Università, crolla il numero dei laureati
I dati del Cineca: in un anno 18mila triennali in meno (il 10 per cento) e circa 34mila complessivi (l'11,5 per cento). Calo vistoso tra le donne. L'Italia perde continuamente terreno rispetto agli altri Paesi europei, superata ormai da Romania, Repubblica Ceca, Slovacchia e Portogallo
Crolla il numero dei laureati in Italia. Il risultato, sebbene provvisorio, è piuttosto preoccupante per un Paese alle prese con la crisi economica più grave del dopoguerra, per una nazione che avrebbe bisogno proprio dei laureati per risollevarsi. Almeno è quello che pensano le cancellerie europee che chiedono agli Stati membri di incrementare la quota di cittadini in possesso della laurea. A fornire il dato di coloro che nel 2012/2013 sono riusciti a conquistare il fatidico "pezzo di carta" - triennale, a ciclo unico o magistrale - è l'anagrafe degli studenti tenuta dal Cineca, il consorzio di università italiane che tiene la contabilità degli studenti. E basta confrontare il dato appena pubblicato con quello dell'anno precedente per quantificare l'entità della debacle. Il bilancio vede quasi 18mila laureati triennali in meno - il 10 per cento - e circa 34mila laureati complessivi in meno, l'11,5 per cento in appena 12 mesi.
L'area più colpita è quella sanitaria, medicina compresa, che accusa un calo del 16 per cento sulle lauree brevi e del 13 per cento sul totale. L'area che risente in misura minore della flessione è quella scientifica: meno 8 per cento. E anche in questo caso c'è una grande differenza di genere: quasi 12mila laureati triennali in meno sui 18mila totali sono donne.
Il nostro Paese, in questo modo, rischia di perdere terreno rispetto ai partner europei per quota di 30/34enni laureati, obiettivo della cosiddetta strategia Europa 2020. Che mira a trasformare quella europea nella "economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale". Già oggi, con il 22,4 per cento di giovani laureati, il Belpaese è in coda alla classifica delle 28 nazioni dell'Unione europea. Ma quello che salta all'occhio è che il distacco con la media del Vecchio continente è al suo massimo storico dal 2002, quando ci separavano 10,4 punti. Nel 2013 il divario è salito a 14,4 punti, segno che l'Italia cammina mentre le altre nazioni corrono.
In Francia, a titolo di esempio, la percentuale di 30/34enni in possesso della laurea è del 44 per cento, oltre 20 punti in più rispetto a noi. In Germania siamo al 33,1 per cento, oltre un punto in più rispetto all'anno precedente. L'Italia procede a rilento: appena 0,7 punti in più in un anno. Mentre il Regno Unito viaggia sull'invidiabile quota del 47,1 per cento. E in futuro, visto il crollo degli immatricolati degli ultimi anni, il solco con gli altri Stati europei potrebbe diventare addirittura incolmabile. Gli studenti, ormai da tempo, chiedono di cancellare il numero chiuso in ingresso e di mettere in cantiere interventi concreti sul diritto allo studio. Ma nel nostro Paese anche le riforme vanno a rilento e in un decennio, per numero di laureati, siamo stati superati da Romania, Malta, Repubblica Ceca, Slovacchia e Portogallo. Che prima riuscivamo a sopravanzare.
L'area più colpita è quella sanitaria, medicina compresa, che accusa un calo del 16 per cento sulle lauree brevi e del 13 per cento sul totale. L'area che risente in misura minore della flessione è quella scientifica: meno 8 per cento. E anche in questo caso c'è una grande differenza di genere: quasi 12mila laureati triennali in meno sui 18mila totali sono donne.
Il nostro Paese, in questo modo, rischia di perdere terreno rispetto ai partner europei per quota di 30/34enni laureati, obiettivo della cosiddetta strategia Europa 2020. Che mira a trasformare quella europea nella "economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale". Già oggi, con il 22,4 per cento di giovani laureati, il Belpaese è in coda alla classifica delle 28 nazioni dell'Unione europea. Ma quello che salta all'occhio è che il distacco con la media del Vecchio continente è al suo massimo storico dal 2002, quando ci separavano 10,4 punti. Nel 2013 il divario è salito a 14,4 punti, segno che l'Italia cammina mentre le altre nazioni corrono.
In Francia, a titolo di esempio, la percentuale di 30/34enni in possesso della laurea è del 44 per cento, oltre 20 punti in più rispetto a noi. In Germania siamo al 33,1 per cento, oltre un punto in più rispetto all'anno precedente. L'Italia procede a rilento: appena 0,7 punti in più in un anno. Mentre il Regno Unito viaggia sull'invidiabile quota del 47,1 per cento. E in futuro, visto il crollo degli immatricolati degli ultimi anni, il solco con gli altri Stati europei potrebbe diventare addirittura incolmabile. Gli studenti, ormai da tempo, chiedono di cancellare il numero chiuso in ingresso e di mettere in cantiere interventi concreti sul diritto allo studio. Ma nel nostro Paese anche le riforme vanno a rilento e in un decennio, per numero di laureati, siamo stati superati da Romania, Malta, Repubblica Ceca, Slovacchia e Portogallo. Che prima riuscivamo a sopravanzare.
Nessun commento:
Posta un commento