mercoledì 7 settembre 2016

Questo è luigino Fidel Castro mentre Di battista il Che va in giro in tutte località di mare a fare comizi per il no. Cioè per lasciare il posto in Senato ad almeno 100 senatori incapaci come lui.

Urla nel processo a Luigino “Basta ragazzini montati” E lui fugge dall’intervista in tv 
TOMMASO CIRIACO
ROMA.
Lo processano in una stanzetta umida e un po’ claustrofobica del gruppo di Montecitorio. «Luigi – si infuria davanti agli altri big Carla Ruocco - ma ti rendi conto che ti stai comportando come la Raggi? Anzi, no, come una Raggi al quadrato!». Frana l’impero di Di Maio, sotto i colpi dell’ala rosa del Movimento. Dodici ore infinite, un massacro. «Nessuno può incolparci di nulla – si sgola, così raccontano, Paola Taverna - non ti azzardare a dare la colpa a noi, Luigino! Non è più tempo di ragazzini che si sono montati la testa». Colpevole di reticenza, sentenziano a nome di Beppe Grillo. E lui, la speranza grillina per Palazzo Chigi, rotola rovinosamente. Non basta la clamorosa fuga dal programma tv Politics in prima serata, né il silenzio nel quale si inabissa trattenendo il fiato fino a sera. Fugge, ma non è mai stato così solo. Fino all’inevitabile tregua serale con il direttorio, che ha comunque il sapore della resa: «Pensate forse che senza di me cambierebbe qualcosa? - domanda amaro - Perderebbe solo il Movimento». Il reggente abbonato al completo blu ha il volto scavato. Pallido, nonostante l’abbronzatura. Gli occhi umidi a un millimetro dalle lacrime, forse oltre. Alle nove e trenta abbandona il suo studio, al primo livello della Camera. Due piani più in alto lo attende la resa dei conti. Si avvicendano in molti, nel tribunale a cinquestelle. Taverna e Ruocco, ma anche Stefano Vignaroli. E ancora Roberto Fico, Andrea Cecconi e Giulia Grillo. «Eri stato avvertito – gli ripetono fino allo sfinimento - come hai fatto a tacere se sei il responsabile degli enti locali?». È un attimo di estrema solitudine. «E poi che fai, ti metti a giocare su due tavoli con noi?». Fino a poche ore prima, in effetti, il volto istituzionale del grillismo aveva preferito il catenaccio: «Della richiesta di accesso agli atti non sapevo nulla, aspettavamo di leggere le carte». Con il direttorio, riferiscono, agita addirittura il sospetto di una manovra ai danni del Campidoglio. Di certo dice: «Non capisco perché Virginia insista così tanto su Marra».
Tutto cambia per una mail, quella che informa il reggente del pasticcio Muraro. Una comunicazione in mano a tre o quattro big del Movimento. Da quel momento Di Maio diventa temporaneamente afono. Fatica a ricostruire, ammette una sfilza di errori. Serve comunque una soluzione, per questo dal summit si tenta di uscire scaricando la colpa su un equivoco. Quale? Il vicepresidente della Camera avrebbe interpretato la mail del mini direttorio romano centrata sulla notizia del fascicolo su Muraro come frutto dell’esposto del numero uno di Ama Daniele Fortini, rimbalzato sulla stampa il 2 agosto. Nessuna novità e nulla di cui informare il board nazionale, dunque.
Nonostante la toppa, resta nell’aria polvere di battaglia. Alessandro Di Battista fa rientro nella Capitale in fretta e furia: «Ci sono problemi a Roma», scrive, cancellando una tappa del suo tour anti riforma. Esultano i nemici di Raggi come Roberta Lombardi. E si fa sentire anche un senatore di peso come Nicola Morra. «Che cos’è il Movimento domanda - se non partecipazione, condivisione, trasparenza? Per Roma qualcuno se l’è forse dimenticato. Si vince quando si è squadra, non se si è individualisti ». Non c’è spazio per l’indulgenza, non stavolta. «È una grande opportunità - esulta spietata la senatrice Elisa Bulgarelli - non per sostituire cerchi e cerchietti magici, ma per rimettere al centro l’intelligenza».

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