martedì 4 marzo 2014

Articolo da leggere con attenzione. Non sarà facile uscire dalla situazione in cui siamo. Solo berlusconi e Grillo possono sparare sciocchezze su milioni di posti di lavoro o sul reddito di cittadinanza a tutti.

Jobs act, per creare lavoro non basta una riforma

Se Renzi riuscirà ad approvarlo cambierà l'Italia. Ma per ridurre la disoccupazione ci vorrà tempo
IN BREVE

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Le riforme non creano posti di lavoro; caso mai cambiano le aspettative e creano i presupposti per la creazione di posti di lavoro nel lungo periodo, non certo da un anno con l’altro. Se questo governo avrà la forza di fare le riforme sul mercato del lavoro avrà cambiato il paese perché dimostrerà che finalmente un governo politico, e non tecnico, sa accordarsi e proporre soluzioni nei momenti di emergenza.
Tuttavia, sebbene con tale riforma il governo dimostrerà di sapersi prendere delle responsabilità, questo non implicherà una riduzione del tasso di disoccupazione nell’immediato. In questi giorni l’Istat ha certificato un tasso di disoccupazione del 12,9 per cento, avendo già fatto questa esatta previsione nel maggio dell’anno scorso. Per l'anno prossimo il tasso è previsto in lieve discesa a fronte della lenta risposta del mercato del lavoro alla debole ripresa in corso.
tasso-disoccupazione-italia
È quindi urgente mettere in atto il Jobs Act. Ma mentre fino ad ora questo pacchetto era un programma del Pd in vista di un possibile governo futuro ora improvvisamente il governo è presente, e per attuare il programma è necessario un accordo tra i componenti. Quale può essere il compromesso ragionevole tra un centro destra che vuole i contratti flessibili e personalizzati e il centro di sinistra che vuole il contratto unico? La distanza sembra enorme, ma forse non lo è.
matteo renzi, carro allegorico

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La questione dei contratti sembra essere quella in cui si registra la massima distanza nella coalizione di governo. Nell'ultimo trimestre 2013 sono stati creati 1,6 milioni di contratti a tempo determinato e solo 400 mila contratti a tempo indeterminato, il rapporto è di 4 a 1. Il centro sinistra vuole aumentare la quota di contratti a tempo indeterminato attraverso il contratto unico mentre, secondo il centrodestra, toccare la flessibilità sarebbe un grave errore, dal momento che le aziende assumono solo a tempo determinato. Il compromesso possibile è rendere più flessibile il contratto a tempo indeterminato introducendo il periodo di prova lungo tre anni a tutele crescenti, senza rendere più difficile l’utilizzo dei contratti a tempo determinato.

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Tuttavia il vero problema è un altro. Il contratto unico (sia che prevalga la versione solo per i giovani sia che prevalga la versione universale) potrà, nella migliore delle ipotesi, incrementare la quota dei contratti a tempo indeterminato - cosa che potremo verificare al termine del periodo di prova, allo scadere del terzo anno - ma difficilmente potrà creare nuovi posti di lavoro.

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Analogamente, non crea posti di lavoro la revisione dell’indennità di disoccupazione per includere i Co.co.co e allungare la durata massima del sussidio a due anni. Su questo progetto sono tutti d'accordo, il problema è la copertura e per trovarla bisogna gradualmente cancellare la cassa in deroga e far compartecipare alla spesa le aziende che usano la cassa integrazione. Facile a dirsi ma molto difficile a farsi, soprattutto in tempi di recessione quando aziende e lavoratori richiedono aiuti e certamente non vogliono ulteriori spese. È fondamentale assicurare che ogni euro che verrà risparmiato sulla cassa integrazione in deroga andrà a finanziare i sussidi di disoccupazione e che ogni euro che le aziende pagheranno nel momento in cui usano la Cig verrà utilizzato per ridurre la loro aliquota di contribuzione alla cassa stessa.
Infine, non crea posti di lavoro nemmeno la riforma dei servizi per l'impiego, sebbene sia necessaria ed urgentissima per far funzionare la garanzia per i giovani. Qui i principi guida devono essere che il pagamento del voucher avvenga soltanto dopo il collocamento del giovane per almeno 6 mesi e che il voucher possa essere speso ovunque sul territorio nazionale, per incentivare la mobilità geografica. Quanto più ci atterremo a questi principi, quanto più potremo dire di aver speso bene i soldi della Comunità europea.

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Poiché ben poco di queste riforme è legato direttamente alla creazione di posti di lavoro, se il governo riuscirà a fare queste tre cose il governo Renzi cambierà l'Italia e la percezione che hanno gli italiani (e la Comunità europea) della politica, ma non necessariamente ridurrà la disoccupazione oltre le previsioni dell'Istat.
Per creare lavoro serve molto di più della riduzione di Irap e Irpef, anche se per vederne gli effetti sull’occupazione dovremo aspettare. Serve inoltre un fisco semplice per i lavoratori autonomi (che in Italia sono il 23% degli occupati) e per i giovani che vogliono mettersi in proprio; serve un aiuto per le donne che decidono di lavorare e infineun’indicazione di legge che faccia partire una volta per tutte la contrattazione decentrata. Di questo bisognerà parlare nei prossimi mesi.

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