Furbetto del cartellino tradito dal parcheggio: è il primo licenziato con la legge Madia
La storia. Impiegato del Policlinico Umberto I di Roma smascherato per l'auto in doppia fila. Applicata la normativa in vigore da luglio
ROMA - Tradito dalla doppia fila. Forse, se si fosse preso la briga di parcheggiare l'auto in una regolare piazzola di sosta, nessuno l'avrebbe scoperto. E invece sfortuna ha voluto che a vederlo uscire di buon mattino dal Policlinico Umberto I dopo aver timbrato il cartellino, sia stato proprio il capo del Dipartimento presso cui il 54enne in organico all'università La Sapienza prestava servizio.
E così, in virtù della procedura accelerata stabilita dalla legge Madia (116/2016) entrata in vigore a luglio, il dipendente del più grande ospedale romano - sorpreso in flagranza a strisciare il badge e ad abbandonare il posto di lavoro per tre giorni di seguito - è stato prima sospeso, poi sottoposto a procedimento disciplinare e infine licenziato. Il primo in Italia a subire le conseguenze della stretta sui "furbetti" varata dal governo Renzi.
Una storia tutta italiana, che sembra ripetersi uguale in moltissimi enti pubblici, a ogni latitudine. Accade dunque che il 23 agosto, mentre sta attraversando la strada per entrare in ufficio, il responsabile amministrativo del Dipartimento Assistenza Integrata (Dai) del Policlinico universitario scorge un suo impiegato accendere l'auto e sgommare via. Si insospettisce e avvia subito le verifiche: innanzitutto, tramite il servizio di rilevazione automatizzata delle presenze, accerta che M.M. risulta regolarmente in servizio dalle 7.12 e che non ha chiesto permessi né addotto altre giustificazioni che scusassero l'allontanamento dal servizio. Quindi, insieme ad alcuni collaboratori, si reca personalmente - tornando più volte nella stessa giornata - presso la stanza della Cassa ticket dove l'impiegato avrebbe dovuto essere: bussa con vigore alla porta, urla a gran voce il suo nome e cerca persino di forzare la serratura chiusa però a doppia mandata.
Niente. Sino alle cinque della sera di M.M. non c'è traccia. Sinché, proprio a quell'ora, il dirigente ormai a fine turno incrocia di nuovo il dipendente, intento a timbrare l'uscita.
La stessa scena si ripete l'indomani: il 24 agosto il "furbetto" striscia il cartellino alle 7.07 e sparisce. Ma alle 17.16 è sempre lì: davanti alla macchinetta a strisciare il badge. Mentre il 25, pur risultando presente, si assenta "solo" dalle 07.03 alle 08.58.
M.M. in sede di istruttoria disciplinare avviata dall'Università il 5 settembre si difende con le unghie e coi denti. Il 23 agosto - sostiene - era uscito solo per spostare la macchina lasciata in doppia fila. Poi però - dice - è rientrato. E si è chiuso nella sua stanza per evadere le "svariate centinaia di impegnative sanitarie" accumulate sulla scrivania. Per concentrarsi meglio ha perciò "indossato degli auricolari", omettendo volutamente di rispondere alle bussate esterne nella convinzione che si trattasse di utenti a lui indirizzati da un'altra Cassa ticket.
Ma c'è di più. Il fatto che non sia stato rintracciato potrebbe essere dovuto alle ripetute esigenze fisiologiche cui in quel periodo era costretto dall'assunzione di alcuni farmaci. Insomma, M.M. era in bagno. Tesi tuttavia smentita dai vari testimoni impegnati nella tre giorni di verifiche.
Conclusione. Il 16 settembre il direttore del Dipartimento trasmette gli atti a Procura della Repubblica e Corte dei Conti. Il 9 novembre, al termine del procedimento disciplinare, il dg dell'università notifica il licenziamento senza preavviso, con effetto immediato, ai sensi della legge sui "furbetti". Ma il dipendente non si rassegna. Impugna il provvedimento in base alla sentenza con cui il 25 novembre la
Consulta ha bocciato 4 articoli della delega firmata dal ministro Madia. La Corte però ha rilevato un mero vizio procedurale che non intacca la piena efficacia dei decreti e che il governo sanerà entro febbraio. Purtroppo per M.M. la norma sui "furbetti" non è mai decaduta.
E così, in virtù della procedura accelerata stabilita dalla legge Madia (116/2016) entrata in vigore a luglio, il dipendente del più grande ospedale romano - sorpreso in flagranza a strisciare il badge e ad abbandonare il posto di lavoro per tre giorni di seguito - è stato prima sospeso, poi sottoposto a procedimento disciplinare e infine licenziato. Il primo in Italia a subire le conseguenze della stretta sui "furbetti" varata dal governo Renzi.
Una storia tutta italiana, che sembra ripetersi uguale in moltissimi enti pubblici, a ogni latitudine. Accade dunque che il 23 agosto, mentre sta attraversando la strada per entrare in ufficio, il responsabile amministrativo del Dipartimento Assistenza Integrata (Dai) del Policlinico universitario scorge un suo impiegato accendere l'auto e sgommare via. Si insospettisce e avvia subito le verifiche: innanzitutto, tramite il servizio di rilevazione automatizzata delle presenze, accerta che M.M. risulta regolarmente in servizio dalle 7.12 e che non ha chiesto permessi né addotto altre giustificazioni che scusassero l'allontanamento dal servizio. Quindi, insieme ad alcuni collaboratori, si reca personalmente - tornando più volte nella stessa giornata - presso la stanza della Cassa ticket dove l'impiegato avrebbe dovuto essere: bussa con vigore alla porta, urla a gran voce il suo nome e cerca persino di forzare la serratura chiusa però a doppia mandata.
Niente. Sino alle cinque della sera di M.M. non c'è traccia. Sinché, proprio a quell'ora, il dirigente ormai a fine turno incrocia di nuovo il dipendente, intento a timbrare l'uscita.
La stessa scena si ripete l'indomani: il 24 agosto il "furbetto" striscia il cartellino alle 7.07 e sparisce. Ma alle 17.16 è sempre lì: davanti alla macchinetta a strisciare il badge. Mentre il 25, pur risultando presente, si assenta "solo" dalle 07.03 alle 08.58.
M.M. in sede di istruttoria disciplinare avviata dall'Università il 5 settembre si difende con le unghie e coi denti. Il 23 agosto - sostiene - era uscito solo per spostare la macchina lasciata in doppia fila. Poi però - dice - è rientrato. E si è chiuso nella sua stanza per evadere le "svariate centinaia di impegnative sanitarie" accumulate sulla scrivania. Per concentrarsi meglio ha perciò "indossato degli auricolari", omettendo volutamente di rispondere alle bussate esterne nella convinzione che si trattasse di utenti a lui indirizzati da un'altra Cassa ticket.
Ma c'è di più. Il fatto che non sia stato rintracciato potrebbe essere dovuto alle ripetute esigenze fisiologiche cui in quel periodo era costretto dall'assunzione di alcuni farmaci. Insomma, M.M. era in bagno. Tesi tuttavia smentita dai vari testimoni impegnati nella tre giorni di verifiche.
Conclusione. Il 16 settembre il direttore del Dipartimento trasmette gli atti a Procura della Repubblica e Corte dei Conti. Il 9 novembre, al termine del procedimento disciplinare, il dg dell'università notifica il licenziamento senza preavviso, con effetto immediato, ai sensi della legge sui "furbetti". Ma il dipendente non si rassegna. Impugna il provvedimento in base alla sentenza con cui il 25 novembre la
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