sabato 15 marzo 2014

Sono anni che grazie a sindacati e confindustria in Italia non si muove una foglia. Guardare agli interessi dei giovani e avanti a tutta forza.

Matteo Renzi sul lavoro fa arrabbiare tutti

di   - 15/03/2014 - Ecco perché

Matteo Renzi sul lavoro fa arrabbiare tutti
Si era già scontrato con i sindacati e Confindustra, mostrando di non gradire la concertazione: «Ascoltiamo tutti, ma decidiamo noi», aveva spiegato Matteo Renzi, commentando in modo sprezzante («Ce ne faremo una ragione») anche le minacce (poi rientrate) di sciopero. Dopo qualche giorno di tregua, in seguito all’annuncio sul taglio del cuneo e l’aumento del prelievo sulle rendite, una nuova polemica si è aperta tra Cgil e governo, sul tema del lavoro: «Bisogna abolire il decreto legge sui contratti a termine. Aumenta la precarietà. Faremo di tutto per cancellarlo», ha attaccato il segretario Susanna Camusso. Non è stata l’unica a stroncare il decreto Poletti. Anche economisti e parte dello stesso Partito democratico – la minoranza interna – ha contestato le misure dell’esecutivo.
Il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi incontra i sindacati su Alitalia
CONTRATTI A TERMINE: CGIL E MINORANZE PD CONTRO IL DECRETO LAVORO – Sul sito Lavoce.info l’appello per cambiare il decreto lavoro era partito da Tito Boeri:
«Apre la possibilità di infinite proroghe di un contratto a tempo determinato con lo stesso datore di lavoro: tutte “le proroghe sono ammesse” nei primi tre anni. In principio si possono fare 365 x 3 contratti rinnovati di giorno in giorno. Di fatto il periodo di prova nel quale si può essere licenziati senza preavviso, indennità e alcuna giustificazione viene esteso a tre anni. Ogni discriminazione è possibile: ad esempio, alla notizia della maternità di una lavoratrice, il datore di lavoro potrà semplicemente non rinnovare il suo contratto», aveva spiegato l’economista.
Non è bastata la nota del ministero con cui è stato chiarito il tetto al numero di proroghe di un contratto a termine: 8 volte in 36 mesi. In pratica, «contratti di lavoro che possono avere mediamente una durata di quattro mesi e mezzo ciascuno. Una correzione apprezzabile, ma ancora insufficiente», ha replicato Boeri. Ma è stata Susanna Camusso ad annunciare la volontà della Cgil di chiedere l’abolizione del decreto. Soltanto pochi giorni fa, il giudizio era stato diverso sul pacchetto riforme annunciato da Renzi, con i tagli sul costo del lavoro attesi. «Se il governo non ci consulta, ma fa le cose che chiediamo, si va sulla strada giusta» aveva spiegato Camusso, ospite a “Otto e mezzo” su La7. Poi, tutto è cambiato in poche ore.  Il motivo? Secondo il Corriere della Sera, il sindacato – oltre a un fair play di base – si aspettava un decreto lavoro ben diverso: «Se la Cgil sapeva che la durata massima del contratto senza causale, riservato a chi è al primo impiego, sarebbe salita da uno a tre anni, temeva che lo stesso schema sarebbe stato esteso ai contratti successivi al primo», si legge. Camusso non era però a conoscenza del fatto che nel periodo di tre anni le proroghe si sarebbero moltiplicate. Tanto da partire poi all’attacco, annunciando la contrarietà del sindacato, nonostante la correzione di Poletti sul tetto massimo, giudicata insufficiente anche dalla Cgil. «Siamo disposti a discutere di un contratto unico, ma prima bisogna abolire il decreto», ha aggiunto Camusso. Il motivo? Per Camusso con questa impostazione Renzi ha smentito i suoi proclami: «Si è creata un’altra forma di precarietà. Una persona può essere assunta e licenziata per tre anni senza alcuna ragione e senza alcuna causa. Siamo preoccupati e contrari. Siamo all’opposto di quell’idea di riduzione della precaria e dell’incertezza dei lavoratori che sarebbe necessaria».  La polemica resta legata alla cancellazione di alcune misure previste nella (già contestata) Riforma Fornero. A partire  dal nodo dell’acausalità, ovvero la possibilità riconosciuta al datore di lavoro di non specificare le motivazioni che lo portano a fissare un termine al rapporto. Su Repubblica si spiegano quali sono le modifiche criticate:
«Di fatto, una vera mano libera sulle mansioni prima concessa solo per i primi 12 mesi, ora consentita per tutti e tre gli anni. Non solo: se la durata massima del contratto a termine resta fissata in 36 mesi (dopo bisogna passare a quello a tempo indeterminato), ora fra un contratto e l’altro non esiste più l’obbligo di una pausa di dieci o venti giorni. Considerando un massimo di otto proroghe — mentre il modello Fornero ne permetteva una sola — i rinnovi possono essere uno successivo all’altro. Il decreto prevede anche che — se i contratti collettivi non hanno già previsto un tetto — i contratti a termine possano coprire fino ad un massimo del 20 per cento dell’organico (ma le aziende sotto ai 5 dipendenti possono comunque stipularne uno). Quanto agli apprendisti, rispetto alla legge Fornero cade il divieto di non assumerne di nuovi se non ne sono stati confermati almeno il 30 per cento della precedente «tornata ». Cade anche l’obbligatorietà, per il datore di lavoro, di assicurare all’apprendista di secondo livello una formazione «trasversale », ovvero di garantirgli la frequenza di corsi regionali, se ci sono, o di organizzarglieli ad hoc»
Se per il ministero del Lavoro, «si potranno fornire spunti e proposte per un eventuale miglioramento» in Parlamento, è la minoranza Pd ad annunciare già di pretendere modifiche.
stefano fassina dimissioni
LE CRITICHE DI STEFANO FASSINA - Tra gli avversari interni del presidente del Consiglio è stato Stefano Fassina a contestare il decreto lavoro: «Non va bene, siamo passati dall’obiettivo del contratto a tutele crescenti alcontratto a precarietà permanente. Anche il nuovo limite degli 8 rinnovi è inaccettabile. E l’acausalità va ridimensionata. Siamo ricaduti nella discussione sulle regole: quando un’economia si contrae del 10% per creare lavoro non servono ricette liberiste, bisogna dare sostegno alla domanda», ha attaccato. Fassina si è scagliato contro la strada del «liberismo fallimentare» intrapresa finora dal governo: «Va anche prevista una quota di stabilizzazioni minime per il riutilizzo dei contratti di apprendistato. Il decreto così non va. Il lavoro si crea con il sostegno a consumi e investimenti», ha continuato.
 OK DA CISL, CONFINDUSTRIA IN ATTESA – I sindacati però sono divisi. Se la Cgil ha protestato, il segretario della Cisl Raffaele Bonanni ha spiegato di apprezzare il decreto: «I contratti a termine offrono anche dopo le modifiche del governo più garanzie delle altre forme di precarietà». Resta per ora in attesa anche Confindustria: «Non possiamo esprimere un giudizio definitivo, dobbiamo vedere la traduzione definitiva in fatti», ha spiegato Giorgio Squinzi.

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