Sì "palese": la Camera dà l'ok all'arresto di Genovese
La Camera ha dato il proprio ok all'arresto del deputato Pd, Francantonio Genovese. Il Pd ha scelto il voto palese per sfidare Grillo. Il democratico è accusato di peculato, truffa e associazione a delinquere
Redazione15 Maggio 2014
ROMA - Colpito e "arrestato". Francantonio Genovese, il deputato Pd accusato di associazione a delinquere, riciclaggio, peculato e truffa dalla procura di Messina, potrebbe finire presto i suoi giorni da uomo libero. La Camera con 371 sì (solo 39 i contrari) ha infatti dato il proprio ok all'autorizzazione per l'arrestato del deputato messinese del Pd.
Decisiva l'improvvisa accelerazione dello stesso partito democratico che in mattinata - spiazzando tutti - aveva annunciato di voler procedere in giornata con il voto palese. "Su Genovese voteremo a favore dell’arresto come abbiamo fatto in giunta e chiederemo il voto palese, ma qui qualcuno ha bisogno di agitare uno scalpo. Noi questo non lo permetteremo" aveva annunciato il capogruppo del Pd Roberto Speranza. "Qualcuno - aveva ribadito - ha bisogno di agitare uno scalpo in campagna elettorale.Qualcuno vuole un trofeo da esibire. Noi questo non lo permetteremo. La legalità e la giustizia sono tutta un’altra cosa. Voteremo sull’autorizzazione all’arresto dopo i decreti".
Il "qualcuno" delle parole di Speranza, evidentemente, è Beppe Grillo e il suo Movimento cinque stelle. Ieri, quando il voto era slittato, era stato proprio il leader dei grillini a chiedere che si facesse presto per evitare che Genovesse scappasse a Beirut, in riferimento a quanto fatto ad esempio da Dell'Utri.
Il deputato Pd, però, non è sembrato mai intenzionato a fuggire. Anzi. "Sto andando in aeroporto a fare un biglietto per il Libano" aveva detto, scherzando, prima del voto all'Huffington Post. Poi, suoi colleghi di partito avevano chiarito che Genovese ha atteso la decisione dell'Aula a Messina, tenendosi pronto per consegnarsi agli inquirenti.
Pesanti le accuse alle quali Francantonio Genovese dovrà rispondere. Il suo nome era finito, nel luglio scorso, in un'inchiesta della procura di Messina su finti progetti formativi organizzati in realtà solo per ottenere rimborsi dalla Regione. "Genovese - aveva spiegato il comandante della Guardia di finanza della città siciliana, Vincenzo Vellucci - è il soggetto che sta al centro di una fitta trama di società e di clienti. L'unico scopo - dei corsi di formazione - era quello di drenare denaro pubblico. I corsi erano organizzati attraverso i contributi della Regione Sicilia e i fondi europei. Venivano emesse fatture false o rifatte, attraverso società schermo tra Regione ed enti che erogavano formazione cui venivano chiesti servizi. I prezzi ai quali venivano noleggiati attrezzature informatiche e affittati locali erano decisamente superiori a quelli di mercato. La differenza - aveva chiarito Vellucci - permetteva di lucrare".
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