l Grillo è ancora parlante ma non dice niente su poteri criminali e fascisti
Il "Boom" dello tsunami grillino arriva secco e preciso all’indirizzo della cancelliera Angela Merkel e del presidente Giorgio Napolitano. Sulle note di Leo Pari, "non siamo un partito, non siamo una casta, siamo cittadini punto e basta", il comizio-evento di Beppe Grillo segna il cambio di passo del Movimento Cinque Stelle. La contagiosa curiosità dei romani, che accorrono a vedere il totem, alla fine fa la differenza.
Grillo utilizza lo schema classico dei raduni oceanici, con tanti ospiti sul palco, un dialogo costante con il pubblico, sempre ripreso nei megaschermi, lasciando però questa volta fuori la musica. Sul palco le varie esperienze territoriali di questo movimento, dalla Sicilia a Milano, che per il momento sembra restare ben ancorato al “one man show”. E quando il capo decide che la stampa italiana (quella estera no, sale addirittura sul palco a fianco al leader con tanto di telecamera) deve restare fuori non ci sono santi che tengano.
“Siamo noi la prima forza politica del paese'', dice ad un certo punto mutuando direttamente da Silvio Berlusconi alcuni rozzi strumenti della tecnica automotivazionale: “Se lo dice il capo sarà vero. Quindi, forza andiamo avanti”. E’ curioso constatare i tanti punti in comune, a cominciare dalla cultura televisiva, che Grillo ha con il “Nano”, come lo chiama lui.
Dal palco, Grillo snocciola uno ad uno i punti del programma politico: beni comuni, no tav, aiuti ai più deboli, no alla guerra, salario sociale, costituzione. A parte una idea tutta cattolica e borghese della carità, da una parte e, del merito, dall’altra, i punti di contatto con la sinistra sono più di qualcuno. Nemmeno un accenno, poi a patrimoniale e poteri criminali.
Usa parole ''guerriere'', contro la casta, la stampa, la burocrazia e gli imprenditori che fanno troppi profitti (qual è il limite?) per parlare di solidarieta' e comunita', le uniche ''armi potenti'' dice, che serviranno a ribaltare tutto. Ma c’è davvero questa comunità? Nella soluzione a questo interrogativo si gioca il futuro prossimo del movimento “Cinque stelle”. Per il momento l’adesione e la pratica di questa forza sembra basata sull’incazzatura individuale, risultato di venti anni di berlusconismo che vanno a saldarsi direttamente ai disastri della prima repubblica. L’incazzatura individuale è un elemento prezioso in questi tempi di fine delle ideologie, per carità. Non si capisce però come ci si può evolvere tanto facilmente da lì in un contesto di crisi economica e di frammentazione sociale esasperata senza andare oltre quelli che ormai stanno suonando sempre di più come tanti luoghi comuni fortemente caratterizzati da un atteggiamento “antipolitico”. L'incazzatura individuale, che Grillo interpreta plasticamente, può essere anche autodistruttiva.
L’origine tutta mediatica del “M5S” si pone a questo punto come il limite e rischia di rivolgerglisi contro. Questa genesi al contrario, dal virtuale al reale, del tutto nuova, potrebbe rappresentare un grosso ostacolo se non si mette subito mano alla strutturazione politica del movimento. E passare dal “one man show” a qualcosa di più complesso che abbia a che vedere con la politica e l'azione sociale nei territori, non è una trasformazione da poco considerando il tempo che si è perso ad osannare il capo. Che Grillo dica di voler cedere il bastone di comando senza cambiare lo schema ha sinceramente poco senso. Se non si attraversa la fase di sviluppo dell’identità collettiva, che è quella di una autorganizzazione dal basso, rimarrà un partito di plastica, e quindi facilmente manovrabile da chi avrà tramato meglio al suo interno per prendere in mano lo scettro. Terzo, e forse il più importante e in fortissima relazione con gli altri due, dallo schema “tsunami” manca ancora drammaticamente la politica. E alla politica non si può sfuggire. Per il momento l’unica opzione espressa concretamente è l’inclusione dei fascisti. E’ realistica e conveniente una scelta del genere?
Gianroberto Casaleggio enuncia le tre parole chiave della nuova fase: competenza, onestà e trasparenza. E allora? Questo non servirà certo a declinare il programma. Detta così, domani il programma tanto bello e tanto brillante potrebbe essere cancellato con un colpo di spugna. Qualsiasi risultato uscirà dalle urne comporterà scelte politiche di sostanza per ogni concorrente. L’M5S che ha deciso di presentarsi alle elezioni e non di rimanere movimento di opinione, non sfugge alla regola. La soluzione di queste scelte è ancora saldamente in mano al leader. Quindi, se lo schema non cambierà in fretta, delle due l’una: o il movimento si frammenterà in mille componenti aprendo una fase di forte riflusso e di ripiegamento, oppure tutto rimarrà nella mani del capo creando le premesse per l’ennesimo “partito del leader”, soluzione che abbiamo già dovuto sopportare e che non è tanto digeribile da un movimento che ad un certo punto vorrà evolversi dalla fase originaria.
Per il momento lo schema del no al confronto pubblico, delle epurazioni di chi non è d’accordo e dell’apertura ai fascisti fa correre il serio rischio di impantanare un risveglio di coscienze nel Paese che di per sé non può far altro che bene. Ma di "risvegli di coscienze" utilizzate per avventure disastrose ne abbiamo visti fin troppi in questo paese. A noi non basta più nemmeno il "cambio di passo", serve una rivoluzione dei cittadini che sappia costruire scelte precise e non slogan generici. La crisi è tale che quasi nulla di quello che abbiamo avuto nel passato, a parte il dettato della Costituzione della Repubblica, è utilizzabile oggi. E quindi, realisticamente, la prospettiva è di un cambiamento lento ma deciso, e non lasciato alle decisioni del leader, nella direzione di una società che ritrovi il gusto di stare insieme nella giustizia sociale e contro tutti i fascismi.
Grillo utilizza lo schema classico dei raduni oceanici, con tanti ospiti sul palco, un dialogo costante con il pubblico, sempre ripreso nei megaschermi, lasciando però questa volta fuori la musica. Sul palco le varie esperienze territoriali di questo movimento, dalla Sicilia a Milano, che per il momento sembra restare ben ancorato al “one man show”. E quando il capo decide che la stampa italiana (quella estera no, sale addirittura sul palco a fianco al leader con tanto di telecamera) deve restare fuori non ci sono santi che tengano.
“Siamo noi la prima forza politica del paese'', dice ad un certo punto mutuando direttamente da Silvio Berlusconi alcuni rozzi strumenti della tecnica automotivazionale: “Se lo dice il capo sarà vero. Quindi, forza andiamo avanti”. E’ curioso constatare i tanti punti in comune, a cominciare dalla cultura televisiva, che Grillo ha con il “Nano”, come lo chiama lui.
Dal palco, Grillo snocciola uno ad uno i punti del programma politico: beni comuni, no tav, aiuti ai più deboli, no alla guerra, salario sociale, costituzione. A parte una idea tutta cattolica e borghese della carità, da una parte e, del merito, dall’altra, i punti di contatto con la sinistra sono più di qualcuno. Nemmeno un accenno, poi a patrimoniale e poteri criminali.
Usa parole ''guerriere'', contro la casta, la stampa, la burocrazia e gli imprenditori che fanno troppi profitti (qual è il limite?) per parlare di solidarieta' e comunita', le uniche ''armi potenti'' dice, che serviranno a ribaltare tutto. Ma c’è davvero questa comunità? Nella soluzione a questo interrogativo si gioca il futuro prossimo del movimento “Cinque stelle”. Per il momento l’adesione e la pratica di questa forza sembra basata sull’incazzatura individuale, risultato di venti anni di berlusconismo che vanno a saldarsi direttamente ai disastri della prima repubblica. L’incazzatura individuale è un elemento prezioso in questi tempi di fine delle ideologie, per carità. Non si capisce però come ci si può evolvere tanto facilmente da lì in un contesto di crisi economica e di frammentazione sociale esasperata senza andare oltre quelli che ormai stanno suonando sempre di più come tanti luoghi comuni fortemente caratterizzati da un atteggiamento “antipolitico”. L'incazzatura individuale, che Grillo interpreta plasticamente, può essere anche autodistruttiva.
L’origine tutta mediatica del “M5S” si pone a questo punto come il limite e rischia di rivolgerglisi contro. Questa genesi al contrario, dal virtuale al reale, del tutto nuova, potrebbe rappresentare un grosso ostacolo se non si mette subito mano alla strutturazione politica del movimento. E passare dal “one man show” a qualcosa di più complesso che abbia a che vedere con la politica e l'azione sociale nei territori, non è una trasformazione da poco considerando il tempo che si è perso ad osannare il capo. Che Grillo dica di voler cedere il bastone di comando senza cambiare lo schema ha sinceramente poco senso. Se non si attraversa la fase di sviluppo dell’identità collettiva, che è quella di una autorganizzazione dal basso, rimarrà un partito di plastica, e quindi facilmente manovrabile da chi avrà tramato meglio al suo interno per prendere in mano lo scettro. Terzo, e forse il più importante e in fortissima relazione con gli altri due, dallo schema “tsunami” manca ancora drammaticamente la politica. E alla politica non si può sfuggire. Per il momento l’unica opzione espressa concretamente è l’inclusione dei fascisti. E’ realistica e conveniente una scelta del genere?
Gianroberto Casaleggio enuncia le tre parole chiave della nuova fase: competenza, onestà e trasparenza. E allora? Questo non servirà certo a declinare il programma. Detta così, domani il programma tanto bello e tanto brillante potrebbe essere cancellato con un colpo di spugna. Qualsiasi risultato uscirà dalle urne comporterà scelte politiche di sostanza per ogni concorrente. L’M5S che ha deciso di presentarsi alle elezioni e non di rimanere movimento di opinione, non sfugge alla regola. La soluzione di queste scelte è ancora saldamente in mano al leader. Quindi, se lo schema non cambierà in fretta, delle due l’una: o il movimento si frammenterà in mille componenti aprendo una fase di forte riflusso e di ripiegamento, oppure tutto rimarrà nella mani del capo creando le premesse per l’ennesimo “partito del leader”, soluzione che abbiamo già dovuto sopportare e che non è tanto digeribile da un movimento che ad un certo punto vorrà evolversi dalla fase originaria.
Per il momento lo schema del no al confronto pubblico, delle epurazioni di chi non è d’accordo e dell’apertura ai fascisti fa correre il serio rischio di impantanare un risveglio di coscienze nel Paese che di per sé non può far altro che bene. Ma di "risvegli di coscienze" utilizzate per avventure disastrose ne abbiamo visti fin troppi in questo paese. A noi non basta più nemmeno il "cambio di passo", serve una rivoluzione dei cittadini che sappia costruire scelte precise e non slogan generici. La crisi è tale che quasi nulla di quello che abbiamo avuto nel passato, a parte il dettato della Costituzione della Repubblica, è utilizzabile oggi. E quindi, realisticamente, la prospettiva è di un cambiamento lento ma deciso, e non lasciato alle decisioni del leader, nella direzione di una società che ritrovi il gusto di stare insieme nella giustizia sociale e contro tutti i fascismi.
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