venerdì 13 gennaio 2017

Il dopo Camusso. Perché prima c'era qualcosa e dopo ci sarà qualcosa. I privilegiati del sindacato dovrebbero essere mandati tutti a casa.

Dopo il colpo sul referendum si guarda ormai al dopo-Camusso

Cgil
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Inizia la partita per il nuovo leader che sarà incoronato l’anno prossimo
 
La recente decisione della Consulta sui referendum promossi dalla Cgil cambia le carte in tavola per il sindacato guidato da Susanna Camusso. In primo luogo perché il colpo subìto indebolisce l’organizzazione, visto che il quesito non ammesso sull’articolo 18 era quello politicamente più rilevante. Viene pagata la scelta, a conti fatti azzardata, di voler allargare la platea alle aziende con più di cinque dipendenti, al punto che difficilmente, da oggi, la Cgil potrà tornare a parlare di articolo 18; dopo la bocciatura della Corte costituzionale non se ne intravedono motivi ragionevoli.
Di contro, però, la stessa bocciatura potrebbe paradossalmente rafforzare corso Italia: con i due quesiti rimasti in gioco e senza più quello divisivo – non tutti dentro il sindacato avrebbero davvero voluto proporre il quesito sui licenziamenti illegittimi – sarà più facile ricompattarsi e affrontare con maggiore determinazione la campagna referendaria. La stessa Camusso avrebbe chiesto ai suoi di restare uniti il più possibile durante questa fase e portare avanti una battaglia comune.
La resa dei conti interna, dunque, viene rimandata a dopo la consultazione popolare. Anche perché è dall’esito di quel voto che si giocherà la partita congressuale, la cui conclusione è prevista per il 2018. Per ora – sottolineano fonti della Cgil – sono tutti concentrati sul referendum.
Le critiche a corso Italia
È la prima volta che si voterà un referendum basato sulla raccolta firme da parte di un sindacato. Ma è anche vero che non si può soprassedere sullo scivolone politico legato al quesito sui licenziamenti illegittimi. Episodio che si aggiunge alle critiche, avanzate da alcuni osservatori, che attribuiscono alla leader della Cgil la volontà di essersi schierata in maniera troppo dura e netta (quasi insistente) su alcune posizioni, considerate da molti più ideologiche che pratiche. Specialmente se dentro la stessa organizzazione convivono aree più riformiste che a volte sono slegate dalle idee della segreteria nazionale. A tutto questo va aggiunto il carattere essenzialmente politico del sindacato contro i governi guidati dal Pd, come ha lamentato qualche giorno fa Sergio Staino in un suo editoriale sull’Unità. Un approccio (da entrambe le parti, beninteso), che forse sta rendendo sempre più insanabile la separazione ideologica dal Partito democratico.
Un nodo da sciogliere, in questa fase referendaria, sarà quello che riguarda il sostegno di Cisl e Uil,che ancora non hanno bene espresso la loro posizione. Anche perché è soprattutto quando la Cgil si è presentata in maniera unitaria con le altre sigle sindacali che è riuscita a ottenere risultati degni di nota. Si veda l’intesa sul contratto nazionale dei dipendenti pubblici, che ha sbloccato una situazione congestionata da oltre sette anni per oltre 3,2 milioni di lavoratori; o anche l’accordo sulle pensioni. Peraltro su entrambe le intese – che si pongono all’interno di una nuova stagione di dialogo tra governo e parti sociali – va sicuramente riconosciuto il ruolo determinante ricoperto dal sindacato guidato da Camusso.
Le conseguenze del risultato referendario
Intanto l’esecutivo sta accelerando sulla modifica dei voucher. Sul tavolo ci sono varie ipotesi che si dovrebbero concretizzare in un provvedimento a febbraio. E anche se è difficile che le correzioni attualmente allo studio possano soddisfare il sindacato, rendendo inutile il referendum, la segreteria nazionale di Corso Italia potrebbe comunque risultare soddisfatta da quanto proposto dal governo. Quello che conta è raggiungere l’obiettivo, ha spiegato la stessa Camusso, che ieri ha detto di non voler “votare ad ogni costo”.
Ma è chiaro che il vero risultato politico da rivendicare arriverebbe con una vittoria alle urne su entrambi i quesiti su cui si voterà. In quel caso la leadership della segreteria nazionale si rafforzerebbe molto visto che, poco prima della conclusione del proprio mandato, lascerebbe la guida con un risultato importante.
In caso contrario, se si votasse e non venisse raggiunto il quorum, Camuso ne uscirebbe invece molto indebolita per la scelta politica presa, con la conseguente riapertura degli scenari congressuali.
Verso il Congresso
L’esito del referendum coinciderà con la partenza di una lunga fase congressuale che si concluderà nel 2018. La partita della successione della segreteria di Corso Italia al momento è giocata su tre nomi: la giovane Serena Sorrentino, una soluzione cercata e voluta da Camusso, che potrebbe rappresentare la candidatura di filiera e di continuità. Non a caso per farle ottenere maggiore visibilità la 38enne è stata mandata a guidare la Funzione pubblica (facendole rafforzare il proprio curriculum attraverso l’intesa raggiunta sul rinnovo del contratto nazionale).
Il secondo papabile dovrebbe essere il segretario della Cgil dell’Emilia Romagna, Vincenzo Colla. Una figura più di area riformista rispetto alla leader uscente, che tuttavia rappresenterebbe una sorta di continuità del sindacato.
Infine c’è la candidatura più radicale del capo della Fiom. Resta in gioco infatti Maurizio Landini, il quale ha sempre rifiutato le sirene della politica, come lui stesso ha ribadito più volte. La sua ambizione resta quella di fare il sindacalista e non il politico: e quale maggiore ruolo, se non quello di segretario nazionale della Cgil, soddisferebbe quella sua aspirazione? Dopo aver abbandonato le sue ambizioni politiche (ricordate la fantomatica “Coesione sociale”?) c’è stato un importante ricompattamento tra Landini e la maggioranza, tanto più che già in primavera di quest’anno potrebbe entrare all’interno della segreteria nazionale. Prima ha dovuto sostenere come capo della Fiom (era più efficace e forte in quelle vesti) la campagna referendaria. E con la sua recente linea più moderata ha portato a casa un altro importante accordo per la Cgil, quello sul rinnovo dei metalmeccanici.
Grossolanamente quindi si potrebbe mappare la situazione interna riassumendola in tre differenti aree, una di emanazione socialista, quella legata a Susanna Camusso, e quindi a Sorrentino; una più radicale, quella che potremmo associare al capo della Fiom; e l’altra relativamente più “innovativa” rappresentata da Vincenzo Colla.
Va inoltre evidenziato come nel momento in cui si parla molto di ricambio delle grandi organizzazioni, tali candidature non daranno luogo a una scelta scontata, di continuazione, come già avvenuto altre volte in Cgil.
Quanto infine all’assetto interno del sindacato, già a novembre scorso nell’Assemblea generale della Cgil c’è stato un primo passo verso il rinnovamento della segreteria nazionale, anche in vista del Congresso. È aumentata la parte di giovani presenti con l’ingresso di due nuovi innesti (Tania Sacchetti e il segretario Cgil di Taranto, Giuseppe Massafra) promossi entrambi da Susanna Camusso, che ha dovuto anche superare alcune ostilità interne al sindacato. Inoltre, nell’ottica degli spostamenti in cui vengono rispettati i diversi equilibri politici, territoriali e tra categorie, è arrivato anche Roberto Ghiselli, numero uno delle Marche, che in pratica avrebbe preso la guida dell’area del sindacato considerata più riformista, riempiendo così la casella lasciata vuota dall’uscente Fabrizio Solari.

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