Lavoro (che non c’è): ecco i dati della disoccupazione e la piaga del “nero”
di Stefano Sequino
C’è sempre meno lavoro e quello che c’è è spesso irregolare. Questo in sintesi è quanto emerge dalla lettura dei dati Istat relativi all’occupazione e dei numeri relativi ai controlli resi noti dal ministero del Lavoro.
I numeri dell’Istat relativi all’anno 2013 hanno infatti rappresentato (più che altro confermato) un mercato del lavoro che stenta a riprendere quota.
Tra il 2012 e il 2013, l’occupazione ha registrato un calo, in termini assoluti, pari a -500 mila lavoratori, fenomeno accompagnato dall’incremento del tasso di disoccupazione, +369 mila unità su base annua (+13,4%). E in particolare la disoccupazione giovanile (15-24 anni) ha raggiunto il livello record del 40%, +4,7% rispetto al 2012.
D’altra parte i dati, resi noti dal Ministero del Lavoro relativi al report controlli 2013, svelano oltre 152 mila imprese irregolari, pari al 65% di quelle ispezionate, percentuale tra l’altro in crescita di due punti percentuale rispetto al 2012.
Sarebbero invece meno i lavoratori “in nero” scoperti nel 2013, 86.125 rispetto agli oltre 100 mila accertati nel corso dei controlli svolti nell’anno precedente, decremento che, secondo il rapporto del Ministero del Lavoro, sarebbe dovuto all’effetto della crisi economica e occupazionale che si fa sentire anche sui fenomeni patologici.
Si tratta tuttavia di un decremento apparente, dato che il numero di lavoratori “in nero”, se confrontato con il numero complessivo dei lavoratori irregolari, sono proporzionalmente aumentati rispetto al 2012; in altri termini, sono 36 su 100 i lavoratori “in nero”, invisibili al fisco così come alla previdenza sociale.
Gli allarmanti dati sono tra l’altro confermati dall’Associazione artigiani e piccole imprese (Cgia) di Mestre: secondo le elaborazioni Cgia, infatti, sarebbero 3 milioni i lavoratori “in nero” in Italia, un’economia parallela che ammonta a 100 miliardi di Pil irregolare (il 6,5% del Pil complessivo) che scippa all’erario quasi 43 miliardi di euro l’anno di imposte evase.
Tra le misure in campo per contrastare il fenomeno, la legge 9/2014 (entrata in vigore il 22 febbraio scorso) ha previsto un incremento delle sanzioni del 30% rispetto ai precedenti importi che tuttavia – viste le cifre tutt’altro che smisurate (la sanzione minima è passata da 1.500 euro a 1.950 mentre la massima da 12.000 a 15.600 euro) rischiano di non avere l’auspicato effetto deterrente.
Certo è che al di là dei numeri e nonostante la crisi economica, il lavoro «nero» rimane un fenomeno che continua a inquinare il sistema economico sano così come il mercato occupazionale, una piaga spesso associata allo sfruttamento del lavoro, alla precarietà e alla mancanza di sicurezza sui luoghi di lavoro.
Da contrastare mediante una strategia d’insieme che, anche secondo il Comitato economico e sociale europeo (Cese), deve prevedere, accanto al regime sanzionatorio, anche l’applicazione di misure preventive e curative che consentano di comprenderne e contrastarne le cause.
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