NESSUNA CRISI
Lavoro sommerso, nel 2012 è salito al 12,1%
Record in Calabria. Bolzano la più virtuosa.
Il lavoro sommerso non conosce crisi, anzi. Nel 2012 il tasso di irregolarità è tornato a salire, arrivando a quota 12,1% dopo due anni in cui il fenomeno sembrava essersi un po' attenuato.
Piccoli movimenti su una quota che viaggia comunque sulla doppia cifra.
20% DI INVISIBILI AL SUD. Ad allargare l'area del nero continua ad essere il Sud, basti pensare che nel Mezzogiorno gli 'invisibili' sono al 20,9%, quindi uno su cinque. E diventano uno su tre in Calabria, dove si registra il picco assoluto.
A monitorare il fenomeno è stato l'Istat, che in settimana ha pubblicato le cifre aggiornate in una banca dati con più di 200 indicatori territoriali per le politiche di sviluppo.
PER LORO NESSUNA TUTELA. D'altra parte il sommerso non solo la dice lunga sullo stato di salute dell'economia, ma la sua misurazione è condizione necessaria per assicurare l'esaustività nel calcolo del prodotto interno lordo.
La stima riguarda tutte le prestazioni svolte senza il rispetto della normativa vigente in materia fiscale-contributiva, quindi non osservabili direttamente presso le imprese, le istituzioni e le fonti amministrative. In altre parole è un esercito di lavoratori nascosti, che non risultano da nessuna parte, con tutto ciò che ne consegue sul fronte delle tutele.
COMPRESI I CLANDESTINI. Rientrano nel sommerso anche le prestazioni svolte dagli stranieri non residenti e non regolari, come i clandestini. Inoltre il fenomeno include il 'doppio lavoro', ovvero gli impieghi che si aggiungono al principale e che non vengono dichiarati al fisco.
Sempre nel nero finiscono gli studenti, le casalinghe o i pensionati che hanno magari occupazioni occasionali, ma che non figurano ufficialmente tra le forze lavoro.
PIÙ IRREGOLARI NELL'AGRICOLTURA. Guardando nel dettaglio le cifre a livello territoriale, a fronte di una media nazionale, pari al 12,1% (in lieve aumento da 12,0% del 2011), c'è un Sud che sconta una percentuale quasi raddoppiata. Insomma le differenze non mancano e a fare peggio sono la Calabria (30,9%), il Molise (24,6%) e la Sardegna (22,9%).
Al contrario, la provincia autonoma di Bolzano risulta la più virtuosa (7,0%), seguita dalla Lombardia (7,1%) e dall'Emilia Romagna (7,9%). Ovviamente i divari non solo attraversano il Paese dal Nord al Mezzogiorno, ma si fanno sentire anche passando da un settore all'altro. Tradizionalmente l'incidenza, parlando sempre delle unità di lavoro irregolari, risulterebbe maggiore nell'agricoltura, in alcuni servizi (commercio e pubblici esercizi) e nell'edilizia.
Piccoli movimenti su una quota che viaggia comunque sulla doppia cifra.
20% DI INVISIBILI AL SUD. Ad allargare l'area del nero continua ad essere il Sud, basti pensare che nel Mezzogiorno gli 'invisibili' sono al 20,9%, quindi uno su cinque. E diventano uno su tre in Calabria, dove si registra il picco assoluto.
A monitorare il fenomeno è stato l'Istat, che in settimana ha pubblicato le cifre aggiornate in una banca dati con più di 200 indicatori territoriali per le politiche di sviluppo.
PER LORO NESSUNA TUTELA. D'altra parte il sommerso non solo la dice lunga sullo stato di salute dell'economia, ma la sua misurazione è condizione necessaria per assicurare l'esaustività nel calcolo del prodotto interno lordo.
La stima riguarda tutte le prestazioni svolte senza il rispetto della normativa vigente in materia fiscale-contributiva, quindi non osservabili direttamente presso le imprese, le istituzioni e le fonti amministrative. In altre parole è un esercito di lavoratori nascosti, che non risultano da nessuna parte, con tutto ciò che ne consegue sul fronte delle tutele.
COMPRESI I CLANDESTINI. Rientrano nel sommerso anche le prestazioni svolte dagli stranieri non residenti e non regolari, come i clandestini. Inoltre il fenomeno include il 'doppio lavoro', ovvero gli impieghi che si aggiungono al principale e che non vengono dichiarati al fisco.
Sempre nel nero finiscono gli studenti, le casalinghe o i pensionati che hanno magari occupazioni occasionali, ma che non figurano ufficialmente tra le forze lavoro.
PIÙ IRREGOLARI NELL'AGRICOLTURA. Guardando nel dettaglio le cifre a livello territoriale, a fronte di una media nazionale, pari al 12,1% (in lieve aumento da 12,0% del 2011), c'è un Sud che sconta una percentuale quasi raddoppiata. Insomma le differenze non mancano e a fare peggio sono la Calabria (30,9%), il Molise (24,6%) e la Sardegna (22,9%).
Al contrario, la provincia autonoma di Bolzano risulta la più virtuosa (7,0%), seguita dalla Lombardia (7,1%) e dall'Emilia Romagna (7,9%). Ovviamente i divari non solo attraversano il Paese dal Nord al Mezzogiorno, ma si fanno sentire anche passando da un settore all'altro. Tradizionalmente l'incidenza, parlando sempre delle unità di lavoro irregolari, risulterebbe maggiore nell'agricoltura, in alcuni servizi (commercio e pubblici esercizi) e nell'edilizia.
Sabato, 01 Marzo 2014
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