Expo 2015, le tre linee di M5s: "Si faccia", "Si sospenda", "Si cambi il progetto". Poi arriva Grillo: "È da fermare"
Pubblicato: 13/05/2014 14:51 CEST | Aggiornato: 13/05/2014 14:52 CEST
"L'unica cosa da fare è fermare l'Expo". Dopo tre giorni di tentennamenti è Beppe Grillo a dettare la linea del Movimento 5 stelle sull'Esposizione universale: "Per la par condicio bisognerebbe arrestare qualche cittadino onesto, meglio se iscritto al M5S. In Parlamento da decenni si parla di legge anticorruzione e sul conflitto di interessi. Se ne parla e basta, se no come si potrebbe continuare a rubare? La prossima autorità anticorruzione dovrebbe occuparsi a tempo pieno dei partiti a iniziare dal Pd".
Una parola definitiva, dopo che negli scorsi giorni le truppe stellate avevano marciato in ordine sparso. Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera, sabato era andato a L'Arena e aveva spiegato: "Noi l'Expo lo dobbiamo salvare per dare un segnale di credibilità internazionale". Un Expo fondato "su un progetto alternativo", delocalizzato, ma pur sempre un Expo.
Qualche ora prima Alessandro Di Battista, un altro degli uomini di punta del M5s, a In mezz'ora aveva fornito la tesi opposta: "L'Expo non si deve fare perché è in mano al crimine organizzato, alla ngrangheta e alla corruzione".
Un cortocircuito? Quasi. La svolta giudiziaria nell'avvicinamento all'Esposizione universale dell'anno prossimo costituisce un tesoretto di voti per le imminenti elezioni europee. Un sondaggio Ixè della scorsa settimana offriva una cifra indicativa: 18%. Tanti sarebbero gli elettori che cambieranno intenzione di voto proprio a seguito delle indagini che hanno coinvolto Gianstefano Frigerio, Primo Greganti, Angelo Paris e gli altri quattro membri de 'la squadra' che avrebbe pilotato gli appalti in cambio di denaro.
I presunti referenti politici della cupola servono su un piatto d'argento alle truppe stellate un ottimo argomento per attaccare Pd e Forza Italia, per marcare una diversità antropologica ancor prima che politica. Così Di Maio aveva chiesto le dimissioni del commissario straordinario "nominato da Enrico Letta", Giuseppe Sala,Di Battista, così come Luigi Gaetti, vicepresidente grillino della Commissione antimafia, quelle del ministro per le Infrastrutture, Maurizio Lupi.
Una confusione iniziale che già ieri Beppe Grillo aveva parzialmente sciolto: l'Expo non s'ha da fare. "Una grande abbuffata, che va fermata subito", spiegava il leader stellato. Se per chiudere l'intera baracca e "risparmiare 5 miliardi di euro", o per fare posto a "un progetto più diffuso e sostenibile" - come sosteneva Laura Castelli già il 15 marzo scorso - fino a oggi non era chiaro.
È sempre stato chiarissimo il fatto che per Grillo e per i suoi l'affare Expo potrebbe costituire il grimaldello per un ulteriore incremento del già cospicuo pacchetto di voti in arrivo il prossimo 25 maggio. Lo era due mesi fa, quando l'ex comico volle calcare la terra dei cantieri, simbolo del governo del fare di Matteo Renzi, lo è ancora di più oggi: "L'Expo è un furto aggravato e continuato, il 90% degli appalti e dei subappalti è già stato assegnato", tuona Grillo.
La versione autentica del leader M5s aveva prodotto già i primi effetti. A distanza di due giorni, ospite a Unomattina, Di Maio aveva corretto il tiro: "Per noi si deve fermare tutto, per dare un segnale di credibilità internazionale".
Di confusione sotto il cielo stellato ce n'è. Ma è anche profonda la convinzione che l'Expo sia una cartina tornasole per puntare il dito contro il malcostume di cui si fanno latori i principali competitor politici. Così Grillo ha attaccato dalle colonne del blog Giancarlo Quagliotti, sodale di Greganti all'epoca di Mani pulite, e i suoi senatori chiedono che il Senato calendarizzi con urgenza la nuova legge anticorruzione. Oggi a Milano la versione definitiva da parte del leader. Impegnato a non lasciare ossigeno a Renzi per quella che si va configurando come una partita strategica per il futuro (elettorale e non) del paese.
Le parole di Di Maio a L'Arena