LO STUDIO DI ALMALAUREA
Laureati, il primo stipendio 1000 euro Ingresso “lento” nel mondo del lavoro
Il tasso di disoccupazione oscilla tra il 22,9% e il 26,5% in base al tipo di laurea
Fanno più fatica a trovare lavoro, e quando finalmente lo trovano spuntano contratti meno stabili e percepiscono stipendi più bassi: anche i dati sul futuro dei laureati, registrati dal sedicesimo rapporto di Almalaurea, registrano «una sensibile, ulteriore, frenata della capacità di assorbimento del mercato del lavoro». Ma almeno chi ha un’istruzione superiore alla lunga la vince, come sottolinea Andrea Cammelli, fondatore di Almalaurea:«E’ vero che negli ultimi anni la documentazione mette in evidenza che è in calo la percentuale di quanti lavorano, ma molto di meno di quanto avviene per i diplomati, il che vuole dire che a 5 anni dalla laurea abbiamo solo l’8% dei laureati che non lavorano».
Disagio sociale
Dopo la doccia fredda dell’Istat- che segna il record del 12,4% per la disoccupazione- il rapporto, realizzato su 450 mila laureati dei 64 atenei del consorzio, conferma che il «diffuso disagio sociale» non riguarda solo le fasce di popolazione più basse e meno istruite, ma stringe in un abbraccio perverso anche chi, a suon di fatiche fisiche, emotive, ed economiche, riesce a raggiungere i traguardi dell’istruzione superiore. Nel dettaglio: tra i laureati di primo livello, il tasso di occupazione è sceso di 4 punti solo nell’ultimo anno, di 16 se confrontiamo il dato con il 2008: ad un anno dal titolo il 66% dei laureati brevi lavora o quantomeno svolge uno stage retribuito. Tra i colleghi magistrali la contrazione registrata è di due punti, e di 11 rispetto al 2008: tra gli studenti che scelgono di proseguire con la laurea specialistica, infatti, lavorano in settanta su cento.
Le «vecchie» lauree sono le più penalizzate
Quelli che stanno messi peggio sono i magistrali a ciclo unico, per lo più studenti dei vecchi corsi di laurea: per loro il crollo è del 3% rispetto al rapporto dell’anno scorso, ma del 23% se confrontiamo il dato con quello dell’indagine 2008, arrivando ad un 57% di laureati che ha trovato lavoro ad un anno dalla tesi. L’analisi del tasso di disoccupazione dei graduati italiani va di pari passo, i numeri sono quelli di una débâcle progressiva e costante: nel 2007 il tasso di disoccupazione dei laureati di primo livello era dell’11,2%, nel 2012 è diventato del 26,5%. Tra i magistrali, si è passati dal 10,8% di sette anni fa al 22,9%. Tra i magistrali a ciclo unico, si è passati dall’8,6% al 24,4%.
La (non) stabilità del lavoro
E l’analisi delle caratteristiche del lavoro trovato è il segno delle difficoltà che i laureati post-riforma hanno affrontato in questi ultimi anni. I contratti a tempo indeterminato hanno avuto un calo, rispetto all’indagine 2008, del 15% tra i triennali, dell’8% tra i magistrali, del 5% tra quelli a ciclo unico. Per semplificare, solo 41 laureati brevi su 100 dell’ultima generazione hanno un lavoro stabile, poco più che i 35 colleghi specialisti o a ciclo unico che sono riusciti a sistemarsi. «Ciò che rende la situazione ancora più preoccupante- nota Almalaurea – è che, alla
Sempre più diffusi i lavori senza contratti o con contratti atipici
riduzione della stabilità lavorativa registrata negli ultimi anni, si è associato un aumento significativo dei lavori non regolamentati da alcun contratto di lavoro», oppure di contratti non standard, come lavori part-time e collaborazioni. Della serie: meno lavoro e pure più precario. Oltre che mal pagato: perché un laureato appena assunto oggi guadagna sui mille euro al mese, poco più (1038) i magistrali, poco meno (970) i laureati a ciclo unico. Piuttosto che avanzare, le retribuzioni diminuiscono: rispetto all’anno scorso, c’è un calo che va dal 5 al 2%,ma rispetto al 2008 le retribuzioni reali, che quindi considerano anche il mutato potere d’acquisto, sono precipitate del 20%.Del resto, i laureati tendono ad accontentarsi di più di lavoretti poco qualificati: l’efficacia del titolo, che misura appunto la richiesta della laurea per il lavoro svolto e l’utilizzo nel lavoro delle competenze acquisite attraverso l’università, «risulta significativamente in calo», rileva lo studio, rispetto al 2008. Ma chi la dura la vince: Almalaurea rileva infatti che a distanza di cinque anni il tasso di occupazione arriva all’87% per i biennali e al 90% per i colleghi a ciclo unico. Perché, e questa è la buona notizia, al crescere del livello di istruzione cresce anche l’occupabilità: i laureati, alla lunga, sono «in grado di reagire meglio ai mutamenti del mercato del lavoro, perché dispongono di strumenti culturali e professionali più adeguati».
Donne e meridionali svantaggiati
Con l’accumulo di esperienza, migliora anche la stabilità del lavoro dei laureati e la coerenza tra titolo e lavoro svolto. L’unica nota dolente restano le buste paga: a tre anni dalla laurea, i laureati brevi guadagnano poco più di 1200 euro, quelli magistrali qualche decina di euro in meno, i magistrali a ciclo unico si mantengono ancora sui 1100 euro. A cinque anni dalla laurea, il guadagno mensile netto si aggira sui 1400 euro tra i laureati magistrali e sui 1350 per quelli a ciclo unico. Siamo ben lontani dal balzo che avviene in Francia e Germania, dove un laureato guadagna il 42% in più rispetto a un diplomato, o nel Regno Unito, dove il graduato percepisce il 53% in più rispetto a chi ha solo la maturità in tasca.
Scegliere la laurea giusta, far presto e conoscere le lingue: ecco le dritte per gli studenti
E dove non ci sono così tante differenze discriminatorie come in Italia, dove le donne e i meridionali in media hanno meno chance di collocarsi bene a differenza degli uomini e di quanti risiedono o hanno studiato al Nord. Cosa consigliare quindi ai nostri studenti, di fronte a questo scenario a ostacoli? Il rapporto Almalaurea, tra le righe, svela almeno tre dritte preziose. La prima: la scelta del corso di laurea va fatta considerando che, a parità di altre condizioni, i laureati di ingegneria e delle professioni sanitarie, nonché dei gruppi educazione fisica e scientifico risultano essere i più favoriti nella ricerca di lavoro, svantaggiati invece i colleghi dei percorsi giuridico-psicologico e geo-biologico. La seconda: è importante far presto, perché, più che i voti avuti all’università, quello che conta di fronte al potenziale datore di lavoro è l’età. L’ultima: le esperienze di lavoro, di qualsiasi natura, e la conoscenza della lingue (inglese e tedesco in prima linea) rafforzano la possibilità di lavorare. Il resto, è pura fortuna.
10 marzo 2014 | 10:43
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