EDITORIALE
Lo scandalo Sanremo e la pelosa umanità alla Del Debbio
Il caso assenteisti dimostra come la società non sia più pulita dei politici che critica.
di Paolo Madron
|
23 Ottobre 2015Share on facebook
Sanremo, dopo il festival della canzone quello degli assenteisti, 200 e passa dipendenti comunali indagati perché in orario di lavoro stavano in tutt’altre faccende affaccendati, 45 arrestati, una messe impietosa di riprese nascoste con gente che arrivava a timbrare fino a 12 cartellini, segno che esiste e prospera una solidarietà della truffa.
Oggi timbro io e ti copro mentre vai a fare la spesa o, come in alcuni casi, una remata in canoa sul prospiciente mare. Domani timbri tu e mi restituisci il favore. Il filmato più esilarante, quello di un vigile urbano che di buonora timbra in vestaglia e mutande e poi torna, immaginiamo, nel letto appena lasciato.
QUELLE CRITICHE IPOCRITE ALLA CASTA. A seguire, interviste contrite del sindaco che dice sì, interverremo duramente, ma bisogna distinguere, non fare di tutta l’erba un fascio, non bloccare la macchina comunale che pur deve quotidianamente servire i cittadini e quant’altro.
Tutto bene, anzi, tutto male. Ma c’è una cosa che irrita più di tutte. Che tra questi 200 usurpatori di cartellino e di pubblica fiducia ce ne saranno sicuramente molti che, nelle conversazioni al bar o nelle pause (che, visto l’andazzo, dovevano essere molto lunghe), avranno imprecato contro il governo ladro, le tasse che li soffocano, la politica che non fa nulla per risolvere i problemi.
Molti di loro, sicuramente, saranno anche scesi in piazza a urlare la loro rabbia davanti a qualche telecamera stile programmi del tribuno della plebe Del Debbio, quello che dà voce e volto all’altrimenti indistinto rumore di fondo di folle eternamente mugugnanti, di un’umanità contro a prescindere, dove la metamorfosi del cervello in pancia ha già prodotto i suoi nefasti danni.
I CITTADINI, SPECCHIO DELLA POLITICA CHE LI RAPPRESENTA. Ma poi, per fortuna, arrivano episodi come quelli di Sanremo a rimettere un po’ in riga questo esercito di malmostosi, di gente per la quale il caos e le ingiustizie sono solo il prodotto di chi li governa, e loro le vittime dall’etica adamantina stabilmente collocate dalla parte del giusto.
Il caso Sanremo aiuta a capire gli incalcolabili disastri che producono quei programmi tivù che danno libero microfono alle piazze, esponendo il politico in studio (che magari se lo merita anche, ma non è questo il punto) al ludibrio. In primis quello di far credere che i cittadini sono sempre e comunque migliori di chi li rappresenta nelle istituzioni, che la società è pulita e la politica che la amministra è sporca e corrotta, che loro sono il bene e il male sta altrove.
Quando invece ne sono esattamente lo specchio, la quintessenza della loro ruberia portata al potere per poi linciarla esorcizzando così nel sempiterno berciare la suburra che si è impadronita delle loro coscienze.
Oggi timbro io e ti copro mentre vai a fare la spesa o, come in alcuni casi, una remata in canoa sul prospiciente mare. Domani timbri tu e mi restituisci il favore. Il filmato più esilarante, quello di un vigile urbano che di buonora timbra in vestaglia e mutande e poi torna, immaginiamo, nel letto appena lasciato.
QUELLE CRITICHE IPOCRITE ALLA CASTA. A seguire, interviste contrite del sindaco che dice sì, interverremo duramente, ma bisogna distinguere, non fare di tutta l’erba un fascio, non bloccare la macchina comunale che pur deve quotidianamente servire i cittadini e quant’altro.
Tutto bene, anzi, tutto male. Ma c’è una cosa che irrita più di tutte. Che tra questi 200 usurpatori di cartellino e di pubblica fiducia ce ne saranno sicuramente molti che, nelle conversazioni al bar o nelle pause (che, visto l’andazzo, dovevano essere molto lunghe), avranno imprecato contro il governo ladro, le tasse che li soffocano, la politica che non fa nulla per risolvere i problemi.
Molti di loro, sicuramente, saranno anche scesi in piazza a urlare la loro rabbia davanti a qualche telecamera stile programmi del tribuno della plebe Del Debbio, quello che dà voce e volto all’altrimenti indistinto rumore di fondo di folle eternamente mugugnanti, di un’umanità contro a prescindere, dove la metamorfosi del cervello in pancia ha già prodotto i suoi nefasti danni.
I CITTADINI, SPECCHIO DELLA POLITICA CHE LI RAPPRESENTA. Ma poi, per fortuna, arrivano episodi come quelli di Sanremo a rimettere un po’ in riga questo esercito di malmostosi, di gente per la quale il caos e le ingiustizie sono solo il prodotto di chi li governa, e loro le vittime dall’etica adamantina stabilmente collocate dalla parte del giusto.
Il caso Sanremo aiuta a capire gli incalcolabili disastri che producono quei programmi tivù che danno libero microfono alle piazze, esponendo il politico in studio (che magari se lo merita anche, ma non è questo il punto) al ludibrio. In primis quello di far credere che i cittadini sono sempre e comunque migliori di chi li rappresenta nelle istituzioni, che la società è pulita e la politica che la amministra è sporca e corrotta, che loro sono il bene e il male sta altrove.
Quando invece ne sono esattamente lo specchio, la quintessenza della loro ruberia portata al potere per poi linciarla esorcizzando così nel sempiterno berciare la suburra che si è impadronita delle loro coscienze.
Nessun commento:
Posta un commento