“Illegittimo” lo Statuto del Movimento 5 Stelle attesa per la sentenza
Lunedì la decisione dei giudici del Tribunale di Roma. Il ricorso mette in discussione i Codici interni e le penali sugli eletti che criticano le regole
Il verdetto è rinviato a lunedì o martedì, insieme alle motivazioni. I tre giudici della prima sezione del Tribunale civile di Roma hanno lasciato ieri sera la camera di consiglio ma hanno preferito consegnare il giudizio completo consapevoli delle delicatezza della loro decisione.
È in ballo un pezzo importante della storia politica del Movimento 5 Stelle, la legittimità o meno del Regolamento che vincola l’azione amministrativa degli eletti in Campidoglio, dalla sindaca all’ultimo dei consiglieri, che quel regolamento hanno sottoscritto nel momento in cui hanno accettato di candidar si.
I tre giudici hanno esaminato il ricorso dell’avvocato Venerando Monello che chiede l’annullamento del contratto con penale da 150 mila euro firmato da Virginia Raggi in campagna elettorale e la conseguente ineleggibilità della sindaca della Capitale. Il contratto, infatti, sarebbe secondo Monello «un abuso della politica che mina alcuni cardini costituzionali».
Uno su tutti: per gli eletti non ci può essere vincolo di mandato come prevede l’articolo 67 della Costituzione. Troppe volte, invece, nel Regolamento firmato a Roma come in quello siglato dai 17 europarlamentari si fa riferimento al fatto che il portavoce eletto non può cambiare partito pena multe salatissime, 150 mila a Roma, 250 mila a Bruxelles.
Essendo «illegittimo», secondo il ricorso, il Regolamento-contratto, automaticamente è ineleggibile anche la sindaca che lo ha firmato. Secondo l’avvocato Monello, infatti, qualora i giudici dovessero accogliere il ricorso, la prima conseguenza sarebbe la decadenza di Raggi.
È un passaggio chiave per Grillo e Casaleggio che vengono da settimane e mesi ad altissime tensione: le incapacità della Raggi; l’arresto di Marra; il nuovo codice etico che ha tolto di mezzo l’automatismo tra l’avviso di garanzia e le dimissioni (anche questo con seri profili di incostituzionalità); l’evocazione di un tribunale del popolo per processare i giornali; ma soprattutto la figuraccia europea con il balletto Alde-Efdd che alla fine ha costretto Grillo a tornare coda tra le gambe nella formazione di Nigel Farage pur di non perdere circa 700 mila euro di finanziamenti che avrebbe altrimenti perso.
Le conseguenze di questo strappo non sono tutte valutabili in questo momento. Di certo il Capo politico ha trascinato il Movimento in un figuraccia prima annunciando come cosa fatta, e senza alcun dibattito interno, il passaggio del Movimento nel gruppo liberale ed ipereuropeista di Guy Verhofstadt. E poi facendosi dire dallo stesso Verhofstadt che non c’erano più le condizioni.
Il processo interno a Davide Casaleggio e al fidato eurodeputato Borrelli che del fallito accordo è stato il regista, è in corso, tenuto sotto traccia ma feroce. Due deputati (Marco Affronte e Marco Zanni) hanno lasciato il gruppo M5S. Ma i tentativi di applicare le sanzioni previste dai vari Regolamenti (a Bruxelles la multa è pari a 250 mila euro) sono rimaste lettera morta. Come nessuno ha provato ad invocare punizioni nei confronti della senatrice Elisa Bulgarelli che ha attaccato pubblicamente via Facebook la Casaleggio associati e il giovane David come «centro dei cerchi magici del M5S».
In questo clima la decisione del Tribunale di Roma può risultare deflagrante. I giuristi si sono appassionati negli ultimi giorni sulla legittimità o meno del Regolamento oggetto del ricorso. Alcuni sono certi nel dire che «non è possibile prevedere sanzioni per chi esce o viene escluso da un gruppo, sarebbe una misura di dubbia legittimità costituzionalità, basata su un malinteso di fondo: in democrazia il popolo non governa ma sceglie i governanti». Non ci sono indiscrezioni dalla camera di consiglio ma se il primo motivo del ricorso («abuso di politica» da parte dei vertici del Movimento) ha qualche probabilità di essere accolto, è molto difficile che venga decretata la decadenza della sindaca.
I legali della Raggi sono tranquilli. Il tema della decadenza «non esiste», ha spiegato l’avvocato Ervin Rupnik sottolineando come «il ricorso punti alla dichiarazione di nullità del codice, come obiettivo minimo. Il resto è propaganda politica». Codice nel quale, osserva Paolo Morricone – anche lui nel team legale della sindaca – «la penale si configura come una prequantificazione di un potenziale danno all’immagine» del M5S. I codici variano a seconda degli eletti. E anche su quello per gli eurodeputati, dove la penale è di 250 mila euro, i dubbi sono tanti.
I legali della sindaca Raggi ripetono che il ricorso dell’avvocato Monello ha solo «una motivazione politica» visto che «Monello è iscritto al Pd e la senatrice del Pd Monica Cirinnà ha dichiarato di appoggiarlo». Se il Tribunale dovesse dare torto al Movimento, crollerebbe un pezzo importante dell’architettura di regole interne. Dopo che, proprio in questi giorni, anche il sistema di voto on line e la piattaforma Rousseau sono stati fortemente criticati. «Un sistema chiuso, senza alcuna possibilità di verifica da parte di terzi» hanno scritto alcuni attivisti nei commenti.
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