mercoledì 11 gennaio 2017

Anche se da parete del giornalista non c'è una conoscenza precisa del problema io credo che vada letto l'articolo al fine di riflettere sul concetto di merito.

Scuola: segretati i nomi dei prof col premio in busta ai migliori

Scuola: segretati i nomi dei prof col premio in busta ai migliori
Scuola: segretati i nomi dei prof col premio in busta ai migliori
ROMA – Scuola, anzi scuole italiane e relativi prof (rispettivamente circa ottomila e circa settecentomila). C’erano, anzi ci sono, eredità della legge detta della buona scuola, duecento milioni di euro da trasformare in premi in busta paga agli insegnanti riconosciuti come migliori, insomma il famoso merito professionale da premiare. Mai cosa è risultata nella mente, nel cuore e nei fatti più odiosa alla stragrande maggioranza dei prof che il premio al merito.
Quella che segue è la mini cronaca di una grande lezione che il corpo docente ha voluto impartire, gratis, alla società italiana e la lezione è stata: il merito, se c’è, va nascosto, è sospetto e odora, anzi puzza di peccato. Messaggio chiaro dei docenti di tutte le scuole agli alunni di tutte le scuole: se cercate, contate o credete nel merito, nella promozione dei migliori, qui in Italia non è aria, andate altrove.
In moltissime scuole, di certo nella maggioranza degli istituti (qualcuno accampa, millanta o riporta addirittura un parere favorevole in merito del Garante della Privacy) i nomi dei prof che hanno avuto in busta paga il riconoscimento del merito professionali sono stati segretati. In moltissime scuole si è reso necessario o è stato ritenuto opportuno nascondere agli altri prof e al pubblico i nomi dei migliori.
Paura di ritorsioni, scudo alle invidie, barricata contro le proteste e ricorsi, vergogna di aver preso soldi quello sì e l’altro no..? Qualunque cosa abbia mosso a nascondere i nomi dei migliori la dice lunghissima su quale competenza per la vita insegnino i più dei prof nelle scuole italiane. Insegnano con l’esempio che premiare in denaro il merito professionale è disdicevole eticamente e socialmente riprovevole. Ed è una pratica che va nascosta, occultata nell’anonimato.
Infatti i prof più coerenti e militanti hanno organizzato qua e là il rifiuto del premio. Rifiutato perché troppo basso in entità e comunque non distribuito a tutti. Nel 20 per cento delle scuole è stata approvata e formalizzata la scelta di distribuire in parti uguali a tutti il premio che doveva essere al merito dei migliori.
Ma come hanno fatto i prof a decidere scuola per scuola? I sindacati lamentano abbia deciso quasi sempre il preside, in realtà a decidere la legge incredibilmente istituiva una commissione interna fatta di personale docente, personale non docente, studenti, genitori. Insomma il premio al merito professionale assegnato secondo le decisioni e criteri di una sorta di “mini camera della corporazioni” scuola per scuola.
In un clima di generale rivolta e rifiuto comunque il premio è stato messo in busta su scala nazionale per una percentuale media del 35 per cento abbondante dei prof. Altro che eccellenza professionale, quasi quattro su dieci non sono i “migliori” ma sono tutti quelli che c’entravano spingendo (salvo poi lamentare il poco denaro pro capite).
Con consenso tacito o esplicito della categoria il premio ai prof è stato gestito di fatto dai sindacati e dalle Commissioni interne. Con ideologia condivisa e diffusa e con orgoglio spesso e volentieri al premio ai migliori è stato contrapposto l’aumento in busta uguale per tutti. E infine la perla rara dell’anonimato, del nascondere i nomi dei prof premiati per merito.
Quando ci si mette le mani nei capelli perché i giovani italiani trovano poco e pessimo lavoro si dovrebbe avere l’onestà di ricordare che questa è la scuola che li forma e così li forma. Insegna loro che l’eccellenza è sinonimo di pappa e ciccia con il preside o con qualcuno, che è meglio spartire che premiare, che il merito è sospetto e vergogna, che il posto di lavoro è una proprietà di chi l’ha acquisita e la scuola, come ogni altro ambiente e impresa, è fatta e retta per chi ci lavora e non per chi ne usufruisce.

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