Montepaschi, ecco la verità che smonta il comizio di Grillo
Il comico, vittima del suo stesso pathos folkloristico, non si è accorto che la banca di oggi non è la stessa di 15 mesi fa. Oggi la Fondazione è scesa dal 33% al 2,5% nel capitale della banca e sono cambiati i rapporti di forza, Il conflitto latente con il management dell'istituto si sta risolvendo a vantaggio di quest'ultimo
La provocazione da cabaret c’è stata, anche stavolta. Il repertorio, al di là di qualche novità ad effetto come «la peste rossa», è apparso rimaneggiato ma simile a quello del gennaio 2013. Per non dire abusato: con Mussari che non saprebbe fare un bonifico e Profumo che sarebbe un ex casellante (ma l’interessato smentisce). Il contesto però era del tutto diverso e Grillo, vittima del suo stesso pathos folkloristico, non se ne è accorto.
Un’occasione persa per il comico che, scambiata Rocca Salimbeni per il Palalottomatica di Roma o per il Palapartenope di Napoli, ha rinnegato la sua stessa mission di tutelare i piccoli azionisti cadendo in più di una contraddizione. Aveva di fronte la possibilità di scegliere se mettere a nudo i contrasti oggi esistenti in Banca Montepaschi o rifugiarsi nel vecchio cliché della banca controllata dal partito, nella mafia del capitalismo. Ha optato per quest’ultima scelta, preferendo leggere parte della recente archiviazione dell’inchiesta Mussari-Vigni: «Qui c’è scritto che sopra queste banche ci sono i vertici di un certo partito, di cui non fanno il nome, ma è chiaro che è il Pd, che io chiamo la peste rossa».
Ha compiuto così il primo errore e il perchè è presto detto. Mps non è più la stessa di qualche mese fa: in pochi mesi la Fondazione Mps è scesa dal 33% al 2,5% nel capitale della banca. Rispetto solo a dicembre scorso quando, complice la Fondazione azionista, fu bloccata la proposta del duo Profumo-Viola di ricapitalizzare a gennaio per 3 miliardi, la situazione si è capovolta. Oggi gli azionisti sono in grado di dettar legge e la Fondazione, seppure contraria, non ha la forza, o meglio i capitali, per contrastarli, tanto che l’aumento di capitale sarà di 5 e non di 3 miliardi. Accecato dal furore populista, il leader di M5S non ha colto il passaggio che vede la politica ritirarsi. Volente o nolente.
Impegnato a rimestare in un passato già al vaglio dei Pm e oggetto di inchiesta, Grillo non ha colto il conflitto latente tra un management che non solo sembra avere la soluzione in tasca per portare la banca su lidi più sicuri ma anche i capitali per condurla a termine. La partita è tutta da giocare ma rispetto all’aprile di due anni fa quando arrivò Profumo a Mps la situazione è migliore. Non solo sul fronte dell’azionariato, ma anche dei mezzi propri e dei capitali freschi.
Il secondo errore è forse più grave per chi vuole cavalcare temi populisti. E riguarda l’ingresso di azionisti nel capitaletra cui il demonizzato fondo Blackrock salito prima al 5,7% per poi limare la quota al 3,2%. L’interesse del fondo per Mps testimonia come oggi nel mondo ci sia voglia di banche italiane. In sostanza, volendo investire nel patrimonio delle banche europee, quelle italiane sono privilegiate perchè c’è più margine per l’aumento del valore delle azioni. Ecco un tema, non condivisibile, ma comunque populista e demagogo che un Grillo cristallizzato nel passato non ha colto: gli stranieri stanno acquistando Italia. Il che potrebbe essere la fortuna del Belpaese, ma questo è un altro discorso.
Per ritornare a Mps la partita ancora aperta tra Profumo e la fondazione potrebbe risolversi a vantaggio di quest’ultimo dopo l’esito dell’asset quality review, ovvero il check up che la Bce sta svolgendo sui bilanci di 22 banche italiane, tra cui Mps. Se per Mps la ricapitalizzazione non è in discussione, c’è da chiedersi dove vuole arrivare Profumo che dice di guardare al futuro. Lo psicodramma grillino preferisce recriminare sul passato, senza contare che la separazione tra Banca e Fondazione può essere un’occasione per entrambe. Preferisce cristallizzarsi su ieri, piuttosto che guardare al domani. Pensando magari così di prendere più voti, ma tradendo se stesso.
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