Quello di Renzi è un miracolo non voluto. Nessuno mai si sarebbe aspettato tanta sintonia tra i sindacati. Eppure, Cgil-Cisl-Uil si sono compattati in un insolito asse. Un fronte comune che, disseminato naturalmente dai soliti conflitti su tante altre questioni, oggi vede come punto di incontro la lotta alla "non democrazia" del premier che, dal canto suo, replica dicendo che "i sindacati vogliono decidere tutto loro".
Renzi dunque non retrocede e dal "ce ne faremo una ragione" e "non mi farò fermare dai sindacati" passa a "la musica è cambiata". Messaggio indirizzato a Susanna Camusso mentre è in corso il Congresso del sindacato a Rimini. "Noi stiamo cercando di cambiare l'Italia", spiega il premier. "I sindacati vogliono dare una mano? Lo facciano ma non possono pensare di decidere o di bloccare tutto loro. Se vogliono affrontare le questioni - sottolinea Renzi - noi ci siamo. L'Italia ha già aspettato troppo".
Parole che non piacciono al segretario della Cgil che già in mattinata aveva descritto Renzi come il premier che vuole essere "autosufficiente" e che in realtà "ha tagliato non solo l'interlocuzione con le forme di rappresentanza, ma ne nega il ruolo di partecipazione e di sostanziamento della democrazia". Questa logica di autosufficienza della politica sta determinando "una torsione democratica verso la governabilità a scapito della partecipazione", attacca Camusso, che oggi non è sola. Nel pomeriggio sale sul palco, per i saluti alla Cgil riunita, anche il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, per il quale il governo "fa diventare la fretta un programma politico" ma "la fretta fa fuori la verifica, la collaborazione, dunque fa fuori la democrazia". Ancora più duri sono i toni del segretario della Uil, Luigi Angeletti, che, al contrario dei giorni scorsi, pur ribadendo che a lui in fondo il premier piace, si allinea agli altri due. "Per Renzi i sindacati sono i propri dipendenti".
E poi ancora, aggiunge Angeletti, "vorremmo che il presidente del Consiglio fosse sufficientemente intelligente e politicamente avveduto da capire che per fare quella rivoluzione che dice deve considerare il fatto che senza le persone che ogni giorno vanno a lavorare, senza il confronto, rischia sul serio di non andare quasi da nessuna parte. Senza i sindacati in Italia le riforme e' veramente difficile farle e non e' vero che noi siamo contro le riforme''. Insomma, i sindacati chiedono al premier democrazia, è questo il filo conduttore della giornata. Ma è la stessa parola "democrazia" che a un certo punto si ritorce, sul fronte interno alla Cgil, contro il suo segretario.
Considerare Landini la quinta colonna di Renzi dentro la Cgil proprio non si può anche se i pasdaran della linea Camusso amerebbero dipingerlo così. Landini si è ritagliato invece il ruolo di spina nel fianco della leader del sindacato. Al Congresso si presenta con il suo solito piglio combattivo, da minoranza, e, forte o debole del suo tre per cento, non mostra complessi di inferiorità. Anzi, dovrebbe sfidare lo stato maggiore del sindacato presentando il suo documento congressuale, alternativo a quello, non più unitario, di Camusso. Non solo. Sale sul palco e dà il via allo scontro. Il pretesto è rappresentato dai tempi di presentazione delle liste di nomi per il rinnovo del comitato direttivo. La commissione elettorale aveva proposto il termine delle 9.30 di domani mattina ma la tempistica, considerata troppo stringente, scatena la minoranza interna che chiede più tempo.
Ed è qui che il segretario della Fiom ci va giu' duro parlando di forzatura: "Nemmeno nella peggiore assemblea di condominio si chiude la discussione prima di aprila, subito dopo la relazione del segretario. Se si fa questa operazione si conferma il carattere non democratico e un'idea un po' autoritaria di gestione di una grande organizzazione". Ecco che aleggia ancora il pericolo dell'antidemocrazia.