lunedì 15 dicembre 2014

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Il deserto della Brebemi, la nuova Malpensa

L’ennesima infrastruttura concepita male in Lombardia. Per stime sbagliate e una garanzia di troppo
Un casello della Brebemi (foto Giulia Ticozzi / Linkiesta)

Un casello della Brebemi (foto Giulia Ticozzi / Linkiesta)

   
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Il Nord Italia e la Lombardia sono tra le aree più congestionate d’Europa, ove il traffico riduce considerevolmente la produttività e aumenta i costi per le imprese. In questo ambiente caotico c’è, però, un’oasi di pace, una strada in cui il tempo può essere assaporato assieme al paesaggio (in verità fatto in gran parte di capannoni industriali): è l’autostrada Brescia-Bergamo-Milano (la Brebemi).
La Brebemi è stata per anni portata orgogliosamente ad esempio dello spirito imprenditoriale padano poiché interamente costruita con fondi privati in regime di project financing. Eppure questa autostrada, che attraversa il cuore produttivo dell’Italia, rischia di tramutarsi nell’ennesimo fallimento infrastrutturale lombardo di grandi proporzioni, il cui maggiore esempio è Malpensa.
Il Monte Rosa sulla sfondo di Malpensa (Flickr / Luigi Rosa)

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Non si conoscono in profondità i dettagli del buco; sappiamo solo che è stata prima chiesta la defiscalizzazione di Iva, Ires e Irap, richiesta respinta dal governo. In questi giorni, poi, Regione Lombardia e ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sono al lavoro per erogare un contributo di circa 330 milioni di euro, con profili giuridici dubbi rispetto alla normativa comunitaria in tema di aiuti di Stato.
Non è difficile immaginare le cause di un fallimento di tali proporzioni. Provo a sintetizzarle.
1. Innanzitutto la struttura in project financing dell’investimento non garantisce il contenimento dei costi. Nel caso specifico, sono lievitati da 800 a 1.800 milioni di euro. Questa dinamica è in genere dovuta alla tendenza degli azionisti della società veicolo che costruisce l’opera ad operare anche come fornitori ed appaltatori tenendo i prezzi delle prestazioni relativamente elevati, dunque contribuendo ad incrementare i costi di investimento, con la consapevolezza (ed in taluni casi, con la garanzia formale) che il settore pubblico interverrà per ripianare i conti.
Un’immagine del Bronx vista (con distorsione) da Google Earth

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2. I flussi di traffico realizzati sino ad ora (20.000 veicoli al giorno) sono esattamente la metà di quanto stimato ex ante (40.000 veicoli). Volendo anche mettere da parte la malafede degli analisti, rimane la questione di una previsione profondamente errata. È, questa, una costante per investimenti che vanno a localizzarsi in contesti privi di modelli di trasporto affidabili. La selezione di progetti “con la pancia” e con volumi di traffico che sono la semplice proiezione di trend inverosimili comporta un eccesso di investimenti, a danno dei conti pubblici.
Brebemi
(foto Giulia Ticozzi / Linkiesta)
3. Un’ulteriore causa dell’esiguità dei flussi di traffico è da ricercarsi in una politica tariffaria non coerente con il mercato e il contesto di riferimento. La Commissione Europea stima per l’Italia un valore del tempo di 16,12 euro all’ora per le automobili e di 22,58 euro all’ora per i veicoli commerciali. Utilizzare la Brebemi invece della vecchia A4 comporta attualmente un guadagno in termini di tempo di circa 20 minuti. Consideriamo ora il seguente schema tariffario tra Brescia e Milano, con differenziale di prezzo tra le due strade, e compariamolo con i relativi valori del tempo (tutti i valori sono in euro).

Come si vede, dunque, non c’è alcuna convenienza ad utilizzare la Brebemi poiché il costo aggiuntivo è superiore al valore del tempo risparmiato, con una differenza abissale soprattutto per i veicoli commerciali.
Brebemi

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Rimane, infine, la questione, attualmente inverificabile, circa l’incompiutezza della Brebemi fino a che anche la Tangenziale Esterna Milano non verrà ultimata.
Dati questi argomenti, sembra, invece, che la Brebemi sia l’ennesimo capitolo della saga delle infrastrutture lombarde concepite male nel corso degli ultimi 15 anni, se non palesemente inutili in un’Europa in cui si cerca di deviare merci e passeggeri dalla strada alla ferrovia.
Brebemi
(foto Giulia Ticozzi / Linkiesta)
La risposta a questa incapacità gestionale non può e non deve essere l’intervento pubblico, se non subordinato ad una rimodulazione razionale delle tariffe ed una due diligence seria dei costi dell’infrastrutture per evitare che quei 330 milioni servano in realtà a pagare alti tassi di rendimento per gli azionisti/fornitori.
Infine, non è chiaro perché una società veicolo infrastrutturale non possa fallire come qualsiasi altra impresa. Il mercato è impietoso con chi sbaglia, perché fare un’eccezione in questo caso? Il fallimento della Brebemi SpA comporterebbe una riassegnazione dell’autostrada sottostante ad un altro concessionario, magari più efficiente. Perché rinunciare a tale opzione? L’intervento di Regione Lombardia e del Ministero si collocano nel solco di quegli interventi scellerati nel settore dei trasporti, che nulla di buono hanno portato ai consumatori (pensiamo alla vicenda Alitalia).


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