È l’ora della responsabilità. Così Bersani proverà a incastrare Grillo
Il segretario del Pd vorrebbe presentarsi in Parlamento con un progetto di governo limitato che accolga parte delle proposte del MoVimento
Il comico ce l’ha fatta. Ha quasi rischiato di prendere il premio di maggioranza alla Camera, ma, nonostante tutto, oggi Beppe Grillo e il suo MoVimento 5 Stelle sono primo partito in Italia. Non importa poi quanti seggi avrà in Parlamento: conta il fatto che Grillo è riuscito a far convogliare su di sé tutta rabbia e la voglia di cambiamento e conta il fatto che oggi è realmente il terzo polo in Italia, con buona pace di Mario Monti e Pierferdinando Casini.
Vincere troppo o troppo poco. È vero, lo tsunami non c’è stato: sono tutti ancora lì. A sparire solo alcuni personaggi oramai ai margini della politica italiana come Gianfranco Fini e Antonio Di Pietro (ieri dimissionario dalla presidenza dell’Idv). Rimangono gli Scilipoti e i Razzi. Ma il dato politico principale di questa tornata elettorale rimane questa importante affermazione del M5S con il 25,5%, appena poco più di un italiano su quattro. Un risultato che, però, oggi impone al MoVimento una responsabilità di governo del Paese. Ieri tra i militanti si è aperto un dibattito tra chi vuole rimanere all’opposizione e chi chiede di allearsi con il Pd, assumendosi una responsabilità di governo o per lo meno di leadership in Parlamento.
È l’ora delle responsabilità. Per il MoVimento sarebbe stato più comodo prendere il 15-18% delle preferenze. Un risultato comunque buono che avrebbe consentito ai 5 stelle di fungere da pungolo ad un qualsiasi governo, rimanendo fuori dai giochi. Oggi, con questo risultato, al MoVimento spetta la presidenza del Copasir e spetta anche avanzare proposte concrete nelle due Camere. Una vittoria così forte che potrebbe trasformarsi in un boomerang per lo stesso MoVimento se Bersani (vincitore alla Camera) saprà giocare le proprie carte.
Un governo di programma. Se nelle prime ore dopo la chiusura dei seggi un Fassina con la voce tremante chiedeva di tornare subito al voto, i democratici hanno tirato il freno a mano. Tornare subito alle urne significa rischiare di lasciar crescere il M5S, oltre ad essere praticamente impossibile a causa dell’impossibilità di scioglimento delle Camere prima dell’elezione del Presidente della Repubblica. Così la strategia del Pd punta a far “sporcare le mani” ai 5 stelle. Come? È semplice: con la proposta di un governo programmatico a tempo. Cinque-sei punti di programma che includa tre o quattro proposte inserite nel programma 5stelle. Bersani dovrebbe recarsi alla Camera con questo obiettivo e dire agli eletti nelle liste di M5S: “Questo programma ricalca in gran parte le vostre proposte, vi chiedo quindi la fiducia e vi chiedo anche di entrare nella compagine di governo per far in modo di garantire all’Italia quelle riforme che il mio partito e il vostro vogliono fare per il bene dell’Italia”.
La trappola di Bersani. Si tratta quindi di una mossa a tenaglia che potrebbe mettere il MoVimento con le spalle al muro. Appoggiare un governo con il Pd per portare a casa un risultato concreto in termini di riforme ma “sporcandosi le mani” con la politica e i “politicanti”. Oppure rifiutare l’offerta di Bersani: un atteggiamento che potrebbe piacere solo ai duri e puri del MoVimento e che troverebbe la contrarietà di parte dell’elettorato e dello stesso Dario Fo, che ha appoggiato l’ascesa di Grillo e che lo stesso comico vorrebbe candidare alla Presidenza della Repubblica.
Obiettivo: “normalizzare” i 5 stelle. Insomma, se Bersani – dopo gli errori in campagna elettorale – riuscirà a giocare bene le sue carte, potrebbe nascere un governo a tempo (6-10 mesi) guidato da Bersani e con l’appoggio del MoVimento. Un grande risultato per il Pd che potrebbe dimostrare la sua “buona volontà” nel voler ridurre i costi della politica e della “casta”, “normalizzando” a sua volta i 5 stelle. Viceversa, se nel MoVimento dovessero prevalere i “duri e puri”, il rischio potrebbe essere quello di apparire agli occhi di una parte dell’elettorato poco pragmatici.
Twitter: @PaoloRibichini
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