giovedì 2 ottobre 2014

Il merito in Italia? E come attuarlo con dei sindacati che sono l'espressione concreta della peggiocrazia?

2/10/2014

I ragazzi vogliono la meritocrazia, non il posto fisso

I desideri dei giovani: “Vogliono lavorare per le aziende italiane. L’art.18? Non li riguarda”

(Getty Images/Gonzalo Arroyo Moreno/Stringer)

   
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Articolo 18 sì, articolo 18 no. Quanto 20 e 30enni italiani siano coinvolti nella discussione sulla riforma del mercato del lavoro non ci è dato sapere. Quello che sappiamo, però, è che i desideri lavorativi dei padri non sono uguali a quelli dei figli. «I Millennial sono la prima generazione che pone la meritocrazia come valore primario nella scelta delle aziende per cui lavorare, non il posto fisso né lo stipendio», dice Federico Capeci, direttore generale di Duepuntozero Research del gruppo Doxa, che dopo il suo ultimo libro #Generazione 2.0 il 6 ottobre prossimo presenterà alla Camera dei deputati i dati di una nuova indagine sulle scelte lavorative dei giovani italiani (dati che Linkiesta ha potuto visionare in anticipo). «I vecchi specchietti per le allodole validi per la generazione dei paninari ormai non valgono più», dice Capeci. Il grande nome non conta. Né le garanzie a lungo termine. Internet ha abituato i ragazzi al qui e ora. «La flessibilità è insita nei giovani, se cresci con un aereo che si schianta sulle Torri Gemelle mentre guardi la tv sai di non poter contare su nessun diritto acquisito. Ai ragazzi non importa se ci sia o meno l’articolo 18, a loro importa, qualunque contratto abbiano, di poter avere dei cuscini di salvataggio per garantirsi un progetto di vita».
E quando si domanda loro quali siano i fattori fondamentali nella scelta dell’azienda per cui lavorare, le risposte sono illuminanti. Quello che chiedono è che l’azienda garantisca una crescita professionale basata sulla meritocrazia, che offra opportunità di carriera e che operi in un settore a cui il candidato è interessato. La garanzia di uno stipendio alto all’ingresso passa in secondo piano, «i ragazzi chiedono piuttosto un incremento lavorativo basato sul merito». Stesso discorso per la notorietà dell’azienda. Nella scelta quello che conta è la reputazione del datore di lavoro, sulla quale i ragazzi si informano in Rete e sui social «non solo per quanto riguarda le tematiche corporate ma anche su come vengono gestiti all’interno i dipendenti».

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