domenica 4 maggio 2014

Quante stupidate hanno detto i grillini e i leghisti su queste cifre. Bugiardi come sempre o, nella migliore delle ipotesi, incapaci e incompetenti.

Le cifre dei politici sul Fiscal Compact? Sono false

Non è vero che ci attendono 50 o 40 miliardi di tagli all’anno. Saranno di 17 miliardi per due anni
(Sean Gallup/Getty Images)

(Sean Gallup/Getty Images)

  
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Fact check EU - speciale europeeIl termine “Fiscal compact” si è ormai inserito da mesi prepotentemente nel linguaggio dei media nazionali. Specialmente da quando siamo entrati nel pieno della campagna elettorale per le elezioni europee ha progressivamente perso la propria semantica originaria, legata al grigio e neutroburocratese europeo, per trasformarsi in un vero e proprio anatema in grado di stimolare nelle menti di molti elettori immagini di scenari apocalittici.
Il passaggio “incriminato” è quello relativo all’articolo 4 del Trattato sulla Stabilità, sul Coordinamento e sulla Governance:
Quando il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo di una parte contraente supera il valore di riferimento del 60% [...] tale parte contraente opera una riduzione a un ritmo medio di un ventesimo all’anno come parametro di riferimento.
Il linguaggio è un po’ arzigogolato e oscuro, e per tradurlo vogliamo partire dalle dichiarazioni di due politici italiani che in questi mesi ne hanno dato una loro interpretazione particolarmente drammatica.
Uno dei primi a parlarne è stato Beppe Grillo in una dichiarazione di fine 2013, poi ripresa numerose volte in altre interviste (l’ultima il 28 aprile su Agorà), comizi e in interventi sul suo blog, nel quale il leader M5S ha inoltre affermato di voler procedere all’abolizione del Fiscal Compact. In questa dichiarazione Grillo afferma che per riuscire a rispettare i parametri imposti dal provvedimento sarà necessario «tagliare la spesa di 50 miliardi all’anno per vent’anni».
Più recentemente anche la leader di Fratelli D’Italia, Giorgia Meloni, si è lanciata in una affermazione analoga dicendo che per rispettare il diktat del Fiscal Compact bisognerà procedere a «tagli lineari di 40 miliardi per 20 anni».
Ma è davvero così?
Un’analisi superficiale della matematica utilizzata dai due leader sembra dar loro ragione, anche se con cifre leggermente diverse. Il calcolo utilizzato appare piuttosto semplice:
Debito pubblico italiano (stima 2014 del FMI): 2.134 miliardi (134% del Pil)
Pil italiano (stima 2014 del FMI): 1.586 miliardi
60% del Pil= 951,6 miliardi
Debito (2.134 miliardi) – 60% del Pil (951,6 miliardi) = 1.182,4
Un ventesimo di 1182,4 miliardi = 59,12 miliardi
Tutto perfettamente lineare, apparentemente. Anzi, le cifre riportate dai due leader euroscettici sembrano addirittura “ottimistiche”.
Purtroppo, però, nella realtà della contabilità e della legislazione economica il lessico utilizzato si presta facilmente a distorsioni e a rappresentazioni fuorvianti della realtà.

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Il problema principale delle dichiarazioni di Grillo e Meloni è quello di dare per scontato che Pil e debito senza questi tagli drammatici rimangano invariati e che, soprattutto, rimanga invariato il loro rapporto. Trascurano infatti – forse opportunisticamente – che una crescita moderata del Pil basterebbe da sola a far rispettare al nostro Paese i vincoli del Fiscal Compact. Non solo: è opportuno sottolineare che in questo caso il tasso di crescita da utilizzare per il calcolo sarebbe quello “nominale” (ovvero comprensivo dell’inflazione) e non quello più comunemente utilizzato della “crescita reale” (al netto dell’inflazione). L’inflazione dell’euro ha infatti l’effetto di far aumentare il valore “in euro” del nostro Pil (nonostante esso cresca meno in termini reali) e quindi di migliorare il suo rapporto con il totale del debito pubblico.
Il processo di rientro, inoltre, non sarebbe immediato come paventano i due leader politici. La regola dell’1/20 (o del 5% che si voglia dire) diventa vincolante solo tre-quattro anni dopo che un Paese è uscito dalla “sorveglianza speciale” dell’Ue all’interno della procedura di disavanzo eccessivo, ossia quando ha portato il proprio deficit sotto il livello del 3% del Pil. Visto che l’Italia è uscita solo a giugno 2013 dalla procedura di infrazione, non dovrà rispettare la regola del 5% prima del 2016-17.

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Pagella Politica e FactCheckEU hanno cercato quindi di calcolare l’ammontare realistico dei tagli che l’Italia dovrà operare a partire dal 2016 utilizzando le stime della crescita nominale del Pil e del debito pubblico italiani fornite dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) e di compararne i risultati con le previsioni indicate da Beppe Grillo e Giorgia Meloni.
Per comprendere come dovrebbe funzionare il calcolo corretto della variazione tra debito e Pil, e quindi dei tagli necessari per star dentro i parametri del Fiscal Compact, prendiamo come esempio le previsioni 2015-2016 del Fondo Monetario e proviamo a calcolare:
Debito previsto 2015 (milioni di euro): 2.162.417
Rapporto debito/Pil previsto 2015: 133,12%
Debito previsto 2016 (milioni di euro): 2.175.888
Rapporto debito/Pil previsto 2016: 130,47%
Differenza tra il rapporto debito-Pil 2015 e 2016: 2,65%
2,65% sarà quindi la riduzione “naturale” prevista per il rapporto debito-Pil tra il 2015 e il 2016 senza operare nessun taglio. Sarà però sufficiente a coprire il famoso “ventesimo” della differenza tra debito e 60% del Pil del 2015?
Per saperlo calcoliamo innanzi tutto la differenza tra 133% di rapporto debito-Pil del 2015 e il 60% del Pil:
133%-60%=73%
Un ventesimo di 73%=3,66%
La riduzione “naturale” necessaria per coprire senza tagli la riduzione del fatidico ventesimo sarebbe dunque dovuta essere del 3,66% e non del 2,65 per cento. Per ottenerla dovremo quindi procedere effettivamente a tagli aggiuntivi per la differenza tra 3,66% e 2,65%; ovvero 1,01 per cento.
L’1,01% del Pil 2016 (che secondo l’FMI ammonterà a 1667,779 milioni di euro) è 16,8 miliardi.
16,8 miliardi sarà quindi la cifra dell’intervento di taglio del debito necessaria nel 2016 stando alle stime del Fondo Monetario. Consistente, ma ben lontana dai 40 o 50 miliardi previsti da Grillo e Meloni. Da sottolineare, inoltre, come stando alle stesse previsioni sarà necessario solo un ulteriore intervento di taglio aggiuntivo (dell’ammontare ben più ridotto di 5,4 miliardi) negli anni 2017-2018 mentre per tutti gli altri anni la variazione “naturale” del rapporto debito-Pil sarà sufficiente a soddisfare i parametri del Fiscal Compact.
Abbiamo quindi proceduto a costruire una tabella per confrontare le dichiarazioni di Meloni e Grillo con i calcoli dei tagli effettivi da operare basati sulle stime del Fmi. Per completezza si è provveduto ad aggiungere uno scenario più pessimistico che prevede una prevista crescita nominale ben più bassa di quella stimata dall’Fmi causata dalla possibile persistenza di una bassa inflazione nell’area-euro.


Descrizione
Taglio annuo
Taglio complessivo
Raggiungimento dell’obiettivo del 60%
Scenario "Meloni"
Tagli "lineari" di 40 mld
40 mld euro
800 mld euro
2033
Scenario "Grillo"
Tagli di 50 mld
50 mld euro
1.000 mld euro
2030
Scenario A
Taglio del rapporto debito/Pil di 1/20 della differenza dal 60% con stima FMI di crescita nominale del 2,6%
7,4 mld euro
22,2 mld euro
2047
Scenario B
Come A ma con crescita nominale di 1,6% invece di 2,6%
7,4 mld euro
170,4 mld euro
2062
(Per una analisi completa dei calcoli fatti per giungere a questi risultati vi rimandiamo ai nostri fogli excel accessibili a tutti qui e qui)
Nel leggere queste previsioni è importante inoltre ricordare che per evitare ulteriori aumenti del debito (e quindi nuovi deterioramenti del rapporto debito-Pil) sarà necessario l’azzeramento del deficit di bilancio che dovrà rimanere in sostanziale pareggio per molti anni.
Il Fiscal Compact, insomma, non è certamente un provvedimento privo di costi per le nostre casse statali; esso implicherà un cambiamento radicale della mentalità che ha caratterizzato l’amministrazione delle finanze pubbliche italiane negli ultimi decenni e comporterà, come abbiamo visto, tagli ulteriori alla spesa. Un conto, però, è parlare con franchezza di un provvedimento duro e dagli effetti anche dolorosi soprattutto nei primi anni della sua applicazione; altra cosa invece è agitare lo spauracchio di tagli lineari annui da decine di miliardi e paventare scenari apocalittici di svendita dei beni pubblici italiani.  

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