sabato 10 maggio 2014

Un popolo di piagnucoloni che vota sempre le stesse persone corrotte e poi si lamenta. Non contento questo popolo cambia i ladri con i fessi. Senza mai cambiare niente. Perché questa è la natura del nostro paese. Chiedere sempre ad altri quello che potremmo e dovremmo fare noi.

#Italia2014 Piangere sempre, cambiare mai

Perché il Paese non impara mai dagli errori. Cinque riflessioni sugli arresti di questi giorni
Gente che discute

Discussioni - Flickr/Skrycchio

 
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Siamo il paese dello stupore, delle false sorprese, delle discussioni infinite. Ci stracciamo le vesti per 3-4 giorni, gridiamo allo scandalo su giornali e tv, gettiamo qualche mostro tra le braccia di un'opinione pubblica abituata a reclamare i propri trofei e poi ricominciamo come prima e più di prima. La coazione a ripetere è il vero sport nazionale perché non impariamo mai dalle cose che accadono. Piangere sempre (lacrime di coccodrillo), cambiare mai. L'emergenza e l'iperbole sono la nostra normalità.
Negli ultimi giorni in Italia c'è stata una raffica di arresti che sta facendo scalpore. Personaggi più o meno noti ma tutti a loro modo importanti. Dall'ex ministro forzista Claudio Scajola all'ex presidente della pallacanestro Siena "vinci tutto" Ferdinando Minucci (fresco di nomina alla guida della Lega basket); dai tre fratelli Magnoni, personaggi tra i più noti e frequentati nell'inner circle della finanza italiana fino alla retata Expo che ha colpito il "responsabile dell'ufficio contratti" Angelo Paris, imprenditori in vista come Enrico Maltauro e faccendieri evergreen legati alla politica come Primo Greganti e Gianstefano Frigerio. Solo un mese prima, la struttura Expo era già stata falcidiata dall'arresto diAntonio Rognoni, ex potente amministratore delegato di Infrastrutture Lombarde. Con le elezioni europee che cadono tra due settimane, secondo alcuni ci sarebbe un meccanismo a orologeria alla base di questi blitz, clamorosi e ravvicinati. Una specie di spallata a quel che resta del sistema, riassunta icasticamente nei titoli di due giornali per molti versi agli antipodi: "Li stanno arrestando uno a uno" (Il Fatto Quotidiano); "Manette grilline" (Libero). Non sarebbe la prima volta che la magistratura si muove con tempistiche maliziose, facendo supplenza, tanto più oggi che mostra profonde divisioni al suo interno. Ma qui a Linkiesta c'interessa di più riflettere su altri vizi che emergono da queste ultime retate. Cinque brevi riflessioni sul perchè questo paese continua a ripetere gli stessi errori e gli stessi autogol.

Moralismo contro regole. Ogni volta che scoppia uno scandalo, vero o presunto che sia, in Italia tendiamo a fissarci sulle persone e sulle intercettazioni, da consumare in un sorso come un caffè al banco del bar. Ci soffermiamo sul gossip, la commedia umana, le note spesa di batman Fiorito, i post-it con la divisione delle tangenti infilati nelle mutande di qualche faccendiere o le frasi pecorecce sulla moglie di tizio o di caio finendo per perdere di vista la sostanza: l'intreccio malato tra politica e affari, la quantità sterminata di soldi pubblici gestiti con discrezionalità tra le pieghe di regole troppo stratificate, troppo barocche, troppo burocratiche. Brodo di coltura perfetto per faccendieri, trafficoni e corruzioni di ogni risma. Nel caso di Expo, se verranno provate le accuse, saremmo al ritorno dell'identico: imprenditori a caccia di appalti e manager pubblici in carriera che si accompagnano in progetti sempre sul filo del tempo che scade. E si sa che l'emergenza è la mamma di tutte le deroghe. Purtroppo in Italia va così da tempi immemori e ogni tangentopoli che scoppia non serve a nulla perché il moralismo fa premio su tutto. Invece che regolare con trasparenza il mestiere del lobbysta, come avviene negli Usa, o di ridurre il perimetro di quel che gestisce uno stato moderno, ci si affida al lavacro giudiziario o si scrive l'ennesima nuova legge che puntualmente va a sommarsi alle precedenti, generando nuova discrezionalità, nuova palude, nuove interpretazioni. Con una aggravante: ai tempi di Mani Pulite c'erano i partiti, oggi si sono ridotti in comitati d'affari, caciccati, movimenti personali. E la malapolitica può essere persino peggiore.
 
Etica sotto i tacchi. Dire che il moralismo è il nemico di ogni vera riforma non significa sottovalutare la gravissima caduta di etica che attraversa questo paese, anzi. Comunque finiranno le inchieste, dalle intercettazioni di queste ore esce fuori un sottobosco di frequentazioni, amicizie, tresche che lascia sbalorditi (anche scontando millanterie e mitomanie di qualche protagonista). S'incontrano faccendieri pregiudicati e intermediari pluri condannati che parlano con politici, ministri, cardinali, manager pubblici e funzionari dello stato di prima fascia. Come si fa a dare credito o incarichi a questa gente se sei una importante cooperativa, un'azienda statale, un politico di peso? Come si fanno ad avere questi interlocutori? Siamo davvero caduti così in basso? Ci siamo assuefatti a tal punto che certi curriculum non producono più sanzione sociale? Anche il caso dei fratelli Magnoni è sintomatico: sono amici (o sono stati amici) di tutti i grandi capitalisti di questo paese, nessuno escluso, hanno fatto gli advisor per mezzo salotto buono, moltissimi deal degli ultimi 25 anni portano la loro firma, la privatizzazione Telecom in testa. Delle due l'una, se venissero provate le accuse: o nessuno si è mai accorto di avere come amici, consulenti o confidenti, questa gente, oppure una riflessione va estesa a tutto un sistema che, per cinismo, connivenza o semplice ipocrisia, ha totalmente sbragato su regole, controlli e sanzioni sociali.
 
Che ne sarà di Expo? Anche se finirà tutto in una bolla di sapone, lo sputtanamento internazionale di Expo è assicurato e sembra il normale destino di un grande evento (sulla scia dei Mondiali di nuoto, le universiadi, Italia 90, l'anno santo o il G8) che comincia tra i litigi e le beghe politiche, si scontra con la tirannia del tempo che scorre e finisce per fare tutto in deroga e sotto commissariamento, spesso apripista di commistioni e intrallazzi. Sembra che questo paese non riesca mai a valorizzare le cose che fa. Il proprio potenziale. Non vale solo per il profondo sud, qui siamo nella ricca e civile Lombardia dove la sanità è da anni nell'occhio del ciclone, gli appalti pubblici sono intossicati da mafie, politici e imprenditori collusi, le bonifiche sono diventate una grande torta da spartirsi, e una grande opera come Malpensa non si è stati in grado di sfruttare e valorizzare. Non possono essere solo casi isolati, presi nel mirino da una magistratura "nemica". La verità è che in Italia e anche al nord c'è un deficit devastante di classe dirigente su cui per troppi anni si è colpevolmente glissato.
 
Il ruolo improprio della magistratura. Altro elemento che emerge è il protagonismo della magistratura. In questi anni è stata spesso supplente di una politica che ha deciso di auto castrarsi, restando succube del partito dei giudici (a sinistra) o lanciandosi in una invettiva continua contro le toghe rosse (a destra). Delle volte i pm hanno fatto politica industriale, impropriamente, intervenendo con l'accetta in campi altrui (Ilva docet), altre volte si sono divisi ferocemente come in queste settimane in una guerra politica tra correnti rivali. La Procura di Milano sta pagando pesantemente questo scontro intestino, Bruti Liberati contro Robledo, i refoli arrivano fuori dal palazzo lasciando non pochi dubbi su tempi, oggettività e scelte delle varie inchieste. Anche qui: da vent'anni la magistratura andrebbe riformata, il sistema fa acqua da tutte le parti, è lento, burocratico e inefficiente ma il bipolarismo di guerra lo ha sempre impedito: cosa si aspetta ancora?
 
Il dividendo di Grillo. Questa girandola di manette aumenta la distanza già siderale tra la gente e il palazzo, anzi i palazzi e le loro caste. Beppe Grillo si frega le mani perché è quello che tra 15 giorni lucrerà di più su questi scandali: Scajola simbolo del berlusconismo corrotto, Expo sentina di ogni magna magna con soldi pubblici, i Magnoni incarnazione della finanza rapace, amica dei soliti noti. Questo è quel che passa nell'immaginario collettivo. Chapeau. 

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