Prodi a Renzi: «Bene al Consiglio europeo, ora servono i fatti»
Il professore ha elogiato il premier. Senza risparmiare qualche critica.
DICHIARAZIONI
L'ex premier Romano Prodi ha dato un giudizio positivo alla missione europea di Matteo Renzi dopo l'incontro di vertice con gli altri capi di governo dei Ventotto dell'Unione europea a Bruxelles.
Dal Consiglio europeo «Renzi è uscito più forte sul piano personale», ha detto il professore in un'intervista a Repubblica.
Ma il successo per la posizione italiana a Bruxelles ora deve essere confermato dai fatti concreti: «Ora però deve dimostrare di avere dietro di sé un Paese altrettanto forte. E questo è più difficile», ha ammesso Prodi.
ORA SERVONO I FATTI. Sul piano dei conti pubblici, Prodi ha invocato le riforme come unica soluzione alla crisi economica del paese: «I problemi dell'Italia sono il suo debito più che il suo deficit, e la sua capacità di mettere in pratica le riforme più che quella di deciderle. I decreti di attuazione delle molte leggi che sono state varate sono ancora tutti da fare. E l'Europa, giustamente, guarda ai fatti concreti, non alle belle intenzioni e neppure alle leggi giuste ma inattuate. Renzi può aver vinto la battaglia contro i burocraticismi europei dei vincoli di bilancio, ma deve ancora vincere quella contro la burocrazia italiana».
HANNO SCELTO I CITTADINI. Ma Prodi ha anche evidenziato i progressi fatti dai Ventotto e sul cambio di rotta dell'Unione che ora ha puntato con maggior decisione verso la crescita: «Dal vertice ho visto emergere cambiamenti importanti sia in campo politico sia in campo economico. Il più significativo è che finalmente i cittadini europei hanno potuto eleggere, sia pure indirettamente, il presidente della Commissione», ha detto Prodi.
SBERLA A CAMERON. «Il secondo dato politico rilevante», ha aggiunto Prodi, «è che la Gran Bretagna appare sempre più isolata. Cameron ha preso una sberla molto dura. Ha finito per far fare un passo avanti all'Europa contro la sua volontà. Se avesse evitato di chiedere il voto su Juncker avrebbe avuto più margini d'azione».
JUNCKER GRANDE STATISTA. Su Juncker Prodi si è detto ottimista: «È una persona di grande intelligenza e forse lo statista che meglio capisce i meccanismi europei», ha dichiarato il professore. «Ricordo certe sue accanite battaglie per difendere gli interessi lussemburghesi sul segreto bancario e su alcune pratiche finanziarie che non mi erano piaciute. Sono convinto che ora sceglierà priorità diverse perché conosce l'importanza del suo ruolo».
RITORNARE A KEYNES. Per l'ex presidente della Commissione europea «quello che deve cambiare è l'intera politica economica del continente. L'America ha innescato per prima la crisi, ma con Obama ne è uscita più in fretta di noi grazie a una pura politica keynesiana. Lo stesso ha fatto la Cina. Lo stesso deve fare l'Europa».
Dal Consiglio europeo «Renzi è uscito più forte sul piano personale», ha detto il professore in un'intervista a Repubblica.
Ma il successo per la posizione italiana a Bruxelles ora deve essere confermato dai fatti concreti: «Ora però deve dimostrare di avere dietro di sé un Paese altrettanto forte. E questo è più difficile», ha ammesso Prodi.
ORA SERVONO I FATTI. Sul piano dei conti pubblici, Prodi ha invocato le riforme come unica soluzione alla crisi economica del paese: «I problemi dell'Italia sono il suo debito più che il suo deficit, e la sua capacità di mettere in pratica le riforme più che quella di deciderle. I decreti di attuazione delle molte leggi che sono state varate sono ancora tutti da fare. E l'Europa, giustamente, guarda ai fatti concreti, non alle belle intenzioni e neppure alle leggi giuste ma inattuate. Renzi può aver vinto la battaglia contro i burocraticismi europei dei vincoli di bilancio, ma deve ancora vincere quella contro la burocrazia italiana».
HANNO SCELTO I CITTADINI. Ma Prodi ha anche evidenziato i progressi fatti dai Ventotto e sul cambio di rotta dell'Unione che ora ha puntato con maggior decisione verso la crescita: «Dal vertice ho visto emergere cambiamenti importanti sia in campo politico sia in campo economico. Il più significativo è che finalmente i cittadini europei hanno potuto eleggere, sia pure indirettamente, il presidente della Commissione», ha detto Prodi.
SBERLA A CAMERON. «Il secondo dato politico rilevante», ha aggiunto Prodi, «è che la Gran Bretagna appare sempre più isolata. Cameron ha preso una sberla molto dura. Ha finito per far fare un passo avanti all'Europa contro la sua volontà. Se avesse evitato di chiedere il voto su Juncker avrebbe avuto più margini d'azione».
JUNCKER GRANDE STATISTA. Su Juncker Prodi si è detto ottimista: «È una persona di grande intelligenza e forse lo statista che meglio capisce i meccanismi europei», ha dichiarato il professore. «Ricordo certe sue accanite battaglie per difendere gli interessi lussemburghesi sul segreto bancario e su alcune pratiche finanziarie che non mi erano piaciute. Sono convinto che ora sceglierà priorità diverse perché conosce l'importanza del suo ruolo».
RITORNARE A KEYNES. Per l'ex presidente della Commissione europea «quello che deve cambiare è l'intera politica economica del continente. L'America ha innescato per prima la crisi, ma con Obama ne è uscita più in fretta di noi grazie a una pura politica keynesiana. Lo stesso ha fatto la Cina. Lo stesso deve fare l'Europa».
Domenica, 29 Giugno 2014
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