mercoledì 7 settembre 2016

Michele Santoro torna in tv e parla anche della vicenda Muraro: "Chi sta intorno alla Raggi è di destra"

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SANTORO

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Riguardo al nome del programma in 6 puntate che condurrà in autunno su Rai 2, Michele Santoro riesce a tenere il massimo riserbo senza lasciarsi sfuggire una parola, ma è invece un fiume in piena per quanto riguarda le vicende politiche degli ultimi mesi: vicenda Raggi e nomine Rai in primis. Pronto a fare i bagagli per Venezia, dove verrà presentato in anteprima il suo documentario Robinù, il navigato conduttore di talk show ha però trovato il tempo di rilasciare infuocate dichiarazioni a Repubblica, in cui non risparmia niente e nessuno.
Cosa pensa di quello che sta accadendo a Roma?
"A Roma la campagna non l’ha fatta la Raggi, l’ha fatta la magistratura con Mafia capitale. Quanto ai problemi della sindaca, mi pare tutto chiaro. Il suo stesso movimento la considerava debole e le ha costruito una cortina di protezione. Solo che non ha retto".
Per Santoro, del resto, il sindaco capitolino ha un appeal ben diverso da quello della collega torinese, che inoltre gode di un forte consenso popolare.
"Si chieda perché a Torino Appendino non ha i suoi disastri. Ha vinto sulla base di una spinta popolare fortissima e ora siamo davanti a un caso di leninismo: una cuoca al governo. Raggi è stata un caso internazionale. La Amanpour della Cnn è venuta a intervistarla. Bisognerebbe chiederle con che impressione se ne è andata. Io lo so, taccio per carità di patria. Poi diciamola: tutto quello che sta intorno alla Raggi è di destra".
Il giornalista, comunque, non si pente di aver dato spazio al Movimento 5 Stelle nei suoi talk, come da più parti gli viene rivendicato.
"Io rivendico di aver dato spazio a un movimento che è diventato un grande protagonista della scena nazionale. Non significa che io condivida la loro tecnica di formazione della linea politica. Se i movimenti si limitano a registrare l’umore della Rete, la politica è finita".
Tra l'altro, tra Grillo e Santoro in passato c'è stato un filo diretto, di stima reciproca, come conferma il conduttore stesso.
"Buoni politici fanno buone leggi e cattivi politici fanno cattive leggi. Io nella politica ho sempre creduto. Tanto che quando Grillo, non ancora in politica, mi chiamava per dirmi “tu hai una forza politica immensa nelle mani”, io gli dicevo “non è la tv che deve cambiare il sistema”. Grillo ha messo in pratica quello che consigliava di fare a me".
Ma sono tanti i "personaggi" politici creati da Santoro, che difatti ne va fiero.
Lei ha creato anche De Magistris e Ciancimino icona anti- mafia. Orgoglioso anche di questo?
"De Magistris era una bellissima storia, andava raccontata. Ciancimino icona non lo abbiamo creato noi, succede a chiunque va in tv. Se vuoi capire qualcosa di mafia, con chi vuoi parlare? Prenda il caso Vespa, l’intervista al figlio di Riina l’avrei fatta anch’io. Non è colpa di Riina junior se non è venuta come l’intervista di Biagi al boss Luciano Liggio".
Santoro però ha voglia di parlare anche del referendum previsto per il prossimo autunno, che potrebbe decidere le sorti del Governo.
"Ai 5stelle dico: non basta fare le pulci a Renzi e dire sempre no. Per esempio, se vincete il referendum cosa fate? Ditecelo ora. Perché se volete lasciare il pallino a D’Alema e al governo Padoan, non servite a niente. Per paradossale che sia, possiamo sperare solo che Renzi e i 5stelle ce le facciano. Tutto il resto è restaurazione".
Infine, il conduttore se la sente di dire la sua anche sulla vicenda molto dibattuta delle nomine Rai, che a suo avviso poteva essere trattata diversamente ma che è ben lontana dall'oscurantismo berlusconiano.
"Se parla del Tg3, penso che dopo sette anni ci stia un passaggio di mano, ma una maggiore attenzione ai tempi e ai modi non avrebbe guastato. Parlare però di editti alla Berlusconi non ha senso. Berlusconi controllava un monopolio, oggi il rischio non c’è. Piuttosto, vedo nel renzismo televisivo un desiderio di ordine, anche in senso buono, di enfasi sui buoni e le belle notizie, ma il servizio pubblico non è pedagogia".

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