Quegli 800 corpi dimenticati in fondo al mare
Ottocento corpi, forse di più, ottocento morti di uno dei peggiori naufragi della storia che resteranno in fondo al Mediterraneo: recuperarli costa troppo. Nonostante le promesse di dare degna sepoltura alle vittime della strage del 19 aprile scorso, quindi, nessuno si occuperà di loro. “Faremo di tutto per recuperare il relitto ma anche per recuperare le salme di quelle persone che sono morte inseguendo la libertà”, aveva detto il premier Matteo Renzi, circostanza smentita dal procuratore di Catania, Giovanni Salvi, che ha invece fatto sapere: “resteranno in fondo al Mediterraneo. Quei corpi non servono alle indagini”.
Viene da chiedersi come ci si sarebbe comportati se nel relitto ci fossero stati i cadaveri di 800 italiani o francesi o dei cittadini di un qualsiasi altro Paese occidentale. Di certo non sarebbero stati lasciati in balia degli abissi e dei pesci. A sottolineare l’assurdità di tanta indifferenza, il presidente del Centro Astalli, padre Camillo Ripamonti: “Per l’ennesima volta – ha spiegato – principi basilari di civiltà e umanità sembrano passare in secondo piano davanti a presunte motivazioni economiche. Non c’è fine all’orrore. Quei corpi in fondo al mare hanno diritto a una degna sepoltura”.
Ripamonti torna poi sulla “differenza” che spesso si fa nel trattare vicende i cui protagonisti sono culturalmente e territorialmente lontani dal nostro Occidente: “Ci sono più di 800 famiglie che non sanno se i loro cari sono vivi o morti, è un dovere recuperare quei corpi e per quanto possibile dare loro un nome. Lo dobbiamo fare, è una questione di civiltà. Chiediamo a coloro che in questo momento devono decidere della sorte di quei morti di provare a mettersi nei panni dei congiunti che aspettano di sapere.Proviamo a pensare se in fondo al mare ci fossero i nostri figli o i nostro fratelli”.
E invece nulla ancora si muove. Le stragi passano, i morti si dimenticano. E il Mediterraneo si conferma come una enorme, orribile, fossa comune.
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