martedì 16 dicembre 2014

Houston, Houston, Houston. Tra poco scompare anche Houston. Così faranno le Houstoniane.

M5s: dimissioni di Currò accelerano diaspora M5s. In 20 con le valigie in mano, Palazzo Chigi lavora su un gruppo autonomo

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M5S

Sono le 13.15 quando Tommaso Currò si alza in Aula e prende la parola. Dai banchi del Partito democratico si sente una voce: "Silenzio, ascoltate". Qualcuno dalle parti del Nazareno sapeva quel che stava per accadere. E di fronte a Matteo Renzi il primo dei dissidenti del Movimento 5 stelle compie il suo strappo. E lo fa con toni che non sono solo di critica nei confronti dei suoi (ex) compagni di strada, ma anche di plauso al governo: "Da un lato c'è chi si assume la responsabilità di governare il Paese e dall'altro chi tenta di risolvere la crisi esclusivamente con atteggiamenti pregiudizievoli per la stabilità delle Istituzioni della Repubblica". 
E ancora: "C'è chi intende migliorare le regole per un Europa più equa e più giusta e chi propone alleanze con la destra populista di Farage, predicando una deleteria uscita dall'Euro e minando quel processo di integrazione degli Stati che ha permesso all'Europa di godere del più lungo periodo storico di pace". "Il discorso glie l'ha scritto Pina Picierno", commenta un suo collega uscendo dall'emiciclo. E in effetti toni e motivazioni sembrano andare oltre quelli di un semplice strappo. Il premier rimane fino all'ultimo al suo posto per ascoltarlo. Qualche passo più in là alcuni suoi fedelissimi commentavano: "È solo l'inizio, ne vedrete delle belle". 
Perché il colpo di teatro del deputato siciliano è studiato fin nei minimi dettagli. Compreso l'allontanamento poco prima della fine dei lavori, telefono spento. Dopo il fragoroso applauso levatosi dai banchi del Pd, un deputato semplice si accosta ad un colonnello renziano. "Ma quindi viene con noi adesso?". La risposta è eloquente: "Non subito, prima passa dal Misto".
Quando si chiedono conferme ai suoi colleghi, con i pochi con cui Currò ha condiviso la scelta, non arriva nessuna smentita. Anzi, suona quasi come un sì il "di certo il suo orientamento politico non è di centrodestra, capiamoci". Passa un Dem in Transatlantico: "Ma sì, il gruppo lo sa, è avvisato che passa con noi".
Non subito. La situazione è più complicata. Perché nella mente di Palazzo Chigi Currò potrebbe essere un polo di attrazione per un gruppetto autonomo ma non assimilato al partito. Che possa attirare le attenzioni degli altri fuoriusciti del M5s, di qualche deputato del Misto e, perché no, di qualche pezzo di diaspora montiana. Gli sherpa del Pd sono al lavoro su altri tre o quattro grillini. Le carte sono coperte, gli interessati smentiscono categoricamente, ma i principali indiziati sono quelli rimasti più scottati dall'espulsione di Massimo Artini e Paola Pinna.
Così si procede in un'operazione di scouting discreto. Sia perché l'affidabilità di eventuali nuovi fuoriusciti è tutta da verificare, sia perché l'incapacità del gruppetto di senatori che da tempo hanno detto addio al Movimento di dare vita ad un soggetto autonomo sono finora miseramente naufragati. 
Perché il discorso va fatto in parallelo anche al Senato. È una questione di numeri, di puntellare una maggioranza risicata, certo, di aprire nuovi scenari sul fronte Quirinale. Ma è anche, soprattutto, una questione politica. Si tratta di marcare l'appeal del governo, di segnare mediaticamente un solco su quanto il premier attragga consensi e quanti ne perda plasticamente Beppe Grillo. Per cui qualcuno potrebbe sicuramente arrivare tra i ranghi della maggioranza, così come hanno già fatto a Palazzo Madama Lorenzo Battista e Fabiola Anitori. Ma il piano A è quello di attrarre i possibili nuovi fuoriusciti in un soggetto autonomo, con cui il Pd possa dialogare organicamente. Anche perché molti di quelli in odore di addio non hanno di certo un orientamento sinistrorso, e l'operazione di inglobamento potrebbe frantumare ulteriormente il gruppetto di fuoriusciti e fuoriuscenti. 
La speranza è che la ventina di deputati e la manciata di senatori che da qualche settimana studiano il come e il quando strappare dalle truppe stellate venga stimolata dal corso degli eventi, e acceleri la scissione. "Dal mio punto di vista non cambia nulla - spiega uno di quelli che confermano che si sta ragionando alacremente sullo strappo - ma i tempi non si sanno, è tutto in itinere".
Se è vero che la mossa di Currò fosse nota a Palazzo Chigi già da ieri sera, come sussurrano i boatos del Transatlantico, i suoi colleghi ne sono rimasti totalmente spiazzati. Il deputato siciliano si era confidato solo con tre o quattro amici fidati. Molti avevano capito che qualcosa stava per accadere quando, intorno all'una, gli è stata notificata sugli smartphone la sua uscita da tutte le chat interne tra deputati e senatori a 5 stelle.
Quando prende la parola in aula il clima è elettrico. Alla fine dell'intervento il boato dai banchi del Pd, una ola ironica da quelli stellati. Ignazio La Russa lo attacca: "Ti devi dimettere per coerenza". Walter Rizzetto prende le difese dell'ex collega. Scoppia un parapiglia che coinvolge anche Adriano Zaccagnini (anche lui un ex grillino, ora con Sel), e Fabio Rampelli di Fratelli d'Italia. La Russa si rivolge a Walter Rizzetto, "Ti brucia, eh? Te ne devi andare. Imbecille". "Te ne devi andare tu che sono trent'anni che sei qui, coglione. Se la destra non esiste più è colpa tua", replica il deputato friulano.
Qualche passo più in là tutti gli uomini della comunicazione grillina, riversatisi davanti all'aula per cercare di tenere la situazione sotto controllo. Sono tanti i parlamentari che si rivolgono sprezzanti a Currò, fino al "Noi perdiamo pezzi, ma sono pezzi marci" di Barbara Lezzi, passando per il "Currò, ah, quello delle marchette" di Danilo Toninelli. Tra i pochi a solidarizzare Tancredi Turco: "Mi dispiace, Tommaso è un amico, prima che un collega". Netta tuttavia la presa di distanza sul sostegno al governo: "Quella parte non la condivido".
Da Genova e da Milano arrivano echi di una certa soddisfazione: "La slavina salva la montagna". Una metafora spiegata, se ce ne fosse bisogno, dagli uomini della comunicazione: "Prima se ne vanno tutti quelli che se ne vogliono andare, meglio stiamo". È solo questione di tempo. "In concomitanza con le elezioni del presidente della Repubblica?", chiediamo a uno di loro. "Non c'è un timing, però mi hai dato una buona idea".

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