Bencini che in modo così generico ha giustificato 2.915 euro a giugno, 2.215 a maggio, 2.915 ad agosto, 2.200 a settembre e 2.800 ad ottobre.
A quelli già elencati ci sono poi da aggiungere: Francesco Campanella che ad ottobre – tra indennità, diaria e spese accessorie – ha portato a casa 8.817 euro, Gianluca Castaldi con 8.370 euro, Andrea Cioffi con 8.505 euro, Giovanni Endrizzi con 8.717, Maria Mussini con 8.012 euro, Sara Paglini 8.260 e Maurizio Romani 8.237 euro.
Dieci mesi fa Dario Franceschini veniva contestato mentre mangiava in un ristorante romano al termine dei lavori d’aula. Oggi, invece, sul sito dedicato alla trasparenza dei parlamentari a Cinque Stelle la senatrice Bulgarelli può candidamente giustificare 2.200 euro esclusivamente per il vitto di ottobre. Ma la senatrice bolognese deve essere una buona forchetta, considerato che da giugno ad ottobre per il vitto ha ricevuto dal Senato ben 12.700 euro. Solo a luglio ha giustificato pasti per 3.312 euro (più di 100 euro al giorno).
E poi c’è la senatrice Fucksia che negli ultimi cinque mesi non ha rendicontato nulla. Sentita telefonicamente da Mediapolitika, la senatrice ci dice: “La rendicontazione manca perché ho perso il pc, ho conservato tutti gli scontrini e fatto ugualmente il mio bonifico, che per rispetto dei militanti ho pubblicato sul mio profilo Facebook.” Ma questo non è l’unico motivo che ha portato alla mancata pubblicazione dei dati. “Mancano anche perché – prosegue la Fucksia – quel portale è molto complicato, rendicontare tutto in questo modo ci porta via un sacco di tempo. Per mantenere ben aggiornato il mio profilo di rendicontazione dovrei pagare uno stipendio ad un collaboratore, aumentando dunque i costi. Pensi che noi alle volte non abbiamo il tempo per entrare nel merito di alcuni decreti, si figuri se possiamo perdere tempo dietro queste cose”. E a sentire la senatrice, tra i parlamentari lei non è l’unica a pensarla in questo modo. “Al Senato sono in tanti a pensarla come me – prosegue – anche riguardo al Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie imprese, in cui vengono versati i soldi non spesi dai parlamentari a Cinque Stelle, abbiamo qualche perplessità. Prima di essere assegnati, infatti, quei soldi passano attraverso alcune fiduciarie che su questa operazione guadagnano una commissione che si aggira intorno al 4%. Inoltre, non siamo così sicuri che quei soldi tornino davvero nell’economia reale, su questo servirebbero maggiori garanzie.” Secondo la senatrice, però, una soluzione c’è: “Se i parlamentari guadagnano troppo, allora facciamo una proposta di legge affinché guadagnino meno. Incassare questi soldi, dover rendicontare il centesimo e poi restituirli al fondo, senza la garanzia che vengano ben utilizzati, non ha senso. Io non voglio essere ricordata per lo scontrino ma per l’azione politica”.
Noi non sappiamo se i parlamentari guadagnino poco o tanto, ci accontenteremmo di avere una Camera e un Senato composti da persone competenti, in grado di scrivere un testo di legge e attenti alle esigenze del territorio che rappresentano. E con stupore abbiamo notato che, tra i 156 parlamentari a Cinque Stelle, ben 109 non spendono nemmeno un euro per le voci dedicate alla consultazione dati, agli eventi sul territorio, alle ricerche ed ai convegni. E così la gran parte dei soldi destinati all’esercizio del mandato parlamentare viene usato per gli stipendi dei collaboratori e per le consulenze.
Non sappiamo nemmeno se veramente, come dice la senatrice Fucksia: “alla gente non importa per cosa spendo i soldi, è interessata solo a sapere che una parte venga restituita”. Ma di una cosa siamo certi: chi ha votato i Cinque Stelle lo ha fatto anche perché, durante la campagna elettorale, è stato ripetuto come un mantra che i parlamentari del Movimento non avrebbero guadagnato più di tremila euro. Forse sarebbe giusto spiegare con più chiarezza a quegli elettori che, tra indennità e rimborsi, oltre la metà dei parlamentari a Cinque Stelle porta a casa più di seimila euro al mese e che tanti superano abbondantemente gli ottomila euro. E poi chissà se a quei parlamentari verrebbe ancora gridato per strada: “Guadagnate troppo poco!”
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