sabato 24 ottobre 2015

Riceviamo e pubblichiamo.

Caselli voleva la standing ovation dei giudici contro Renzi

Il Fattone
Gian Carlo Caselli alla presentazione della riforma per i reati agroalimentari a Expo, Milano, 27 luglio 2015.  ANSA/DANIELE MASCOLO
Per l’ex Procuratore di Torino il mancato applauso non è dovuto alle parole usate da Sabelli, ma alla voglia di quieto vivere.
Mentre i sindacalisti dell’Anm si riuniscono a Bari per lanciare le abituali invettive contro la democrazia rappresentativa e lo Stato di diritto, il Fatto si rivolge a Gian Carlo Caselli per un parere disinteressato. E l’ex Procuratore di Torino e di Palermo non delude: se Rodolfo Sabelli – il Landini delle toghe dure e pure – ha avuto pochi applausi per la sua requisitoria contro il governo, è perché “una polemica dopo l’altra, una bastonata dopo l’altra, il magistrato medio è sempre più stanco e tentato dal quieto vivere”.
E’ una dichiarazione molto grave, che merita tutta l’attenzione del caso. Se non applaudi il capo del sindacato non è perché non sei d’accordo con lui, non è perché sostenere che Renzi si occupa più di intercettazioni che di lotta alla mafia è un’affermazione lievemente esagerata, non è perché la solitaria battaglia dell’Anm contro il governo può forse danneggiare l’esercito di magistrati perbene che lavorano in silenzio lontani dai riflettori: no, se non applaudi il capo del sindacato è perché sei un vigliacco.
Ma se così stanno le cose, se il “magistrato medio” che Caselli tanto disprezza è “tentato dal quieto vivere” e, anziché fare comizi incendiari, rilasciare interviste, affollare i talk show e fondare partiti si piega spaventato e intimorito all’arbitrio del potere politico, come si può poi sostenere, come sostiene Caselli nella stessa intervista, che “l’unico privilegio della magistratura è l’indipendenza”? Delle due l’una: se i magistrati sono davvero indipendenti e ragionano con la loro testa, possono anche pensare che la politicizzazione selvaggia della magistratura sia un danno prima di tutto al loro lavoro di onesti amministratori della giustizia. Se invece non sono altro che un gregge opaco di pecorelle impaurite, perché mai dovremmo fidarci di loro? Insomma, o Caselli ha ragione, e allora la giustizia in Italia non c’è più, oppure a sbagliare è la magistratura militante, e allora tutte le giaculatorie sull’indipendenza e l’autonomia sono soltanto il paravento sempre più esile dietro il quale un manipolo di attivisti vorrebbe nascondere il proprio fallimento professionale e politico.

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