sabato 17 gennaio 2015

Queste sono le azioni da fare. Eliminare i delinquenti che predicano la violenza e l'assassinio.

Terrorismo, l'Italia pronta ad espellere una dozzina di imam. Storia di Anas al Italy partito da Brescia per la jihad

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Stavano per attraversare il confine italiano al passo del Frejus due jihadisti belgi scampati alla retata scattata ieri a Verbiers. In Italia, con probabile destinazione al sud, perché se le cellule jihadiste sono nuclei autonomi addestrati e in attesa di entrare in azione, la rete di conoscenze e di supporto logistico a loro disposizione ha solide ramificazioni in tutta Europa. Anche nella nostra penisola. 
Secondo il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, intervistato nella trasmissione "Otto e mezzo", il livello di allarme in Italia da uno a dieci è "sette".
Per restare ai dati certi, basta ricordare come il capo della cellula condannata per terrorismo il 24 settembre scorso in Puglia (tribunale di Andria), l'imam tunisino Hosni Hachemi, ha vissuto e ha solidi contatti in Belgio con la formazione integralista "Sharia4Belgium". A cui fanno riferimento i 13 arrestati e le dodici perquisizioni ordinate giovedì dell'antiterrorismo belga.
Belgio, Francia, Germania mentre dagli Stati Uniti fonti di intelligence avvertono: "Almeno venti cellule addestrate da tempo sono pronte ad entrare in azione in Europa". L'Europa sotto attacco reagisce compatta e fa scattare un po' ovunque operazioni contro la minaccia integralista islamica. 
Il Viminale ribadisce, da giorni, che pur avendo un livello di allarme ALFA1 (non succedeva dall'11 settembre 2001) non risultano alla nostra intelligence né agli investigatori "minacce in fase di progettualità". Ma il Viminale sta valutando la posizione di una dozzina di imam, o presunti tali, per ordinarne l'espulsione dal territorio nazionale "per motivi di sicurezza nazionale". La lista degli espulsi nasce dall'attività info-investigativa che Ros dei Carabinieri e antiterrorismo del Viminale non hanno mai cessato in questi anni in cui la jihad sembrava essere andata in sonno. 
(continua dopo la gallery)
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Proteste musulmane contro Charlie Hebdo
1 di 22 
 
Ansa, Ap, Reuters
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"Si tratta - si spiega - di persone, diciamo pure predicatori, nei cui confronti non ci sono gli estremi per procedere all'arresto o ad altre forme di interdizione e di cui però è dimostrata l'attività di proselitismo in chiave integralista e anti occidentale". Persone che in questi momenti è più salutare mettere fuori dai confini nazionali. L'espulsione per motivi di sicurezza fu introdotta nel 2005 dall'allora ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu.
La lista dei sospetti in Italia si compone di circa "un centinaio di nomi", tra i venti e 35 anni, in maggioranza magrebini, per lo più sono seconde generazioni già inseriti e residenti soprattutto in Lombardia, Emilia Romagna, Liguria, Veneto e Lazio. Tra loro anche una decina di donne. La loro palestra principale è il web dove trovano tutte le istruzioni per addestrarsi e addestrare. Qualcuno di loro è partito per la Siria e prima ancora per l'Iraq. 
Qualcuno è tornato. I lone fighter diventano foreign fighter. La "cellula" integralista ne può diventare il complemento o la conseguenza. I numeri italiani sono diversi, meno preoccupanti, da quelli francesi e belgi: una ventina le persone sotto indagine; 54 i foreign fighters di cui quattro italiani. I profili di questi combattenti sono stati messi a disposizione del Parlamento tramite il Copasir.
Di Fatima, il nome da convertita di Maria Giulia Sergio, 27 anni, sappiamo già molto: adesso dovrebbe essere tra la Turchia e la Siria. Potrebbe essere con lei anche il secondo marito, un albanese la cui famiglia vive ancora tra Siena e Grosseto nel comune di Scansano.
Meno noto è Anas el Abboudi, 22 anni, marocchino di origine, naturalizzato italiano. Anas viveva a Vobarno, in provincia di Brescia, il padre operaio cassaintegrato e la madre casalinga. Frequentava una scuola professionale a Brescia finché non è sparito nel settembre 2013. "Il mio datore di lavoro è il jihad" ha scritto nel suo ultimo post su Facebook prima di chiuderlo ad agosto 2014. Nella foto, Anas imbracciava un kalashnikov. Ora si sa che ha assunto il nome di battaglia Anas al Italy e che è in Siria. Nel 2013 il giovane era stato arrestato per addestramento con finalità di terrorismo. Ma dopo 15 giorni fu rimesso in libertà: il Tribunale del Riesame riconobbe che il giovane aveva posizioni radicali ma non stava però progettando alcun attentato.
Gli uomini della Digos e dell'antiterrorismo che hanno indagato su di lui ritengono sia il fondatore della filiale italiana di 'Sharia4', il movimento ultraradicale islamico messo al bando da diversi paesi europei e fondato in Belgio nel 2010 dal predicatore filo-jihadista Omar Bakri. E torniamo in Belgio, al cartello integralista "Sharia4" contro cui, nei principali paesi europei, si stanno concentrando le operazioni antiterrorismo delle ultime ore.

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