lunedì 12 gennaio 2015

Riceviamo e pubblichiamo. Questi sono peggio di Galandra.

Il catfight pubblico su come è stata «scavalcata» l’assemblea dei senatori 5 Stelle

12/01/2015 - di 

Volano parole pesanti tra ex, portavoce nazionale e militanti. Ed emergono "pressioni esterne"

Il catfight pubblico su come è stata «scavalcata» l'assemblea dei senatori 5 Stelle
«È corretto e democratico che Alberto Airola abbia firmato d’imperio (in seguito a più telefonate con Casaleggio) le espulsioni dei due senatori, dopo una votazione – avvenuta il 7 gennaio 2015 – in una riunione dell’assemblea parlamentare dei “senatori” M5S, in cui era stato deciso a maggioranza che Giuseppe Vacciano e Ivana Simeoni sarebbero potuti rimanere all’interno del gruppo parlamentare?». la domanda, pubblica e on line, parte da una storica attivista del Movimento e nel post vengono taggati deputati e senatori del Movimento. Nel giro di poco, venerdì sera, si scatena un flame di commenti dove portavoce nazionali e militanti pentastellati dicono la loro sulla espulsione dei due senatori e del deputato Cristian Iannnuzzi dal Movimento. Amarezza, scontri, e richieste di spiegazioni. Gli attivisti hanno continuato a rispondere per tutto il weekend sotto la discussione virtuale in cui sembra emergere uno strappo tra la base e le ultime decisioni a Roma.
Vacciano, Iannuzzi e Simeoni: i tre parlamentari del Movimento 5 Stelle che  hanno rassegnato le dimissioni dalle Camere (Photocredit: screenshot/Camera.it)
Vacciano, Iannuzzi e Simeoni: i tre parlamentari del Movimento 5 Stelle che hanno rassegnato le dimissioni dalle Camere (Photocredit: screenshot/Camera.it)
UNA VOTAZIONE E QUELLA FIRMA DI TROPPO – Il primo elemento che emerge dal confronto “on line” è che una votazione c’è stata. Prima della decisione del capogruppo. Una votazione in cui hanno votato sì al trasferimento dei colleghi al gruppo Misto solo in quattro: Serra, Mangili, Santangelo e Lezzi. Una votazione che, secondo diversi deputati M5S è stata stravolta. Non tutti però la pensano così. Anzi. Tra i primi a commentare sotto la domanda pubblica è il deputato Manlio Di Stefano, dal suo profilo privato: «Se c’è stato un errore questo è aver fatto una votazione su una cosa di cui si aveva già un precedente. Chi si dimette dal suo incarico non fa più parte del gruppo parlamentare del M5S, non c’era niente da votare». Ma a chiarire meglio la situazione sono i senatori stessi: «C’erano due precedenti – spiega Elena Fattori – Mangili che abbiamo tenuto dentro e dopo il terzo no alle sue dimissioni abbiamo convinto a rientrare e i dimissionari in massa che abbiamo invece espulsi dal gruppo. Quindi la votazione era lecita». A sottolineare la decisione di Airola, “sostenuta” dal gruppo è la collega Elisa Bulgarelli: «Era stato tutto organizzato e Ivana e Giuseppe potevano stare nel gruppo in attesa di tornarsene a casa senza passare dal gruppo misto, nonostante la contrarietà di Casaleggio. Poi siamo stati accusati di non “cacciarli” dal gruppo solo per volerci tenere i soldi (per ogni senatore il senato stanzia un tot di soldi per il gruppo parlamentare). Quindi per non vedere sui giornali il m5s solo per le solite polemiche infinite, in un momento in cui stiamo trattando il reddito di cittadinanza l’elezione del presidente e altre due e tre cosine, Alberto si è assunto questa responsabilità in accordo comunque col gruppo e nonostante la votazione fatta il giorno precedente». Fare i “cattivi” per salvare dalla gogna mediatica “i colleghi”. Una spiegazione che però non convince tutti gli attivisti, ex inclusi come la senatrice Casaletto: «La difesa delle persone per non metterle alla gogna? O in realtà la difesa di un simbolo dall’accusa di tenerseli per i soldi, ma che ormai ha la credibilità di uno straccio?».
RICHIESTE DI VISIONE DEL VERBALE – Questioni di precedenti? Mica tanto. Anche perché, come sottolinea la deputata Eleonora Bechis Iannuzzi è fuori dal Movimento senza alcuna votazione: «Vi rendo noto che l’espulsione dal gruppo di Cristian da noi non è neanche passata dalla nostra assemblea», sottolinea. Ed è proprio sul punto che c’è confusione. Nel flame c’è chi chiede la visione del verbale della riunione a Palazzo Madama e chi si chiede se si stato giusto cedere a “pressioni”.
Dei nuovi “espulsi” dal Movimento interviene Iannuzzi: «Giuseppe Vacciano – ex candidato a Sindaco a Latina per il MoVimento 5 Stelle – è una persona straordinaria. un cittadino umile, rispettoso e coerente ai principi ed ai valori del MoVimento. Non saprei pensare ad uno più del Movimento di lui. e chi lo ha cacciato dal gruppo parlamentare, contravvenendo all’indicazione di un voto assembleare e senza pretendere, come minimo, che su l’espulsione ci fosse la democratica espressione della rete, dovrebbe come minimo vergognarsi». E aggiunge in chiusa: «Chi rimane dentro combatterà per noi». «Fermo restando che chi ha fatto tale accusa secondo me ha sbagliato, ripeto che secondo me ciò che si è voluto tutelare (in modo assolutamente opinabile a mio avviso) è stata l’immagine del movimento e non quella dei senatori. Cedendo inoltre ad un ricatto. Vabbè. Io ora ho le idee chiarissime», commenta un utente. Il problema sono le idee che diversi meet up si stanno facendo lungo lo stivale. Idee che portano a saluti, indebolendo il motore del Movimento: la forza territoriale.
TOSCANA CAMBIA, LA CIOCIARIA SI DIVIDE – Se il gruppo di Latina si era stretto attorno ai suoi portavoce, Gaeta ha ribadito la sua distanza dai nuovi espulsi. E in Toscana i rappresentanti locali se ne vanno via. Miriam Amato – candidata a sindaco nella sfida lanciata a Nardella e al Pd dal M5S – ha ribadito nelle ultime settimane il suo addio. Con lei tanti altri. E ora, nelle terre di Renzi, nasce un nuovo progetto, con dentro l’ex Massimo Artini e i senatori Maurizio Romani e Alessandra Bencini. Si chiamerà Percorso Comune. Un “movimento” senza l’incubo del blog. E di quelle chiamate, mai confermate, che avrebbero dato l’ennesimo via alle espulsioni di Vacciano, Simeoni e Iannuzzi. Scavalcando quell’uno vale uno. Quel principio tanto discusso in quel post. Dove i membri del direttorio, seppur taggati, tacciono.

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