“La più grande operazione di redistribuzione a favore del lavoro degli ultimi 15 anni non poteva certo essere una passeggiata nei campi a cogliere margherite, gli ostacoli erano previsti. Ma alla Camusso che ci critica sul Dl Lavoro dico: sappiamo tutti come finirà, il decreto sarà approvato". Non lascia spazio a colpi di scena il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei. Nonostante gli attacchi della Cgil sulle modifiche che riguardano i contratti a termine, l'antipasto del Job act non rischia nulla in parlamento. Così come non rischia nulla anche il decreto Irpef dopo le velenose critiche da parte del Servizio Bilancio. "Le loro obiezioni sono state già considerate da Renzi e Padoan. Peraltro le trovo anche discutibili. Insomma, come direbbe Renzi: ce ne faremo una ragione. Taddei però preferisce parafrasare Lyndon Johnson: "Noi dobbiamo continuare".

Ma iniziamo dall’Europa, anzi dall’Euro
“Il dibattito non è Euro sì o Euro no”.
Nemmeno Grillo e Berlusconi arrivano a chiedere di uscire dalla moneta unica..
“Ma perché chi dice questo vuole l’Argentina, l’assalto agli sportelli, vuole distruggere i salari reali dei lavoratori e svalutare la ricchezza degli italiani del 30 per cento, altro che aumento della tassazione sulle rendite al 26%. il dibattito in Europa è invece su come avere istituzioni che siano in grado di gestire la crisi in maniera più veloce. E c’è un ​solo ​partito in Italia che è attrezzato per partecipare a questa discussione, ed è il Pd”.
A condizione che il suo leader, e capo del Governo, porti in Europa riforme fatte
“E’ tutto parte dello stesso schema. Se siamo fiscalmente responsabili, non in maniera ragionieristica ma come risultato del cambiamento strutturale nel rapporto tra cittadini lavoratori e fisco, creiamo le precondizioni perché l’euro possa essere gestito in una maniera più orientata alla crescita”.
Le due principali sul piano economico: Pubblica amministrazione e Lavoro. Sul Decreto Poletti avete trovato un compromesso in maggioranza ma per Susanna Camusso quel testo aumenta la precarietà. La Cgil vi attacca, altro che Cgil act come dice Berlusconi..Possibile che il Pd non parli un linguaggio comune con il maggior sindacato del Paese?
“Ma io penso che quel linguaggio ci sia, se guardiamo a tutti gli atti del Governo, alla politica economica nel suo complesso. C’è grande attenzione sul Decreto Poletti perché su quello c’è la massima conflittualità, ma se guardiamo alla cosa più importante varata da questo Governo - il decreto legge fiscale - c’è molto più accordo..insomma se mettiamo insieme il fatto che il Pd ha fatto la più grande redistribuzione a favore del lavoro degli ultimi 15 anni allora le cose cambiano, e non si poteva pensare che fosse una passeggiata, che stessimo a cogliere le margherite. Vogliamo stare a parlare per settimane degli emendamenti al Decreto Poletti per poi dire che con quelle regole non si crea lavoro? Quel Decreto è solo un pezzo della politica economica del Governo, è solo l’inizio della riforma del lavoro, e non ha niente a che fare con Pubblica amministrazione e Fisco. Quindi benissimo le divergenze su questo punto ma insisto, il cuore pulsante del contributo del Pd al Governo e del Governo è ridurre ​la differenza tra tassazione su lavoro e imprese ​rispetto agli altri Paesi, rendere efficiente la Pubblica amministrazione – considerato primo limite agli investimenti dagli investitori interni e stranieri – infine la riforma del mercato del lavoro, che ha come strumento centrale la Delega. Lì l’obiettivo è facilitare la stabilizzazione dei contratti, che non creano lavoro, ma incentivano il buon lavoro, e ammodernare gli ammortizzatori sociali. Domani sarò alle Giornate sul lavoro e al discorso di apertura del congresso Cgil: quando con Camusso parliamo della politica economica nel suo complesso non percepisco alcuna ostilità. Loro dissentono sul prodotto parlamentare, sul decreto, va bene: ma non perdiamo la visione d’insieme, la condivisione profonda su alcuni passaggi fondamentali. Noi dobbiamo essere inchiodati su questo: essere in grado di produrre i risparmi di spesa pubblica che sostanzino in base permanente i tagli alle tasse sul lavoro e sul cambiamento della Publica amministrazione senza subire i veti della parte meno dinamica di quel settore”.
Stefano Fassina parla di passo indietro. Alla Camera il decreto potrebbe cambiare ancora?

“Sono fiducioso. Ci sono legittime obiezioni, benissimo. Ma ci facciamo del male, come sinistra e come Governo, se in un momento come questo, dove c’è un’opportunità straordinaria che deriva dal contesto internazionale e da cose che stanno accadendo nel Paese, ci soffermiamo a discutere se vada bene la sanzione amministrazione per chi supera l 20% di contratti a termine o l’obbligo di assunzione, come se questo fosse centrale.”
Può esserlo in termini numerici per l’approvazione del Decreto in Parlamento

“Non credo sia centrale. Questa è una fase di dibattito, emergono posizioni diverse, poi ci sono le votazioni..”
E la fiducia
“E chi non la votasse si assumerebbe la responsabilità. Ma non penso sia sul tavolo questa ipotesi. Insomma sappiamo tutti come finirà, il Decreto sarà approvato. E questo è molto più importante”.
Decreto Irpef. Ci sono diverse obiezioni del Servizio Bilancio del Senato. Sulle coperture soprattutto. Possibili aggiustamenti in corsa?
“I numeri in finanza pubblica hanno un certo elemento di incertezza, sono basati sul futuro. E’ normale che ci siano servizi che sollevano legittimi dubbi: ma il Governo ha prodotto un decreto non ad un caffè tra il Presidente del Consiglio e il ministro Padoan, ma con il vaglio interno del Mef e della Ragioneria dello Stato, e questa è una garanzia forte. Ho il massimo rispetto per il Servizio Bilancio del Senato, è nella loro legittima autonomia sollevare obiezioni, ma queste sono state preventivamente considerate da chi quel Decreto l’ha scritto e vagliato”.
Qualcuno potrebbe tradurre quelle obiezioni in emendamenti per modificare il testo..
“Mi sembra difficile perché se ogni dubbio creasse un emendamento ne avremo 50 mila al giorno..Ripeto: quelle sono osservazioni fatte nell’ambito della ragionevolezza tecnica. Peraltro anche discutibili a mio avviso”.
Su quali punti?
“Ad esempio, dire che l’aumento della tassazione sulle rendite al 26% produce il rischio di spostamento su investimenti all’estero mi sembra un’obiezione molto debole perché la nostra tassazione sulle rendite finanziarie è comunque al di sotto della media europea. Stiamo accorti quando diciamo queste cose… Poi, lotta all’evasione: gli ambiti di recupero sono giganteschi”.
Sì ma vanno individuati, questa l’obiezione del Senato
“Certo, ma volevate un decreto di mille e duecento facciate che descrivesse esattamente quale tipo di innovazione nel processo di accertamento genererà riscossione? In questo campo molto si fa a livello di organizzazione della macchina più che con provvedimenti”.
E il rischio di gettito sottostimato per la riduzione dell’Irap?
“Con i se e con i ma non si fa la storia. Potrei rispondere: e se per caso avessimo un eccesso di crescita dello 0,1% del Pil? Sono numeri che in finanza pubblica ballano molto. La sottostima è possibile in linea teorica, ma al Servizio Bilancio hanno strumenti in più per dire quanto questo sia concretamente possibile? Non penso. Le obiezioni sono ragionevoli, ma tra il ragionevole e il verosimile c’è una grande differenza”.