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IL PRIMO fu Valentino Tavolazzi, consigliere comunale di Ferrara, colpevole di aver pianificato una convention a Rimini per discutere  dell'organizzazione del Movimento 5 stelle. Era marzo 2012, il M5s era in ascesa e due mesi più tardi avrebbe conquistato il primo feudo importante: l'elezione di Federico Pizzarotti a sindaco di Parma. Già allora il clima all'interno appariva teso e i rapporti tra i due leader, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, con la base "dissidente" mostravano i primi segni di rottura.

Qualche mese più tardi, a dicembre, il caso di espulsione più celebre. Quello di Giovanni Favia, consigliere regionale in Emilia, allontanato dopo il fuorionda a Piazzapulita in cui denunciava problemi di democrazia all'interno dei cinque stelle. Anzi, secondo Favia, di democrazia non ce n'era neanche l'ombra, perché le decisioni spettavano solo al duo Grillo-Casaleggio. Da allora le "epurazioni" si sono moltiplicate un po' in tutta Italia, dal nord al sud, senza esclusioni. Da Michele Onofri in Emilia a Marco Giustini a Roma, daFabrizio Biolè in Piemonte a Antonio Venturino in Sicilia.

La partecipazione a trasmissioni televisive, l'utilizzo improprio del simbolo ma soprattutto il dissenso rispetto alla linea ufficiale sono state le cause che hanno messo in moto la giustizia a Cinque stelle. Sul web però non è il "popolo della Rete" a convalidare l'espulsione, come successo per i quattro senatori "dissidenti". Spesso si tratta di una decisione piovuta dall'alto. La condanna è semplice: una "diffida dal parlare in nome e per conto del Movimento 5 Stelle e dall'utilizzo dei relativi loghi 'Lista Civica 5 Stelle' e 'Movimento 5 Stelle'" di cui Beppe Grillo è proprietario unico e detiene tutti i diritti. Tradotto: decide solo lui chi può usarlo. Una scomunica che può arrivare sul blog o per raccomandata a casa da parte dello studio Squassi e Montefusco, i legali del leader a cinque stelle.

Ma anche quando la sfiducia arriva dalla base sorgono alcuni dubbi. Nel caso più recente dell'espulsione dei parlamentari grillini, alla critica da parte di Grillo è seguito il voto dei coordinamenti locali, riuniti online sotto forma di meetup. Il punto è che dietro questa struttura c'è la gestione della Casaleggio Associati, depositaria dei profili certificati e unico soggetto che può consultare i dati relativi ai voti dei referendum online o della scelta dei candidati. Un sistema che potrebbe permettere alla società di alterare il voto locale, dicono i dissidenti.

Ecco i casi più rappresentativi.
Emilia Romagna. La regione più ribelle. Sono almeno dieci i consiglieri comunali e regionali espulsi dal M5s. Oltre ai casi Tavolazzi e Favia, c'è quello di Federica Salsi, consigliere comunale di Bologna. La sua colpa è aver partecipato a una puntata di Ballarò. Riferendosi a lei l'ex comico parla di "talk show come punto G". Raffaella Pirini, consigliera comunale di Forlì esprime la propria solidarietà ai consiglieri espulsi e definisce di "pessimo gusto" la battuta di Grillo. Il leader non apprezza e caccia anche lei.

L'allontanamento di Tavolazzi scatenò una serie di polemiche tra gli attivisti. I più coinvolti furono gli iscritti di Cento (Ferrara), che per protesta decisero di cambiare il simbolo con la scritta "Uno vale uno", tra gli slogan più cari ai cinque stelle. La risposta di Grillo non si fa attendere: "Liberi di farlo, ma da ora in poi non potranno usare più il nostro logo". La scomunica ufficiale colpì soprattutto Raffaele De Sandro Salvati, che insieme a Tavolazzi e altri due ex attivisti (Dario Sironi di Sesto San Giovanni e il palermitano Fabio D'Anna) fondò Democrazia in Movimento. Una formazione politica che doveva basarsi sulla vera democrazia diretta al contrario, secondo loro, di quello che avviene tra i pentastellati.
A loro si aggiungono i casi di Vittorio Ballestrazzi, consigliere comunale di Modena, espulso con una raccomandata per aver denunciato i primi problemi dal punto di vista della democrazia. Al suo posto entra in Consiglio Sandra Poppi, ma il risultato non cambia. La consigliera non è ben vista dagli altri attivisti che la accusano di essere troppo assente. Quando rifonda la ex lista di Ballestrazzi, la Modena5stelle, per Grillo è troppo e parte la diffida.

A Bologna i casi si moltiplicano. Se Filippo Buriani viene cacciato per aver superato il limite di due mandati  -  uno dei requisiti cardine per essere un candidato a cinque stelle - Pasquale Rinaldi decide di dimettersi dal M5s per esprimere la propria preoccupazione perché "gli attivisti non possono esercitare alcun controllo". Così come Michele Onofri che si è autosospeso dai cinque stelle inviando una lettera al comico genovese. Diversa la situazione di Ivano Mazzacurati, escluso all'ultimo minuto dalle candidature per le prime elezioni politiche. In un'intervista a Servizio Pubblico ha affermato che Casaleggio avrebbe gestito i soldi destinati ai gruppi parlamentari. Il guru del M5s lo querela, ma Mazzacurati si difende: "Ho detto solo quello che c'è scritto sul non-statuto".

Lazio. Un anno fa il sindaco di Roma, Ignazio Marino, lancia l'idea di assegnare l'assessorato per Legalità e sicurezza al M5s. L'iniziativa viene sposata da alcuni consiglieri comunali grillini, tra cui Marcello De Vito. Per dare valore all'iniziativa, De Vito chiede che la decisione venga votata dalla rete. Una scelta che viene confermata dagli attivisti. Ma Grillo stoppa: "Il Movimento 5 Stelle non fa alleanze" e aggiunge "l'unica base dati certificata con potere deliberativo è quella nazionale". In pratica, quel voto non ha valore. Ma non è l'unico caso di dissenso nella Capitale. Marco Giustizi, primo consigliere comunale a cinque stelle nel 2007, abbandona il M5s prima del rinnovo del Consiglio nel 2013, dopo essere stato escluso dalla candidatura. "Se le cose stanno così il movimento è morto" ha detto prima di sbattere la porta alle sue spalle.

Piemonte. Nel novembre 2012 scoppia il caso di Fabrizio Biolè, espulso perché aveva alle spalle già due mandati da consigliere. Ma Grillo, secondo Biolè, era a conoscenza del fatto quando fu eletto alle regionali del 2010, e avrebbe dato il suo assenso per la candidatura. Salvo poi cambiare idea e spedire una raccomandata per sfiduciare il consigliere.

Sicilia. Antonio Venturino, vicepresidente dell'Assemblea regionale siciliana, fu colpevole nel maggio 2013 di non aver rimborsato parte dell'indennità come previsto dallo statuto pentastellato. Oltre ad aver restituito solo 13mila euro, a fronte dei 30mila dei suoi colleghi, il consigliere aveva criticato la scelta del M5s di non dialogare col Pd per la formazione di un governo Bersani. Un parere non condiviso da Grillo che lo ha espulso con un tweet: "Ha violato le regole del Movimento".

Lombardia. Daniele Berti, consigliere  comunale di Legnano ha abbandonato i Cinque stelle dopo la decisione di espellere i quattro senatori dissidenti. Già a giugno aveva parlato di una mancanza di democrazia interna al M5s ("È un manicomio, se i partiti sono la padella, il Movimento è la brace" disse Berti). Lo strappo adesso è diventato definitivo con l'annuncio del passaggio al gruppo misto.

Veneto. L'unico consigliere eletto per il M5s a Treviso, Alessandro Gnocchi, si è autosospeso per i contrasti nel gruppo: è finito nel mirino per aver presentato il curriculum della fidanzata per una nomina nel consiglio dell'Ente Parco del Sile. Un altro consigliere, a Vicenza, Giordano Lain aveva fondato un nuovo meetup ed era stato sfiduciato da quello già esistente, spaccando il movimento a livello locale.

Marche. A Pesaro per le prossime comunali di maggio non è ancora chiaro se il M5s presenterà una lista "certificata" da Grillo. Intanto uno degli sfiduciati dall'assemblea territoriale, Igor Fradelloni, sta preparando una propria lista, chiamata "Cittadini 5 stelle Pesaro".

Liguria. Lite rientrata invece quella con Paolo Putti, candidato sindaco di Genova nel 2012." Se avessimo scelto la televisione per affermarci oggi saremmo allo zero virgola qualcosa per cento". E' il commento di Grillo alla puntata di Ballarò a cui partecipava l'esponente grillino. Putti, uno dei fedelissimi del comico genovese, ha evitato conseguenze promettendo di non ritornare più in tv.

Basilicata. Giuseppe Di Bello è passato da punta di diamante del M5s in Basilicata a essere cacciato ed escluso dalla campagna per le ultime regionali, a causa di una condanna in primo grado ottenuta per rivelazione di segreto d'ufficio. "Io li avevo avvisati" ha detto Di Bello.

Sardegna. Sull'isola il Movimento non è riuscito a partorire una lista comune per le regionali del 16 febbraio. Grillo ha deciso di non concedere a nessuno l'utilizzo del simbolo per le troppe correnti interne. Due liste di attivisti hanno provato fino all'ultimo a candidarsi per raccogliere il consenso che lo hanno portato ad essere il primo partito alle ultime elezioni politiche.