venerdì 17 ottobre 2014

Sono anni che continuo a ripetere il contenuti di questo articolo. L'unica vera riforma è stata la Autonomia. Mandare a lavorare i sindacalisti e ogni scuola si metta alla prova.


17/10/2014

Una scuola efficiente? Servono autonomia e trasparenza

Spendiamo peggio della media dei paesi Ocse. Una chiave per ripartire? La competizione tra istituti
ROSLAN RAHMAN/AFP/Getty Images

ROSLAN RAHMAN/AFP/Getty Images

     
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Un tema che rimane costantemente al centro del dibattito pubblico, politico e istituzionale sul mondo della scuola, è quello del modo migliore di utilizzare le risorse disponibili per ottenere i migliori risultati possibili. «Fare meglio con meno» è diventato uno slogan e un imperativo; le risorse che potranno essere investite nel futuro nel settore educativo sono limitate – soprattutto in seguito periodo di crisi – e la generale impressione è che i risultati ottenuti non siano sempre in linea con l’ammontare delle risorse utilizzate dalle scuole.
La letteratura economica esistente tende, in effetti, a dimostrare la presenza di inefficienze nei processi educativi. Per esempio, in uno studio recentemente pubblicato nell’International Journal of Educational Management, insieme ad alcuni colleghi abbiamo studiato l’efficienza di un campione di scuole primarie e secondarie di I grado lombarde, ed evidenziato che i punteggi dei test Invalsi potrebbero essere, in media, più elevati del 20% se le risorse disponibili fossero utilizzate in modo ottimale[1]. Tuttavia, gli studi esistenti in questo filone – la maggior parte dei quali condotti in Uk, Usa, Spagna, Australia – confrontano scuole operanti in singoli Paesi, senza considerare la possibilità di comparare le attività delle scuole del proprio Paese con quelle di altri istituti in Paesi diversi. Recentemente, la disponibilità di nuovi dataset internazionali ha aperto le porte a nuove possibilità di studio e di analisi, e ciascuna scuola può trarre ispirazione e suggerimenti da “pari” operanti in contesti totalmente differenti.  
In un recente lavoro[2], abbiamo effettuato una stima dell’efficienza di oltre 8.600 scuole operanti in 30 paesi Ocse, utilizzando i dati sugli apprendimenti di campioni rappresentativi a livello nazionale di studenti quindicenni (i noti dati Ocse-Pisa edizione 2012). Il concetto di efficienza è definito in senso tecnico: da una parte, ci sono gli input – nel nostro caso, il rapporto tra studenti e docenti, il numero di computer per studente, un indicatore del background socioeconomico medio degli studenti – dall’altro gli output, ossia, il punteggio medio in Lettura e Matematica ottenuto in Ocse-Pisa 2012. L’indicatore di efficienza viene stimato attraverso una tecnica statistica che “disegna” una frontiera di scuole efficienti (cioè che massimizzano i propri risultati, date le risorse disponibili) e misura l’inefficienza delle altre scuole come distanza da tale frontiera. Ogni scuola riceve un punteggio di 1 se efficiente, ed un punteggio <1 1="" 30="" campione.="" da="" dalle="" del="" delle="" determinata="" di="" distanza="" efficienti="" facenti="" frontiera="" in="" inefficiente="" inefficienza.="" intensit="" italia="" l="" la="" lavoro="" le="" ma="" misura="" nei="" nel="" non="" nostro="" operanti="" p="" paesi="" parte="" scuole="" se="" solo="" tale="" tutte="">
I risultati mettono in luce che, in media, l’efficienza delle 8.600 scuole è pari a 0,73: ossia l’output – punteggio nei test Pisa - potrebbe essere aumentato del 27% a parità di risorse. Per l’Italia, il punteggio di efficienza è pari a 0,71 – il punteggio Pisa delle scuole potrebbe essere aumentato, in media, del 29% se le risorse fossero utilizzate al loro massimo livello di efficienza. Per fornire un quadro entro cui leggere questi dati, il Paese dove le scuole hanno punteggi di efficienza mediamente migliori è Singapore (0,84), seguito da altri due paesi asiatici (Corea del Sud e Giappone), e poi da Polonia ed Estonia. Tra i Paesi con i punteggi di efficienza delle scuole mediamente peggiori, sono da annoverare Slovenia (0,67) e Israele (0,70). Volendo fare una sintesi estrema dell’efficienza media delle scuole italiane, è interessante osservare la seguente figura, in cui si osserva come l’Italia spicchi per risultati in matematica PISA ancora piuttosto mediocri (in media, inferiori a 480 – si veda asse verticale – laddove la media Ocse è 500) e, allo stesso tempo, per un certo grado di inefficienza (rappresentato sull’asse orizzontale). Paesi vicini, con cui soliamo confrontarci (in particolare, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna), si trovano in alto a sinistra rispetto all’Italia, e mostrano dunque risultati nei test più elevati e migliore efficienza. 
La relazione tra punteggi nei test ed efficienza, per Paese
La relazione tra punteggi nei test ed efficienza, per Paese
Comunque, l’elemento più interessante è quello legato alla grande variabilità interna al nostro Paese. La seguente figura illustra la distribuzione dei punteggi di efficienza delle scuole italiane a confronto con quelli di altri Paesi europei, e mette in evidenza come all’interno del campione di scuole italiane ve ne siano talune con punteggi di efficienza eccellenti, comparabili a quelli delle scuole più efficienti d’Europa (e del mondo), ma anche scuole decisamente inefficienti. In questo senso, non esiste la “tipica” scuola italiana, ma invece situazioni molto diverse.
La distribuzione dei punteggi di efficienza delle scuole in alcuni paesi europei
La distribuzione dei punteggi di efficienza delle scuole in alcuni paesi europei
Attraverso un’analisi econometrica, in questo lavoro mostriamo anche che vi sono alcuni fattori statisticamente associati ad una maggiore efficienza delle scuole italiane: l’organizzazione di attività extracurriculari, il grado di competizione (le scuole dove il preside dichiara di “competere” con altre scuole sono più efficienti), l’esercizio di autonomia nelle decisioni di allocazione interna del budget da parte dei dirigenti scolastici, ed altre ancora.
Concludendo, il confronto tra l’efficienza delle scuole italiane e quella di un vasto campione di scuole operanti in diversi Paesi, con contesti ed organizzazioni molto differenti, rivela che in molti Paesi la distribuzione dei punteggi di efficienza delle scuole è decisamente migliore che nel nostro. In questo quadro, molte scuole italiane sono comunque confrontabili con scuole simili (e molto efficienti) operanti in altri Paesi; altresì, molte altre scuole soffrono sia di scarsi risultati che di gravi inefficienze.
Quali implicazioni di policy si possono trarre da questo studio? I risultati consentono alle scuole meno efficienti di osservare i dati di quelle più efficienti, ed in particolare studiare loro caratteristiche di funzionamento e di attività. Traendo spunto da tali dati quantitativi, ogni scuola dovrebbe poi adottare in totale autonomia il mix di risorse, azioni e pratiche che ritiene più efficaci per migliorare i propri risultati di apprendimenti medi e/o la propria efficienza. Successivamente, grazie alla disponibilità di questi dati in un’ottica intertemporale e internazionale, potrebbe monitorare l’eventuale miglioramento degli indicatori di riferimento nel tempo e rispetto alle altre scuole italiane e di altri Paesi, e ‘correggere la rotta’ qualora i risultati tardassero ad arrivare. Un sistema di valutazione di questo tipo non sacrificherebbe il prezioso tesoro di esperienza di docenti e dirigenti scolastici, ma stimolerebbe anzi questi attori a fare i conti con gli aspetti più ‘misurabili’ dei risultati delle loro articolate azioni – senza svilirne il contenuto culturale ed educativo.
Per intraprendere questa direzione occorre, comunque, coraggio: accettare un sistema di valutazione trasparente, e rinunciare all’idea della “buona scuola” centralisticamente disegnata e regolata dallo Stato. È, infatti, dalla pluralità di esperienze e realtà scolastiche (le molte “buone scuole”) che possono derivare esempi virtuosi da discutere ed, eventualmente, seguire.
*Politecnico di Milano School of Management
TJ Alexander Fellow presso OECD
email: tommaso.agasisti@polimi.it

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