Quando Beppe Grillo governerà
Scritto da Emilio Fabio Torsello il 1 aprile 2014 in Editoriale
E se Beppe Grillo con i suoi andassero al governo, se avessero la maggioranza sia alla Camera che al Senato (sempre che non venga cancellato prima) come cambierebbe la politica? La storia non si fa con i se ma alcune cose è possibile ipotizzarle con sufficiente certezza.
Partiamo dalla maggioranza. Di certo un governo a guida 5 Stelle non patirebbe le sofferenze che abbiamo imparato a conoscere nel Partito democratico, con correnti e fazioni contrapposte capaci di pugnalare alle spalle l’Esecutivo o di indebolirlo in modo esiziale. Nulla di tutto questo sarebbe possibile tra i Cinque Stelle, almeno stando al regolamento europeo stilato da Beppe Grillo per le Europee che prevede una multa da 250mila euro per chi dissente o non rispetta le linee dettate dal MoVimento. Il comico, inoltre, da semplice “portavoce” (come si è definito fino a poco tempo fa) adesso è il “capo politico” del MoVimento (evoluzione naturale dal momento che il “capo politico” è proprietario del simbolo del M5S davanti a un notaio e può vietarne l’uso a suo piacimento, tramite raccomandata a ricevuta di ritorno).
In un governo a Cinque Stelle, quindi, ci sarebbe poco o punto spazio per il dissenso rispetto alle linee dettate “dal web” (certificato da chi?), dal capo politico o dal movimento. Come dire: l’instabilità vista con Prodi sarebbe solo un amaro ricordo. O forse un rimpianto. L’alternativa al dissenso aperto sarebbero infatti le dimissioni dei parlamentari, l’espulsione e – in caso venisse accertata una qualche violazione del regolamento – probabilmente anche la multa: in Europa funzionerà così.
Veniamo al sistema politico che si instaurerebbe subito dopo la vittoria elettorale dei Cinque Stelle. Come si attuerebbe il “tutti a casa” tanto sbandierato dai grillini? “Vogliamo il cento per cento del Parlamento, non il 20 o il 25% o il 30%. Quando il MoVimento otterrà il 100% e i cittadini saranno diventati lo Stato, il MoVimento non avrà più bisogno di esistere. L’obiettivo è scioglierci”. Ma in una dimensione in cui gli onorevoli pentastellati insistono in ogni sede per farsi chiamare “cittadini”, attribuendo quindi all’appartenenza al MoVimento la quasi scontata giustificazione della vera cittadinanza (quasi che gli elettori che votano altri partiti siano in qualche modo ‘cittadini compromessi’ con il potere marcio della partitocrazia), come deve intendersi allora una dichiarazione come quella che ipotizza il 100% del Parlamento?
E il 100% del Parlamento in mano a un solo partito di “cittadini” guidato dall’ex portavoce autonominatosi “capo politico” Beppe Grillo, con i parlamentari probabilmente eletti sotto la spada di Damocle di una multa, cosa sarebbe? La risposta è semplice: un regime. Lo scenario per molti aspetti distopico e totalitario sarebbe simile a quello ipotizzato dal rivoluzionario russo Michail Tomskij quando in uno dei suoi slogan diceva: “un partito al potere e tutti gli altri in prigione”.
Gianroberto Casaleggio, in un’intervista dello scorso anno, dà una lettura ben diversa di questo fantomatico 100% e dice che si tratta invece di “democrazia diretta”, con i parlamentari costretti al vincolo di mandato (in barba all’articolo 67 di quella stessa Costituzione per cui i grillini salirono sul tetto del Parlamento). Verrebbe da chiedersi cosa accadrebbe nel caso in cui i cittadini non rispettassero le volontà di un MoVimento ormai divenuto – secondo le intenzioni di Grillo – egemone. In un altro passaggio dell’intervista, Casaleggio spiega: “”Va considerato che il concetto di leadership è estraneo alla democrazia diretta. I movimenti di democrazia diretta rifiutano il concetto di leader”. E Grillo allora? Cos’è un “capo politico” o il proprietario di un simbolo depositato dal notaio, se non un leader? Il concetto espresso da Casaleggio cozza con la realtà del MoVimento 5 Stelle.
Ma c’è di più. Cosa ne sarebbe della libertà di stampa? Grillo e i suoi come “riformerebbero” i giornali che a suo dire non raccontano al verità (salvo quando – ovviamente – scrivono a favore del MoVimento 5 Stelle, mai una critica contro chi elogia, magari in modo esagerato, i grillini)? Beppe Grillo, giova ricordarlo, è lo stesso che ha esultato alla notizia che una settantina di giornali italiani rischiavano la chiusura. Il tam tam mediatico riguarda sempre le cosiddette notizie taciute o il finanziamento pubblico ai giornali, per non parlare di quanti criticano il MoVimento: il giornalista autore del pezzo viene additato come “Giornalista del Giorno”, vere e proprie liste di proscrizione – dal sapore medioevale – con i cronisti piazzati sulla pubblica piazza con tanto di fotografia. Mancano solo i pomodori e i dadi al collo. Che una riforma del finanziamento pubblico sia necessaria è quantomai vero, ma le cose non stanno come le racconta il comico genovese ai suoi dal blog del MoVimento. E già in tempi non sospetti chiarimmo la questione in un articolo molto dettagliato. Togliendo il finanziamento pubblico, oltretutto, resterebbero in piedi solo i grandi gruppi editoriali, con buona pace del pluralismo dell’informazione.
La domanda però resta: che fine farebbero i giornali (e giornalisti) in un ipotetico governo pentastellato? Davvero ci si limiterebbe solo a togliere il finanziamento pubblico a quei giornali che ancora lo percepiscono? E se i giornali a quel punto iniziassero a fare inchieste sul MoVimento 5 Stelle, cosa accadrebbe? Quale retorica scatterebbe contro di loro e quali provvedimenti verrebbero presi? Se già adesso siamo al “Giornalista del giorno” o alle esclamazioni di gioia per i giornali che chiudono, c’è solo da tremare.
Un’ultima domanda riguarda la gestione del partito. Ai suoi, Grillo concede ad oggi uno spazio di decisione limitato: l’impeachment (anche se è scorretto chiamarlo così) contro Napolitano non l’ha deciso la base con uno i fantomatici referendum online ma è stata una decisione calata dall’alto. Così come il non voler fare alleanze con nessun partito nel post elezioni o – per converso – l’ipotesi di stringerne alcune all’indomani delle Europee: la linea la detta Grillo. E in un ipotetico governo pentastellato, chi avrebbe in mano il timone della nave? Ognuno vale uno ma qui pare che due valgano per tutti.
Da un Parlamento inquadrato e ordinato o, peggio, “dissolto”, passando per un pluralismo difficilmente concepito oggi dai grillini al di fuori del blog del comico, come sarebbe un governo “a Cinque Stelle”? Il “modello” di “obbedienza” stilato per le Europee non lascia ben sperare.
Twitter@emilioftorsello
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