EMERGENZA
Migranti, la Libia: «Distruggere barche è inutile»
Pescatori o scafisti: impossibile distinguerli. Serve un piano regionale arabo. Krer, tecnico della città di Sabratha: «Azione militare in Libia, che errore».
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23 Maggio 2015
Sull'attenti per un'azione militare nel Mediterraneo, ma niente i migranti in casa.
Gran Bretagna e Francia sono le teste d'ariete dell'Italia, capofila della missione europea contro i trafficanti di migranti, per ottenere il via libera del Consiglio di sicurezza all'Onu.
Londra addirittura sta aiutando Roma a scrivere la risoluzione, che chiede il ricorso al Capitolo VII della Carta delle Nazioni unite, cioè all'uso della forza.
LA LIBIA DICE NO. Come contro Muammar Gheddafi nel 2011, la Nato è «pronta ad aiutare, in caso di richiesta», per sventare il rischio che sui barconi possano essere infiltrati terroristi islamici.
La Libia, dove più si concentrano i traffici di passeur e scafisti, è il bersaglio dell'operazione, ma non è chiaro se, con un sì dell'Onu, servirà anche il via libera delle autorità libiche.
La missione sul tavolo ha molte forzature. Gli Stati dell'Ue si pongono pronti a partire, pianificando l'intervento prima che la risoluzione internazionale sia approvata e nonostante il no di entrambi i governi libici.
POSSIBILE VETO RUSSO. Un possibile veto della Russia contraria ai raid (i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza all'Onu sono Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina) ha spinto l'Alto rappresentante della Politica estera Ue Federica Mogherini a mitigare i toni.
«Bombardare i barconi» è diventato «distruggere il modello di business degli scafisti». I raid mirati con droni una missione navale, con possibili blitz a terraanti-scafisti.
Gran Bretagna e Francia sono le teste d'ariete dell'Italia, capofila della missione europea contro i trafficanti di migranti, per ottenere il via libera del Consiglio di sicurezza all'Onu.
Londra addirittura sta aiutando Roma a scrivere la risoluzione, che chiede il ricorso al Capitolo VII della Carta delle Nazioni unite, cioè all'uso della forza.
LA LIBIA DICE NO. Come contro Muammar Gheddafi nel 2011, la Nato è «pronta ad aiutare, in caso di richiesta», per sventare il rischio che sui barconi possano essere infiltrati terroristi islamici.
La Libia, dove più si concentrano i traffici di passeur e scafisti, è il bersaglio dell'operazione, ma non è chiaro se, con un sì dell'Onu, servirà anche il via libera delle autorità libiche.
La missione sul tavolo ha molte forzature. Gli Stati dell'Ue si pongono pronti a partire, pianificando l'intervento prima che la risoluzione internazionale sia approvata e nonostante il no di entrambi i governi libici.
POSSIBILE VETO RUSSO. Un possibile veto della Russia contraria ai raid (i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza all'Onu sono Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina) ha spinto l'Alto rappresentante della Politica estera Ue Federica Mogherini a mitigare i toni.
«Bombardare i barconi» è diventato «distruggere il modello di business degli scafisti». I raid mirati con droni una missione navale, con possibili blitz a terraanti-scafisti.
- Migranti africani rinchiusi nel centro di detenzione di Abu Salim, a Tripoli (Getty).
MATTARELLA POTREBBE DIRE NO. Capo supremo delle Forze armate, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella potrebbe inoltre dire no ad azioni unilaterali comandate dall'Italia.
Anche su questo punto, all'ultima riunione dell'Ue Mogherini è stata più cauta: «L'Ue sta cercando partnership con tutte le autorità libiche rilevanti», ha dichiarato.
Si prova a far leva sul governo internazionalmente riconosciuto di Tobruk (contrario al piano navale), dimenticando che la costa libica da dove per adesso partono più barconi è quella occidentale, da Tripoli a Zuara, controllata dagli islamisti al governo di Tripoli, egualmente ostili a incursioni straniere.
INTERVENTO REGIONALE. «Il problema della tratta dei migranti in Nord Africa è molto più esteso di come lo si presenta. Non riguarda solo la Libia: per affrontarlo, da parte nostra, occorrerebbe un intervento regionale congiunto delle forze dei Paesi arabi», spiega a Lettera43.it Abu al Qseem Krer, amministratore del Consiglio municipale di Sabratha, tra i centri costieri della Tripolitania da dove partoni i barconi, di fronte a Lampedusa.
Krer precisa di essere un tecnico («per una presa di posizione politica dovete rivolgervi ad altri interlocutori»).
Ma da tecnico spiega con precisione perché, a suo avviso, fare la guerra barconi è inutile e tornare militarmente in Libia pericoloso.
LIBIA 'HUB' AFRICANO DELL'ISIS. Anche perché, stando al Wall Street Journal, dalla Siria i leader dell'Isis hanno inviato in Libia denaro, combattenti e istruttori militari in un numero crescente, per rafforzare la presenza dello Stato Islamico in territorio libico e ampliarne l'influenza. L'obiettivo sarebbe quello di fare del Paese il proprio hub in Africa.
Anche su questo punto, all'ultima riunione dell'Ue Mogherini è stata più cauta: «L'Ue sta cercando partnership con tutte le autorità libiche rilevanti», ha dichiarato.
Si prova a far leva sul governo internazionalmente riconosciuto di Tobruk (contrario al piano navale), dimenticando che la costa libica da dove per adesso partono più barconi è quella occidentale, da Tripoli a Zuara, controllata dagli islamisti al governo di Tripoli, egualmente ostili a incursioni straniere.
INTERVENTO REGIONALE. «Il problema della tratta dei migranti in Nord Africa è molto più esteso di come lo si presenta. Non riguarda solo la Libia: per affrontarlo, da parte nostra, occorrerebbe un intervento regionale congiunto delle forze dei Paesi arabi», spiega a Lettera43.it Abu al Qseem Krer, amministratore del Consiglio municipale di Sabratha, tra i centri costieri della Tripolitania da dove partoni i barconi, di fronte a Lampedusa.
Krer precisa di essere un tecnico («per una presa di posizione politica dovete rivolgervi ad altri interlocutori»).
Ma da tecnico spiega con precisione perché, a suo avviso, fare la guerra barconi è inutile e tornare militarmente in Libia pericoloso.
LIBIA 'HUB' AFRICANO DELL'ISIS. Anche perché, stando al Wall Street Journal, dalla Siria i leader dell'Isis hanno inviato in Libia denaro, combattenti e istruttori militari in un numero crescente, per rafforzare la presenza dello Stato Islamico in territorio libico e ampliarne l'influenza. L'obiettivo sarebbe quello di fare del Paese il proprio hub in Africa.
- Sabratha, tra i centri costieri della Tripolitania da dove partoni i barconi.
DOMANDA. Serve distruggere i barconi?
RISPOSTA. Finché un'imbarcazione non è carica non è possibile essere certi che serva per la tratta di migranti e non per pescare. Si rischiano di colpire o i pescatori o i migranti, non credo che l'Ue voglia arrivare a tanto.
D. Da dove arrivano queste navi?
R. In genere sono barche usate dai pescatori, navi libiche. Ma non solo.
D. Alcune vengono acquistate all'estero.
R. In Egitto e in Tunisia, per lo più. La tratta dei trafficanti è una questione molto complicata ed estesa, non interessa solo la Libia. Questo è un altro punto sottovalutato. Dall'Egitto e dalla Turchia, per esempio, sono partiti barconi per l'Italia.
D. Le partenze però si concentrano in Libia.
R. Ma barche e scafisti sono l'ultimo anello della catena. Il territorio di Sabratha non è l'unico della tratta di esseri umani. Distruggendo le navi in un punto, i trafficanti si sposteranno in altre zone.
D. Dove per esempio?
R. Anche fuori dalla Libia. Il flusso non si può sradicare alla fine. I migranti arriveranno sempre in Nord Africa e da lì vorranno comunque andare in Europa.
RISPOSTA. Finché un'imbarcazione non è carica non è possibile essere certi che serva per la tratta di migranti e non per pescare. Si rischiano di colpire o i pescatori o i migranti, non credo che l'Ue voglia arrivare a tanto.
D. Da dove arrivano queste navi?
R. In genere sono barche usate dai pescatori, navi libiche. Ma non solo.
D. Alcune vengono acquistate all'estero.
R. In Egitto e in Tunisia, per lo più. La tratta dei trafficanti è una questione molto complicata ed estesa, non interessa solo la Libia. Questo è un altro punto sottovalutato. Dall'Egitto e dalla Turchia, per esempio, sono partiti barconi per l'Italia.
D. Le partenze però si concentrano in Libia.
R. Ma barche e scafisti sono l'ultimo anello della catena. Il territorio di Sabratha non è l'unico della tratta di esseri umani. Distruggendo le navi in un punto, i trafficanti si sposteranno in altre zone.
D. Dove per esempio?
R. Anche fuori dalla Libia. Il flusso non si può sradicare alla fine. I migranti arriveranno sempre in Nord Africa e da lì vorranno comunque andare in Europa.
- I principali punti di partenza dei migranti per l'Italia dalla Libia (Corriere della Sera).
D. Come intervenire alla radice?
R. Come Sudan, Chad, Niger. La Libia dovrebbe essere in grado di bloccare questi ingressi a Sud. Controllare le nostre frontiere meridionali è centrale.
D. Invece le rotte a Ovest si sono riversate in Libia proprio per i vuoti di controllo nel territorio. Dal Mali, l'Algeria respinge i migranti che poi entrano Libia, verso il mare.
R. Al momento non abbiamo una Marina in grado di pattugliare le coste sul Mediterraneo, è un altro problema. Altrimenti, ripristinando un'autorità centrale, il traffico di migranti potrebbe essere contrastato con un'azione militare congiunta dei Paesi arabi della regione, un piano anche in collaborazione con l'Ue.
D. È al vaglio una risoluzione dell'Onu che includa l'uso della forza. La Nato è allertata. All'orizzonte c'è un nuovo intervento militare in Libia?
R. Sarebbe un grave errore, i libici non vogliono ingerenze militari esterne. Abbiamo rapporti molto buoni con diversi Paesi europei. Con l'Italia, ma anche la Germania, la Spagna, la Francia... Le relazioni si deterioranno, aumenteranno i rischi per le compagnie europee nel Paese.
D. Allude ad attentati o a ritorsioni delle milizie?
R. Non è terrorismo. Ma ci sarà comunque più diffidenza, gli investitori incontreranno più contrasti. Sarebbe un danno per tutti.
R. Come Sudan, Chad, Niger. La Libia dovrebbe essere in grado di bloccare questi ingressi a Sud. Controllare le nostre frontiere meridionali è centrale.
D. Invece le rotte a Ovest si sono riversate in Libia proprio per i vuoti di controllo nel territorio. Dal Mali, l'Algeria respinge i migranti che poi entrano Libia, verso il mare.
R. Al momento non abbiamo una Marina in grado di pattugliare le coste sul Mediterraneo, è un altro problema. Altrimenti, ripristinando un'autorità centrale, il traffico di migranti potrebbe essere contrastato con un'azione militare congiunta dei Paesi arabi della regione, un piano anche in collaborazione con l'Ue.
D. È al vaglio una risoluzione dell'Onu che includa l'uso della forza. La Nato è allertata. All'orizzonte c'è un nuovo intervento militare in Libia?
R. Sarebbe un grave errore, i libici non vogliono ingerenze militari esterne. Abbiamo rapporti molto buoni con diversi Paesi europei. Con l'Italia, ma anche la Germania, la Spagna, la Francia... Le relazioni si deterioranno, aumenteranno i rischi per le compagnie europee nel Paese.
D. Allude ad attentati o a ritorsioni delle milizie?
R. Non è terrorismo. Ma ci sarà comunque più diffidenza, gli investitori incontreranno più contrasti. Sarebbe un danno per tutti.
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