Jobs act, sindacati divisi sulla mobilitazione contro Matteo Renzi. Alla Cisl non piace l'asse Camusso-Landini
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Tre ore di discussione vera, serrata, ma alla fine Susanna Camusso e il dimissionario Raffaele Bonanni la quadra non l'hanno trovata. Nonostante i ripetuti tentativi di Luigi Angeletti per avvicinare le posizioni di Cgil e Cisl, “se restiamo divisi siamo tutti troppi deboli davanti al governo”.
Alla fine il risultato è un comunicato congiunto in cui si annuncia il “proseguimento del confronto per l'elaborazione di una piattaforma unitaria”. Sindacalese puro, per dire che di fronte all'iniziativa del governo su Jobs Act e articolo 18 le posizioni restano distanti. E non è solo una questione di forme di lotta.
La Cgil ha offerto la propria disponibilità a modificare la data del 25 ottobre per una manifestazione di piazza unitaria, senza alcuna pretesa di primogeniture. Ma la Cisl, nella cui sede si è tenuto il vertice a tre, ha risposto che era meglio partire con delle mobilitazioni “sui territori, “ sui temi del fisco, del lavoro e dello sviluppo”, non solo dell'articolo 18. Niente piazza, almeno non subito. “Non ci possiamo scagliare all'arma bianca in modo preventivo”, spiegano dalla Cisl. Neppure se fosse annunciato un decreto legge: “Non siamo noi a scegliere gli strumenti di legge”.
Il punto è che anche l'intervista di Renzi a Fazio domenica sera è stata letta con due lenti diverse. Camusso è rimasta colpita dalle frasi del premier sulla libertà di licenziare per gli imprenditori. “E' la prima volta che questa cosa viene detta in Italia, credo sia giusto concentrarci su questo”, ha tuonato la leader Cgil. La stessa frase del premier invece non ha sconvolto Bonanni, assai più attento agli annunci sull'abolizione di alcune forme di contratti precari come i co.co.pro. “E' un' apertura positiva, se il governo nella delega mettesse un vero disboscamento noi saremmo a favore, anche se ci fosse contestualmente una revisione dell'articolo 18”, fanno sapere fonti Cisl.
Distanza siderale, dunque? Non proprio, perché di fronte a un testo della delega ancora vago, a un percorso parlamentare ancora tutto da scrivere e a vari annunci del premier o di ministri, per i sindacati è difficile organizzare una piattaforma, una mobilitazione o qualsiasi altra forma di lotta che “parta dal merito”, come continua a insistere la Cisl. Sintetizza il leader Uil: “Dal governo sono arrivate una marea di dichiarazioni molto cangianti. Non conosco come sarà la nuova legge, per questo è importante che il governo dica che intenzioni ha per modificare le regole del lavoro”. E Camusso: “Non c'è nessuna divisione, c'è un lavoro che stiamo facendo insieme, è stato un incontro di valutazione e proposta più che di mobilitazione”. “Ognuno ha deciso le proprie forme di mobilitazione e le manterrà”, dice ancora leader Cgil, “ma c'è una buona discussione sulla piattaforma unitaria” che terrà insieme pensioni e fisco (su cui c'è già l'accordo) e mercato del lavoro.
A Corso d'Italia resta dunque un certo ottimismo. Anche perché le prossime settimane saranno comunque dense di iniziative sindacali. Il 30 settembre i metalmeccanici della Cisl saranno in piazza Montecitorio con Annamaria Furlan, il successore designato di Bonanni al suo debutto. La stessa Cisl tornerà a mobilitarsi sui territori il 18 ottobre. E poi il 25 piazza San Giovanni con Camusso e Landini.
“Marciare divisi per colpire uniti”, sintetizza una fonte Cisl, che ricorda come le tre sigle abbiano trovato una larga intesa sull'iniziativa prevista per il 6 ottobre a Roma con la Ces, la Confederazione europea dei sindacati.
“Marciare divisi per colpire uniti”, sintetizza una fonte Cisl, che ricorda come le tre sigle abbiano trovato una larga intesa sull'iniziativa prevista per il 6 ottobre a Roma con la Ces, la Confederazione europea dei sindacati.
Tutti arrabbiati perchè Renzi avrebbe declinato qualsiasi ipotesi di incontro, “ed è la prima volta che alla vigilia del vertice europeo sul lavoro il premier del Paese che guida il semestre Ue nega l'incontro ai sindacati europei”, spiegano fonti Cgil. “Al premier glielo faremo dire dai colleghi di tutta Europa che il dialogo sociale si deve fare”, chiosano fonti Cisl. Insomma, sull'”eurosgarbo” di Renzi Cgil, Cisl e Uil marciano unite. E si preparano a farsi sentire in vista dell'8 ottobre, quando in Italia si terrà il vertice europeo su lavoro e disoccupazione.
Tornando in Italia, restano invece le divisioni. In casa Cisl non è piaciuto il rinnovato asse di lotta tra Camusso e Landini. “Noi scioperi preventivi non ne facciamo”, ribadiscono. La leader Cgil, dal canto suo, non crede affatto alle promesse del premier sulla riduzione del precariato: “Questa intenzione non mi pare ci sia nelle delega e nelle parole del premier. E Renzi neppure sa che che il co.co.co come modello contrattuale non esiste più...”.
Angeletti invece ha reagito alla frase del premier a proposito dei sindacati che “ci fanno la lezione ma non applicano l'articolo 18 ai loro dipendenti”: “Renzi non conosce neppure la Costituzione, noi siamo una organizzazione di tendenza. Vuole parlare direttamente con i lavoratori? Sono 17 milioni, ci vorrà un po' di tempo visto che non vuole parlare con chi li rappresenta...”.
Nel 2002, dopo i tre milioni del Circo Massimo contro l'abolizione dell'articolo 18 (era il 23 marzo) si arrivò meno di un mese dopo a uno sciopero generale unitario con Cisl e Uil il 16 aprile sul tema del lavoro e dell'articolo 18. La stessa estate il fronte sindacale si spaccò ancora una volta, grazie anche al lavoro dell'allora sottosegretario al lavoro Maurizio Sacconi che riuscì a convincere Pezzotta e Angeletti: a luglio Cisl e Uil firmarono con il governo Berlusconi il Patto per l'Italia, la Cgil di Cofferati no. Seguì una lunga fase di divisioni tra i tre sindacati confederali.
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