INTERVISTA
Giacomo Vaciago: «Renzi e Squinzi? Sbagliano entrambi»
Per rilanciare i consumi non basta abbassare l'Irpef. E ridurre l'Irap non cambia la vita alle imprese. Vaciago a Lettera43.it.
Irpef o Irap? Da giorni Matteo Renzi sfoglia la margherita delle risorse da usare, stretto nell'esigenza di non scontentare nessuno.
Deludere i lavoratori sarebbe politicamente imperdonabile, ma pesa anche il commento di uno dei suoi più sponsor più fedeli, il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. La cui sintesi, di parte, non è priva della sua efficacia: «Meglio creare posti di lavoro che mettere qualche soldo in tasca ai cittadini» con il taglio del cuneo fiscale.
«RIDUZIONE DEL CUNEO? UNA MOSSA ELETTORALE». Non sono tutti d'accordo, però. A partire da coloro, incluso l'ingegnere Carlo De Benedetti, che vedono nella riduzione del cuneo il volano per il rilancio dei consumi in stagnazione. E dunque per far ripartire l'economia. Se il premier così decidesse «ci sarebbero più applausi, perché la platea dei beneficiari sarebbe la più ampia», ha spiegato a Lettera43.it Giacomo Vaciago, economista e docente all'Università Cattolica di Milano. «Ma allora la logica è elettorale, è un provvedimento in funzione del 25 maggio, delle elezioni europee».
Deludere i lavoratori sarebbe politicamente imperdonabile, ma pesa anche il commento di uno dei suoi più sponsor più fedeli, il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. La cui sintesi, di parte, non è priva della sua efficacia: «Meglio creare posti di lavoro che mettere qualche soldo in tasca ai cittadini» con il taglio del cuneo fiscale.
«RIDUZIONE DEL CUNEO? UNA MOSSA ELETTORALE». Non sono tutti d'accordo, però. A partire da coloro, incluso l'ingegnere Carlo De Benedetti, che vedono nella riduzione del cuneo il volano per il rilancio dei consumi in stagnazione. E dunque per far ripartire l'economia. Se il premier così decidesse «ci sarebbero più applausi, perché la platea dei beneficiari sarebbe la più ampia», ha spiegato a Lettera43.it Giacomo Vaciago, economista e docente all'Università Cattolica di Milano. «Ma allora la logica è elettorale, è un provvedimento in funzione del 25 maggio, delle elezioni europee».
- Giacomo Vaciago, economista e docente all'Università Cattolica di Milano.
DOMANDA. Ma intanto si rilancerebbero i consumi.
RISPOSTA. In misura minima. Ma ci sono due obiezioni da fare.
D. Prego.
R. La prima è che in questi anni i risparmi si sono intaccati. Si pensi alle famiglie che hanno dovuto aiutare i figli ritrovatisi senza lavoro. Buona parte di quei 100 euro o quanti saranno, che arriverebbero in tasca da una riduzione dell'Irpef, verrebbero portati in banca.
D. L'altra obiezione?
R. L'altra è che le fasce meno abbienti della popolazione facilmente acquistano prodotti cinesi. La mia battuta è: «Renzi riduce l'Irpef? La Cina ringrazia». Se l'obiettivo fosse il rilancio dei consumi, comunque, la strada ovvia sarebbe un'altra.
D. Quale?
R. La riduzione dell'Iva. Quella è l'imposta sui consumi, che sono calati soprattutto perché l'aliquota ordinaria è aumentata di due punti in due anni. In parlamento l'hanno votato senza accorgersene?
D. Gli aumenti dell'Iva sono scattati come clausole di salvaguardia. In teoria non erano voluti.
R. Sì, ma se adesso c'è lo spazio per ridurla e l'obiettivo è rilanciare i consumi, perché allora si taglia l'Irpef? Capirei se una misura del genere la proponesse Alfano, ma che venga dal Pd è curioso.
D. Non è di sinistra ridurre le imposte sui redditi più bassi?
R. Lo ha scritto bene Luca Ricolfi sulla Stampa: è più di sinistra ridurre l'Irap, che colpisce non solo le grandi imprese, ma anche milioni di piccoli professionisti.
D. Perché secondo lei?
R. Chi soffre di più oggi? Chi non ha avuto aumenti salariali ma ha comunque uno stipendio, o chi manda avanti di tasca sua un ufficio in perdita e deve pagare pure l'Irap? Questi sono i penultimi. Quegli altri sono i terzultimi.
D. E gli ultimi chi sono?
R. Gli ultimi sono quelli che il lavoro lo hanno perso e, di questi, per ora non ci si occupa proprio. Attendiamo il Job act, ma bisognerà vedere quando e come andrà in vigore. Da lunedì chiunque è stato licenziato avrà il sussidio?
D. Torniamo all'Irap. Ridurla, per gli industriali, è l'unico modo per sostenere le imprese e creare posti di lavoro.
R. Ma anche in questo caso, se l'obiettivo è creare posti di lavoro, lo strumento è sbagliato. La prima tassa, in senso lato, per le imprese sono gli oneri sociali.
D. E quindi?
R. Se l'obiettivo dev'essere quello di creare posti di lavoro, allora riproponiamo la defiscalizzazione dei contributi. Un po' di aziende avranno convenienza ad assumere e si faranno felici un po' di persone. La platea che applaudirà per Renzi, però, così si restringe rispetto alla riduzione dell'Irpef.
D. Ma quindi cosa c'è da augurarsi che esca dal Consiglio dei ministri del 12 marzo?
R. Io mi auguro che venga definito chiaramente quello che si considera l'obiettivo prioritario da raggiungere e si utilizzi lo strumento più congruente con esso. Per i consumi non è l'Irpef, per il lavoro non è l'Irap.
D. E se, alla ricerca del consenso più ampio possibile, si spezzettassero quei 10 miliardi in diversi interventi?
R. Nessuno raggiungerebbe l'effetto soglia, per cui diventerebbero tutti inutili.
D. Con questa Irap più dipedenti ha un'azienda più paga. L'ipotesi di una riforma è scomparsa?
R. Io pensavo fosse materia della delega fiscale, ma qui si vuole procedere a colpi di decreti. Il ripensamento del sistema tributario italiano è materia delicata e complessa, che deve essere ponderata bene. Una volta per tutte, possibilmente, perché l'incertezza porta a non far spendere nemmeno gli abbienti.
D. In tutto questo, c'è sempre chi non paga.
R. Questa è la vera questione. L'Iva sui servizi è del tutto eventuale. Io la chiamo imposta volontaria, perché se ti rivolgi a un artigiano ti chiede sempre se vuoi pagarla o meno. Finché l'evasione varrà il 20% del Pil, non ci sarà possibilità di ridurre veramente le tasse.
RISPOSTA. In misura minima. Ma ci sono due obiezioni da fare.
D. Prego.
R. La prima è che in questi anni i risparmi si sono intaccati. Si pensi alle famiglie che hanno dovuto aiutare i figli ritrovatisi senza lavoro. Buona parte di quei 100 euro o quanti saranno, che arriverebbero in tasca da una riduzione dell'Irpef, verrebbero portati in banca.
D. L'altra obiezione?
R. L'altra è che le fasce meno abbienti della popolazione facilmente acquistano prodotti cinesi. La mia battuta è: «Renzi riduce l'Irpef? La Cina ringrazia». Se l'obiettivo fosse il rilancio dei consumi, comunque, la strada ovvia sarebbe un'altra.
D. Quale?
R. La riduzione dell'Iva. Quella è l'imposta sui consumi, che sono calati soprattutto perché l'aliquota ordinaria è aumentata di due punti in due anni. In parlamento l'hanno votato senza accorgersene?
D. Gli aumenti dell'Iva sono scattati come clausole di salvaguardia. In teoria non erano voluti.
R. Sì, ma se adesso c'è lo spazio per ridurla e l'obiettivo è rilanciare i consumi, perché allora si taglia l'Irpef? Capirei se una misura del genere la proponesse Alfano, ma che venga dal Pd è curioso.
D. Non è di sinistra ridurre le imposte sui redditi più bassi?
R. Lo ha scritto bene Luca Ricolfi sulla Stampa: è più di sinistra ridurre l'Irap, che colpisce non solo le grandi imprese, ma anche milioni di piccoli professionisti.
D. Perché secondo lei?
R. Chi soffre di più oggi? Chi non ha avuto aumenti salariali ma ha comunque uno stipendio, o chi manda avanti di tasca sua un ufficio in perdita e deve pagare pure l'Irap? Questi sono i penultimi. Quegli altri sono i terzultimi.
D. E gli ultimi chi sono?
R. Gli ultimi sono quelli che il lavoro lo hanno perso e, di questi, per ora non ci si occupa proprio. Attendiamo il Job act, ma bisognerà vedere quando e come andrà in vigore. Da lunedì chiunque è stato licenziato avrà il sussidio?
D. Torniamo all'Irap. Ridurla, per gli industriali, è l'unico modo per sostenere le imprese e creare posti di lavoro.
R. Ma anche in questo caso, se l'obiettivo è creare posti di lavoro, lo strumento è sbagliato. La prima tassa, in senso lato, per le imprese sono gli oneri sociali.
D. E quindi?
R. Se l'obiettivo dev'essere quello di creare posti di lavoro, allora riproponiamo la defiscalizzazione dei contributi. Un po' di aziende avranno convenienza ad assumere e si faranno felici un po' di persone. La platea che applaudirà per Renzi, però, così si restringe rispetto alla riduzione dell'Irpef.
D. Ma quindi cosa c'è da augurarsi che esca dal Consiglio dei ministri del 12 marzo?
R. Io mi auguro che venga definito chiaramente quello che si considera l'obiettivo prioritario da raggiungere e si utilizzi lo strumento più congruente con esso. Per i consumi non è l'Irpef, per il lavoro non è l'Irap.
D. E se, alla ricerca del consenso più ampio possibile, si spezzettassero quei 10 miliardi in diversi interventi?
R. Nessuno raggiungerebbe l'effetto soglia, per cui diventerebbero tutti inutili.
D. Con questa Irap più dipedenti ha un'azienda più paga. L'ipotesi di una riforma è scomparsa?
R. Io pensavo fosse materia della delega fiscale, ma qui si vuole procedere a colpi di decreti. Il ripensamento del sistema tributario italiano è materia delicata e complessa, che deve essere ponderata bene. Una volta per tutte, possibilmente, perché l'incertezza porta a non far spendere nemmeno gli abbienti.
D. In tutto questo, c'è sempre chi non paga.
R. Questa è la vera questione. L'Iva sui servizi è del tutto eventuale. Io la chiamo imposta volontaria, perché se ti rivolgi a un artigiano ti chiede sempre se vuoi pagarla o meno. Finché l'evasione varrà il 20% del Pil, non ci sarà possibilità di ridurre veramente le tasse.
Martedì, 11 Marzo 2014
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