Cofferati, il declino di un ex reuccio della sinistra
Da sindacalista di grandi speranze a fallito della politica. La sconfitta in Liguria certifica il suo declino. Ora si può godere la pensione. Cofferati visto da PernaMore Sharing Services
Dismesse le vesti del sindacalista, Sergio Cofferati (oggi 67enne) ha tentato più volte di darsi una fisionomia come politico.
Ne è emersa invece la figura della mina vagante. Sono ormai 13 anni, da quando nel 2002 lasciò la guida della Cgil, che si candida capricciosamente ai ruoli più disparati rompendo le uova nel paniere a chi ci puntava da prima.
In Liguria, adesso, ha sbattuto il naso. Candidato alle primarie del Pd per la presidenza regionale, è stato battuto in malo modo dalla rivale, Raffaella Paita (4 mila voti di distacco). Cofferati si è risentito e ha disconosciuto il verdetto, parlando di brogli. Ma la sostanza non cambia.
Il Pd ligure si stava tranquillamente preparando a sostituire il governatore, Claudio Burlando, il cui mandato scade in primavera. La Paita era la naturale candidata del partito, avendone tutti i crismi: è seguace del pibe de oro, Renzi; è pupilla del governatore uscente; ha l'appoggio del ministro, Roberta Pinotti, pezzo grosso del renzismo genovese.
CON LA LIGURIA NON C'ENTRA NULLA. Sembrava che il Pd potesse riunirsi sotto questo unico nome, quando Cofferati si è messo di mezzo. Non se lo aspettava nessuno poiché l'ex capo della Cgil era già occupato come europarlamentare e la reazione dei piddini genovesi è stata immediata.
Di lui è stato subito detto che con la Liguria non c'entra nulla. Cofferati è infatti di Cremona e ha vissuto tra Milano, Roma e Bologna, di cui fu sindaco tra il 2004 e il 2009. Ma Sergio ha prontamente replicato: «Mi sono risposato a Genova, ho un bambino nato a Genova, risiedo a Genova. Sono ligure a pieno titolo». Infatti, è così.
UNA SCONFITTA CHE CERTIFICA IL DECLINO. Da qualche anno, Cofferati ha una nuova compagna, Raffaella Rocca, di oltre vent'anni più giovane, che gli ha dato da poco un bambino, Edoardo. La signora è genovese e se l'è trascinato in città. Già quando Cofferati rinunciò a ripresentarsi per la seconda volta come sindaco di Bologna, spiegò la decisione con il desiderio di vivere a Genova accanto alla nuova famiglia.
Non c'è ragione di dubitare sui motivi della sua rinuncia anche se mai i bolognesi lo avrebbero rieletto. Non deve essere stato, infatti, facile per un sessantenne abbandonare per un nuovo amore la prima moglie, Daniela Grazioli, conosciuta nell'adolescenza, e dalla quale aveva avuto un figlio oggi ultraquarantenne. Di qui, un attaccamento particolare per il focolare appena ricostituito.
Dunque, per tornare alle primarie, Cofferati ci si è intrufolato di forza come rappresentante della 'ditta' (Bersani-D'Alema) contro il renzismo ligure. La sconfitta, netta, certifica il suo declino.
Ne è emersa invece la figura della mina vagante. Sono ormai 13 anni, da quando nel 2002 lasciò la guida della Cgil, che si candida capricciosamente ai ruoli più disparati rompendo le uova nel paniere a chi ci puntava da prima.
In Liguria, adesso, ha sbattuto il naso. Candidato alle primarie del Pd per la presidenza regionale, è stato battuto in malo modo dalla rivale, Raffaella Paita (4 mila voti di distacco). Cofferati si è risentito e ha disconosciuto il verdetto, parlando di brogli. Ma la sostanza non cambia.
Il Pd ligure si stava tranquillamente preparando a sostituire il governatore, Claudio Burlando, il cui mandato scade in primavera. La Paita era la naturale candidata del partito, avendone tutti i crismi: è seguace del pibe de oro, Renzi; è pupilla del governatore uscente; ha l'appoggio del ministro, Roberta Pinotti, pezzo grosso del renzismo genovese.
CON LA LIGURIA NON C'ENTRA NULLA. Sembrava che il Pd potesse riunirsi sotto questo unico nome, quando Cofferati si è messo di mezzo. Non se lo aspettava nessuno poiché l'ex capo della Cgil era già occupato come europarlamentare e la reazione dei piddini genovesi è stata immediata.
Di lui è stato subito detto che con la Liguria non c'entra nulla. Cofferati è infatti di Cremona e ha vissuto tra Milano, Roma e Bologna, di cui fu sindaco tra il 2004 e il 2009. Ma Sergio ha prontamente replicato: «Mi sono risposato a Genova, ho un bambino nato a Genova, risiedo a Genova. Sono ligure a pieno titolo». Infatti, è così.
UNA SCONFITTA CHE CERTIFICA IL DECLINO. Da qualche anno, Cofferati ha una nuova compagna, Raffaella Rocca, di oltre vent'anni più giovane, che gli ha dato da poco un bambino, Edoardo. La signora è genovese e se l'è trascinato in città. Già quando Cofferati rinunciò a ripresentarsi per la seconda volta come sindaco di Bologna, spiegò la decisione con il desiderio di vivere a Genova accanto alla nuova famiglia.
Non c'è ragione di dubitare sui motivi della sua rinuncia anche se mai i bolognesi lo avrebbero rieletto. Non deve essere stato, infatti, facile per un sessantenne abbandonare per un nuovo amore la prima moglie, Daniela Grazioli, conosciuta nell'adolescenza, e dalla quale aveva avuto un figlio oggi ultraquarantenne. Di qui, un attaccamento particolare per il focolare appena ricostituito.
Dunque, per tornare alle primarie, Cofferati ci si è intrufolato di forza come rappresentante della 'ditta' (Bersani-D'Alema) contro il renzismo ligure. La sconfitta, netta, certifica il suo declino.
Da beniamino di Pirelli a speranza malriposta della sinistria
Cofferati, perito industriale, esordì nel 1973 come sincalista Cgil alla milanese Bicocca, stabilimento Pirelli per la produzione di gomme. A capo della Flicea locale (sindacato chimici in cui rientrava il settore gomma) propose a Leopoldo Pirelli di sostituire la catena di montaggio con le “isole': piccoli gruppi di operai che seguivano il prodotto dall'inizio alla fine. Pirelli fu entusiasta del suggerimento e Cofferati diventò, per la ragionevolezza, il beniamino degli imprenditori.
IL RAPPORTO DIFFICILE CON BIAGI. Fu eletto segretario generale Cgil nel 1994, succedendo a Bruno Trentin. Durante il suo mandato le Br uccisero a Bologna Marco Biagi (marzo 2002). Era il periodo in cui il governo Berlusconi voleva abolire l'articolo 18 su consiglio di molti giuslavoristi di sinistra, tra cui Biagi.
Cofferati si oppose con durezza al punto che lo stesso Biagi lo considerava un suo persecutore. In una lettera a Pierferdinando Casini (bolognese come lui e allora presidente della Camera), lo studioso scrisse: «Sono molto preoccupato perchè i miei avversari (Cofferati in primo luogo) criminalizzano la mia figura» e lo pregava di prodigarsi per fargli riavere la scorta.
Dopo l'assassinio, il capo della Cgil fu additato come complice morale nel delitto. Cofferati reagì con abbondanti querele e con la forza mediatica della Cgil. Organizzò un mega comizio a Roma (un milione di persone) sull'articolo 18, ordinò un minuto di silenzio in ricordo di Biagi (appena assassinato) e mise a tacere, con la forza dei numeri, i sospetti che lo riguardavano.
Il dubbio che avesse esagerato nei toni al punto da eccitare i tagliagole, rimase sempre. Ma a colpire di più fu la capacità di mobilitazione del 'popolo della sinistra' dimostrata con la manifestazione romana.
SINDACO POCO AMATO DI BOLOGNA. Da quel momento (2002), e per un paio d'anni, Cofferati incarnò le speranze di rivincita della sinistra battuta alle urne dal Cav. Con uno schiocco di dita avrebbe potuto diventare il numero uno dei Ds e del centrosinistra.
Ma, come già era accaduto con Mariotto Segni per il centrodestra nei primi Anni 90, lasciò che il treno passasse senza salirci.
Nel 2004, ebbe un nuovo capriccio: fare il sindaco di Bologna per sostituire Giorgio Guazzaloca, il primo non comunista del Dopoguerra a salire Palazzo D'Accursio. Come i liguri oggi, anche i felsinei considerarono il cremonese Cofferati un cavolo a merenda.
Prevalse però l'aureola che lo circondava e fu eletto. Come primo cittadino mostrò sotto la scorza del capopopolo il nerbo del conservatore incallito. Combatté i graffitari, limitò la vendita di alcolici, emise un'ordinanza contro il piercing nelle zone genitali. Un tizio, riassumendo la filosofia del sindaco, scrisse su un muro: «Cofferati ci vuole tutti a letto presto».
Messa su la nuova famiglia, il Nostro lasciò alla scadenza il municipio di Bologna, per abitare a Genova. Da allora vive della pensione che, dal 2009, è moltiplicata dall'indennità di europarlamentare. La recente sconfitta, tagliandolo fuori da tutto, gli permetterà di godere gli agi senza patemi d'animo.
IL RAPPORTO DIFFICILE CON BIAGI. Fu eletto segretario generale Cgil nel 1994, succedendo a Bruno Trentin. Durante il suo mandato le Br uccisero a Bologna Marco Biagi (marzo 2002). Era il periodo in cui il governo Berlusconi voleva abolire l'articolo 18 su consiglio di molti giuslavoristi di sinistra, tra cui Biagi.
Cofferati si oppose con durezza al punto che lo stesso Biagi lo considerava un suo persecutore. In una lettera a Pierferdinando Casini (bolognese come lui e allora presidente della Camera), lo studioso scrisse: «Sono molto preoccupato perchè i miei avversari (Cofferati in primo luogo) criminalizzano la mia figura» e lo pregava di prodigarsi per fargli riavere la scorta.
Dopo l'assassinio, il capo della Cgil fu additato come complice morale nel delitto. Cofferati reagì con abbondanti querele e con la forza mediatica della Cgil. Organizzò un mega comizio a Roma (un milione di persone) sull'articolo 18, ordinò un minuto di silenzio in ricordo di Biagi (appena assassinato) e mise a tacere, con la forza dei numeri, i sospetti che lo riguardavano.
Il dubbio che avesse esagerato nei toni al punto da eccitare i tagliagole, rimase sempre. Ma a colpire di più fu la capacità di mobilitazione del 'popolo della sinistra' dimostrata con la manifestazione romana.
SINDACO POCO AMATO DI BOLOGNA. Da quel momento (2002), e per un paio d'anni, Cofferati incarnò le speranze di rivincita della sinistra battuta alle urne dal Cav. Con uno schiocco di dita avrebbe potuto diventare il numero uno dei Ds e del centrosinistra.
Ma, come già era accaduto con Mariotto Segni per il centrodestra nei primi Anni 90, lasciò che il treno passasse senza salirci.
Nel 2004, ebbe un nuovo capriccio: fare il sindaco di Bologna per sostituire Giorgio Guazzaloca, il primo non comunista del Dopoguerra a salire Palazzo D'Accursio. Come i liguri oggi, anche i felsinei considerarono il cremonese Cofferati un cavolo a merenda.
Prevalse però l'aureola che lo circondava e fu eletto. Come primo cittadino mostrò sotto la scorza del capopopolo il nerbo del conservatore incallito. Combatté i graffitari, limitò la vendita di alcolici, emise un'ordinanza contro il piercing nelle zone genitali. Un tizio, riassumendo la filosofia del sindaco, scrisse su un muro: «Cofferati ci vuole tutti a letto presto».
Messa su la nuova famiglia, il Nostro lasciò alla scadenza il municipio di Bologna, per abitare a Genova. Da allora vive della pensione che, dal 2009, è moltiplicata dall'indennità di europarlamentare. La recente sconfitta, tagliandolo fuori da tutto, gli permetterà di godere gli agi senza patemi d'animo.
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