lunedì 3 marzo 2014

Non credo che Travaglio meritasse una lettera dopo il suo intervento sulla nota vicenda dei grilli espulsi. L'articolo ricorda il discorso di Marco Antonio sulla morte di Cesare. Come sempre Travaglio, essendo ormai un portavoce della setta, inizia condannando il movimento e poi conclude condannando gli espulsi. Cosa rimane? La condanna di quattro persone che si sono opposte ad un dittatore. E Travaglio quando li condanna dicendo che sapevano prima che cosa era il movimento si contraddice palesemente. Per ricordare solo quello che chiama il suo maestro Montanelli si può affermare che, seguendo il suo discorso, la grande penna del Giornale doveva rimanere sempre fascista poiché quando si era trovato ad essere fascista già sapeva chi era Mussolini. E questo passa per essere il migliore giornalista italiano. Tanto che il filo grillino Mentana lo chiama sempre.

Fabrizio Bocchino contro Marco Travaglio

di   - 02/03/2014 - Dopo l'editoriale del Fatto

Fabrizio Bocchino contro Marco Travaglio
Fabrizio Bocchino risponde a Marco Travaglio. Il vicedirettore del Fatto aveva parlato di lui e degli altri dissidenti a 5 Stelle il 26 febbraio, in un editoriale intitolato “Peccatori e verginelle”. Oggi è arrivata la risposta di uno dei quattro cacciati dai grillini. Il testo della lettera:
Caro Marco,

ti scrivo in merito al tuo articolo “Peccatori e Verginelle” apparso recentemente sul Fatto. Quell’articolo è diviso in due parti. Nella prima, sostanzialmente si stigmatizza il processo della nostra espulsione definendolo “anti-democratico”, mentre nella seconda si mette in dubbio la nostra dignità, criticandoci per il fatto di aver tradito la volontà degli elettori non dimettendoci anzitempo.

Naturalmente, io condivido la prima, ma non la seconda, e se avrai la pazienza di dedicarmi qualche minuto, vorrei spiegarti il perchè. Una volta letta, sei libero di fare di questa lettera ciò che ritieni più opportuno.

Inizio con una premessa. Il fatto che tu consideri il processo di espulsione “anti-democratico” pone un’immediata pregiudiziale verso qualsivoglia ragionamento che si possa fare di conseguenza. Se una cosa è antidemocratica, è al di fuori delle regole del gioco e deve essere respinta senza se e senza ma. Tutti coloro che ne subiscono le conseguenze devono essere tutelati, perchè se si contravvengono le regole del gioco salta il tavolo, e si perde l’orientamento. In un certo senso, la prima parte della tua lettera delegittima la seconda. Non puoi dire, ad esempio, che il fascismo è una cosa anti-democratica, e nello stesso tempo criticare i dissidenti perchè non se ne sono accorti prima. Il fascismo è antidemocratico e basta, e tutti quelli che sono stati condannati in suo nome devono essere tutelati e difesi, per il solofatto che il regime si pone al di fuori delle regole del gioco. Prima estirpiamo il regime, e solo POI, una volta stabilite le regole e le verità storiche, ci chiediamo se si possa ravvisare una qualche colpa nella condotta di chi ha avuto problemi con esso.

Le semplici regole della democrazia, quelle che sono state violate nel M5S in questa vicenda, sono state costruite con il sangue delle persone, e tu non te ne devi mai dimenticare quando scegli che tenore devono avere i tuoi pezzi.

E questo mi porta immediatamente alla seconda parte del tuo articolo, alla quale voglio rispondere pur essendo depotenziata dal ragionamento precedente. Lo voglio fare lo stesso perchè essa è viziata dalla mancanza di un’informazione fondamentale che non hai tu e che non hanno la maggior parte dei tuoi colleghi, e che invece è fondamentale per capire non solo ciò che è successo recentemente, ma anche tante altre cose del M5S.

Il M5S non è uno scherzo, è qualcosa in cui la gente CREDE veramente, nel senso più alto e nobile del verbo credere. Qui sta la differenza con gli altri partiti, i cui ideali sono caduti uno dopo l’altro, e che causano un senso di smarrimento anche ai più convinti fra i loro attivisti.

Al tempo della Salsi e di Favia, io pensavo genuinamente ed ingenuamente che si trattassero di beghe locali, di problemucci interni, e che le cose si sarebbero risolte andando avanti, man mano che aumentava il coinvolgimento e la partecipazione, man mano che l’onda diventava sempre più grande.

E così, durante la campagna elettorale, ai miei amici che mi manifestavano il loro disagio nel votare ancora una volta un simbolo che contenesse un nome, io rispondevo, sempre genuinamente ed ingenuamente, “voi votate tutti gli attivisti e la gente che si sta impegnando per i nostri obiettivi, non Grillo, e non c’è altra alternativa”.

Non c’e’ alternativa. E questa la chiave di lettura. Ora tu, rispondimi. Se io, a poco a poco, comincio a vedere che c’e’ qualcosa che non va, sperimentandolo in prima persona, e sapendo che non c’e’ alternativa, e credendo ancora negli ideali e negli obiettivi, non è forse il mio dovere cercare di cambiare le cose dall’interno e di battermi sempre facendo sentire il mio ragionamento critico costruttivo, onesto e leale, in tutte le sedi? E’ quello che ho fatto.

Non è vero che io non aderisco agli ideali, che io non condivido gli obiettivi finali, quel “tutti a casa” che si traduce in una graduale ma inarrestabile sostituzione della classe politica che sfasciato l’Italia con dei cittadini consapevoli che facessero entrare nelle istituzioni le voci di quelli che erano fuori. Tutto questo è anche mio, non vi è contrapposizione in questa linea. Per questo motivo, io non mi sono mai dimesso.

Non è vero che noi 4 espulsi abbiamo disatteso i nostri impegni con gli elettori. Noi abbiamo lavorato sodo (guardate la nostra attività su openpolis), noi abbiamo votato in aula secondo le indicazioni a maggioranza del gruppo, noi abbiamo tenuto i contatti con il territorio. E, sopratutto, noi ci eravamo impegnati a perseguire gli obiettivi con partecipazione di tutti a tutte le scelte, anche a quelle di governo e indirizzo del movimento (art. 4 del Non Statuto), nel pieno rispetto dell’uno vale uno.

Ci siamo accorti pian piano che così non è. La piattaforma che non arriva e quando è arrivata è un inutile commentario; vari post sul blog, spesso neanche firmati, che dettano la linea senza coinvolgimento alcuno dei portavoce men che meno degli attivisti; sfiducie a ministri non condivise dal gruppo, ed impeachment al Presidente preparato a tavolino negli studi dei legali di Casaleggio senza che i portavoce ne sapessero nulla; procedure di espulsione decise da non si sa chi e portate avanti con diffamazione e menzogne. Votazioni online indette con post di accompagnamento faziosi e fuorvianti, tradendo quel ruolo di garante che Grillo dovrebbe avere nell’esercizio della democrazia diretta (basta leggere il post con cui è stata annunciata la nostra votazione). In altre parole, vecchia politica. Proprio quella che volevamo cambiare.

Fino all’ultimo non ci ho voluto credere, fino all’ultimo ho tentato di far sentire la mia voce nelle assemblee interne (si interne, proprio così; non è vero che io non ne discutevo internamente, come si è voluto far credere) e fuori, perchè non c’era altra alternativa. I nostri non erano altro che campanelli di allarme, che, dispiace dirlo, sono suonati a vuoto. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Grillo ha tirato troppo la corda, e questa si è spezzata.

Ora, caro Marco, io non so con che metro tu valuti la dignità della persone, specie dalle colonne di un quotidiano a tiratura nazionale. Io non ho motivi per dubitare della tua buona fede, ma ritengo che ti mancavano delle informazioni per farti un quadro più preciso. Ho cercato di fornirtele qui, spero di esserci riuscito e di confrontarmi con te ancora.

Questo era invece l’editoriale di Travaglio:
Diciamo subito che espellere quattro senatori perché dissentono dalle scelte del loro movimento, dei loro leader e della maggioranza dei loro gruppi parlamentari, ma senza aver violato la cosiddetta “disciplina di partito” (o di non-partito), è una pratica assurda e antidemocratica, anche se è stata votata a maggioranza e ratificata dagli iscritti al blog di Grillo. E, se anche fosse vero che è prevista dal regolamento o dal non-statuto che dir si voglia, vorrebbe dire che è sbagliato e antidemocratico il regolamento, o il non-statuto che dir si voglia. Lo scrivemmo quando toccò alla senatrice Gambaro e lo ripetiamo a proposito dei senatori Battista, Bocchino, Campanella e Orellana. Se Grillo e Casaleggio hanno un po’ di sale in zucca, dovrebbero riunirsi con gli eletti e scrivere un altro non-statuto, più elastico e meno autolesionista, riaprendo le porte agli espulsi per “reato di opinione”. E, se gli eletti hanno un po’ di sale in zucca, dovrebbero chiamare i due leader a Roma e pretenderlo. È trascorso un anno da quando i 5Stelle entrarono in Parlamento con 163 rappresentanti, sicuramente troppi per la gracile struttura di un movimento così giovane e inesperto. Dodici mesi bastano e avanzano per far tesoro dell’esperienza maturata, così com’è avvenuto con la retromarcia sulla tv: all’inizio l’ordine di scuderia era di disertare i talk show perché qualcuno aveva deciso che “la tv è morta”, poi si comprese che era viva e vegeta e gli italiani cominciarono a conoscere, grazie alla tv, i Di Maio, Nuti, Di Battista, Sarti, Taverna, Fraccaro ecc.,e a toccare con mano quanto fosse ridicola la rappresentazione mediatica dei “grillini” come un branco di brubru incolti, xenofobi, decerebrati e telecomandati dalla Casaleggio Associati. Più volte, anzi, capitò di vederli metter sotto politici navigati. In 12 mesi di impegno parlamentare è nata e cresciuta una piccola classe dirigente – per ora soltanto di opposizione – che ha segnato molti punti al suo attivo, con scelte nobili e di grande effetto (la rinuncia ai soldi pubblici) e battaglie meritorie (le mozioni di sfiducia individuale contro Alfano, Cancellieri e De Girolamo, le campagne contro gli F-35 e il Porcellum, l’ostruzionismo sulla controriforma dell’art. 138 e sul decreto Bankitalia), anche contro il parere dei capi (l’abolizione del reato di clandestinità). Questa classe dirigente s’è guadagnata sul campo il diritto-dovere di una sempre maggior autonomia dai vertici, inevitabilmente lontani dalla quotidianità parlamentare: del resto era stato proprio Grillo a dirsi ansioso di tornare al suo vecchio mestiere e a incitare gli eletti a camminare con le proprie gambe. Tutto ciò premesso, il problema che i 5Stelle credono di risolvere brutalmente e autolesionisticamente a suon di espulsioni e calci in culo esiste non solo al loro interno, ma in tutti i partiti. Ora si sprecano paroloni, lezioni di democrazia da cattedre improbabili (tutti i partiti usano biecamente lo strumento delle espulsioni, anche se nessuno lo scrive), paralleli con il comunismo e il fascismo, citazioni dell’art. 67 della Costituzione (“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”). Ma qui la questione è molto più banale e attuale: fino a che punto un partito, o un movimento, o uno o più suoi eletti possono disattendere gli impegni presi con i propri elettori? È vero che ogni parlamentare rappresenta tutta la Nazione, ma non è detto che debba per forza rappresentarla con la maglietta di un partito in cui non si riconosce. Se avessero avuto un pizzico di dignità, i senatori Battista, Bocchino, Campanella e Orellana, anziché sparare ogni giorno dalle tv e dai giornali contro il Movimento e gli elettori che li hanno paracadutati in Senato, in nome di una linea politica rispettabilissima ma incompatibile con quella che si erano impegnati a seguire, si sarebbero dimessi e iscritti al gruppo misto. Oppure, se ne avessero avuti i numeri (come pare avranno tra breve a Palazzo Madama), formare un gruppo autonomo. Non ti piace (più) il tuo partito? Ti fanno schifo i tuoi compagni? Scopri con notevole ritardo che il tuo leader è la reincarnazione di Hitler? Vattene, senza aspettare che ti caccino. Altrimenti non sei un Solgenitsin, o un Sacharov: sei soltanto uno Scilipoti. E, già che ci siamo, sarebbe il caso di risolvere una volta per tutte il dilemma: perché un berlusconiano o un grillino che vuole allearsi col Pd è un figliuol prodigo redento alla democrazia e mosso da nobili slanci da accogliere con il vitello grasso, mentre se uno fa il percorso inverso è un bieco voltagabbana? Paradossalmente, i 5Stelle scontano un sistema di selezione delle candidature molto più “democratico” di quelli praticati dai partiti: i vertici Pdl, Pd, Udc, Lega, Scelta civica, Sel ecc. conoscevano tutti i candidati che han portato in Parlamento grazie al Porcellum: perché se li sono scelti e nominati uno per uno (ne sa qualcosa Renzi, che si ritrova i gruppi parlamentari targati Bersani). Grillo e Casaleggio i loro eletti li hanno conosciuti per la gran parte dopo il voto, non prima. Per questo, nei partiti, non muove mai foglia che i leader non vogliano, nemmeno quando compiono scelte contro natura come le larghe intese con B. e poi con Alfano (due volte), nate all’insaputa anzi nel tradimento degli elettori. Ci sono, è vero, le riserve indiane tipo i civatiani: ma, giunti al dunque, si allineano sempre: altrimenti verrebbero espulsi anche loro, democraticamente si capisce. Da oggi, grazie all’ennesimo autogol dei 5Stelle, assisteremo alla solita sceneggiata dei partiti più antidemocratici d’Europa che danno lezioni di democrazia. Ma sarà soltanto un espediente ipocrita e propagandistico per rinviare la discussione su un problema che riguarda tutti: davvero la democrazia è chiamare ogni tanto i cittadini alle urne, incassarne i voti su un certo programma e usarli per fare esattamente l’opposto?

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