domenica 9 marzo 2014

Incapaci, incompetenti, presuntuosi, ottusi, servi, marionette, populisti grillini talebani. Povera Italia.

ECONOMIA

Fondo di garanzia per le Pmi, come funziona

Scontro tra M5s e dissidenti sui soldi restituiti. E piovono le accuse su Casaleggio. Ecco dove finisce e come si usa quel denaro.

di Lorenzo Mantelli
Quasi 2 milioni e mezzo di euro. A tanto ammonta la cifra destinata dal Movimento 5 stelle al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese: una somma frutto delle eccedenze di stipendi e diarie dei pentastellati nei mesi di luglio, agosto, settembre e ottobre 2013, certificata dai rendiconti online dei parlamentari grillini.
Se l'operazione è certamente meritoria, sulla destinazione del versamento tuttavia alcuni fuoriusciti dai ranghi del Movimento hanno alimentato dubbi, arrivando a configurare l'ipotesi di un possibile conflitto d'interesse tra lo stesso fondo e le società di Gianroberto Casaleggio, guru del M5s.
LE ACCUSE DI BOCCHINO. «È uno strumento che non aiuta le imprese in difficoltà», si è lamentato Fabrizio Bocchino, uno dei dissidenti allontanati dopo la consultazione online indetta da Beppe Grillo. «Sostiene, invece, quelle che non lo sono», ha aggiunto, «perché c’è una commissione che decide e valuta il grado di affidabilità delle imprese. In questa commissione ci sono le società in cui è coinvolto Casaleggio». Di cosa parlava? Bocchino ha proseguito citando Confapri (Confederazione delle attività produttive italiane), a sua dette una delle associazioni vicine all'eminenza grigia del M5s.
CONFAPRI O CONFAPI? Nessuna traccia, tuttavia, di quest'ultima tra le 21 componenti del comitato di gestione del fondo, incaricato di decidere a chi indirizzare i finanziamenti. Nel quale compaiono, invece, i rappresentanti di differenti organzizzazioni di categoria, oltre che di diversi ministeri. Tra queste anche Confapi (Confederazione italiana della piccola e media impresa privata). Che Bocchino sia finito in un imbarazzante equivoco?

Operativo dal 2000, il fondo tutela i prestiti delle banche

In realtà, nonostante il clamore mediatico scatenato dalle ultime vicende, il Fondo di garanzia per le Pmi ha una lunga storia alle spalle indipendente dall'attività politica del M5s.
IL FONDO ISTITUITO DA PRODI. Esiste, infatti, dal 1996, anno della sua istituzione durante il primo governo di Romano Prodi ed è operativo sotto le insegne del ministero dello Sviluppo economico dal 2000. Inaugurò le attività con una dotazione, destinata dal Comitato interministeriale per la programazione economica (Cipe), di poco superiore ad attuali 200 milioni di euro. L'ultimo rifinanziamento, previsto dalla legge di Stabilità del 2013, ammonta a 600 milioni spalmati su tre anni (tra il 2014 e il 2016).
A cosa serve tanto denaro? Il fondo, parzialmente riformato nel 2005 e 2010, ha il compito di favorire l’accesso alle fonti finanziarie - cioè i prestiti in banca - delle Pmi, mediante la concessione di una garanzia pubblica che si affianca e spesso si sostituisce alle garanzie reali  portate dalle imprese stesse agli istituti di credito.
CON LE BANCHE GARANTISCE LO STATO. In parole povere, rivolgendosi al fondo, l’impresa non ottiene un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di avere accesso ai finanziamenti pur senza garanzie aggiuntive (senza quindi costi di fidejussioni o polizze assicurative).
È lo Stato, attraverso il fondo, a garantire le banche sui prestiti effettuati abbattendo il rischio sull’importo garantito fino a 2,5 milioni di euro e facilitando l’accesso al credito. Insomma, se la banca non restituisce il prestito, fino a un certo importo garantisce il fondo.
EFFETTO LEVA FINO A 20. La garanzia concessa dallo Stato non è gratuita: il costo (una tantum) varia in base alla dimensione dell’impresa (micro, piccola e media) e alla sua localizzazione. Il meccanismo sul quale si basa è, invece, l’effetto leva, che moltiplica le risorse pubbliche: con 1 euro di dotazione aggiuntiva al sistema delle imprese arrivano circa 20 euro di finanziamenti.

Gestito da Mediocredito, istituto che fa capo alle Poste

Il fondo è gestito da Mediocredito centrale spa, un istituto di credito che fa capo a Poste italiane dall'agosto 2011. Ma non è solo Mediocredito a decidere per quali imprese garantire. La gestione è affidata al famoso comitato di cui fanno parte rappresentanti di Associazione bancaria italiana (Abi), Confindustria, Confapi, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Confederazione nazionale artigianato piccola e media impresa (Cna), Casartigiani, Imprese cooperative e imprese autotrasporto.
Accanto a loro sei esponenti del ministero dello Sviluppo economico e uno ciascuno per i dicasteri dell'Economia, dell'Istruzione, delle Politiche agricole e delle Infrastrutture.
SOLO SE FATTURATO INFERIORE A 50 MILIONI. Quali sono i requisiti necessari per aver accesso al fondo? Singolarmente o tra loro collegate le imprese devono avere meno di 250 occupati. Allo stesso tempo, il loro fatturato dev'essere inferiore ai 50 milioni di euro o, in alternativa, il totale di bilancio dev'essere inferiore a 43 milioni di euro.
In ogni caso, devono essere valutate «economicamente e finanziariamente sane» sulla base dei dati degli ultimi due esercizi e della situazione contabile aggiornata a data recente. Un dato questo che ha indispettito i grillini dissidenti, agitati certamente da qualche rancore.
LA QUERELLE IN TRIBUNALE. «Il M5S non ha, né potrebbe avere, alcuna influenza su questo organismo. I requisiti per accedere alla garanzia sono stringenti, chiari e trasparenti. E le associazioni imprenditoriali rappresentate in seno al comitato non hanno legami diretti o indiretti con il Movimento 5 stelle. Chi ha detto o dice il contrario ne risponderà nelle sedi dovute», hanno ribadito i gruppi parlamentatari grillini, con un post pubblicato sul blog del loro leader,
La querelle in tribunale, insomma, è già annunciata. E dire che potrebbe essere colpa solo di una svista.

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