mercoledì 15 ottobre 2014

La mia meraviglia non è lo scandalo Expo. La mia meraviglia è che non si riesca a scoprirne almeno altre mille di situazioni analoghe.

Carriere bruciate e tangenti: la maledizione dell’Expo 

Arriva il 2015. In sei anni fatta fuori una classe dirigente. In Usa si sente male pure la mascotte
   
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EXPO 2015 / EBOLA / NEW YORK / GIULIANO PIS
Raccontano gli spifferi d’oltreoceano che il viaggio del sindaco di Milano Giuliano Pisapia in questi giorni a New York per presentare l’Expo 2015 non stia andando nel migliore dei modi. Nella Grande Mela da martedì 14 ottobre, il primo cittadino sta cercando di convincere gli americani sul successo dell’esposizione universale che partirà il 1° maggio del prossimo anno. Ma chi bazzica le conferenze stampa e gli incontri privati assicura di tanti sbadigli, paure - qualcuno ha persino parlato del pericolo del virus Ebola per la presenza di milioni di persone - e malori: l’uomo mascotte con il travestimento di Expo 2015 ha avuto un mancamento per il troppo caldo tra le risatine dei presenti. Del resto, la maledizione di questo evento che si prefiggeva quattro anni fa di rilanciare il sistema Paese continua imperterrita. 
In quasi sei anni Expo è riuscito a radere al suolo quasi un’intera classe dirigente, dal centrodestra al centrosinistra, dalla magistratura ai boiardi di stato. Basti pensare all'ex direttore generale di Infrastrutture Lombarde Antonio Rognoni, finito in arresto perché accusato di aver truccato gli appalti. E che dire di Romano Prodi? L’ex presidente del Consiglio era presente a Parigi il 31 marzo del 2008, quando il capoluogo lombardo vinse la sfida contro Smirne. La storia della sua candidatura alla Presidenza della Repubblica è nota, come la congiura dei misteriosi 101 parlamentari che l’hanno affossata. Epilogo simile per Letizia Moratti, ex sindaco di Milano, uscita nel frattempo dalla politica e ormai impegnata nel sociale presso il centro di riabilitazione di San Patrignano.
Il cantiere del padiglione svizzero nel sito di Expo 2015, a Rho

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“Chi tocca l’Expo ci rimane secco”, ripetono ormai in tanti a piazza della Scala. Anche Roberto Formigoni, ex presidente di regione Lombardia, che tanto si era speso per portare a casa il risultato è finito nel dimenticatoio, sommerso dalle indagini e dagli scandali. Persino Emma Bonino, all’epoca ministro delle Politiche Europee poi ritornata con il governo di Enrico Letta con la delega agli Esteri, è scomparsa. Di più. Pisapia e il governatore lombardo Roberto Maroni sanno che passerà dal successo della manifestazione la loro ricandidatura, per il primo nel 2016, per il secondo nel 2018.
Persino le toghe si sono spaccate su Expo, con il capo della procura meneghina Edmondo Bruti Liberati sempre più ai ferri corti con l’aggiunto Alfredo Robledo. E il casus belli sono state proprio le indagini che hanno riguardato la gestione degli appalti sul sito espositivo. E qui le inchieste sembrano non vedere la parola fine. Dopo la raffica di arresti prima dell’estate, con i protagonisti della prima Tangentopoli di ritorno sui quotidiani, da Gianstefano Frigerio fino a Primo Greganti, martedì è stato il turno di Andrea Castellotti, il Facility Manager del Padiglione Italia e di Antonio Acerbo, ex sub commissario di Expo. La vicenda è grottesca. Perché di mezzo ci sarebbe il figlio dello stesso Acerbo, Livio, da piazzare da qualche parte per farlo lavorare in cambio di un appalto per la Tagliabue Spa di Giuseppe Asti. Il verbale di Asti è a tratti surreale. 

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«Quando ho incontrato il figlio di Antonio Acerbo l'ho ritenuto realmente una persona priva di qualsiasi tipo di professionalità che potesse in qualsiasi modo giustificare un rapporto contrattuale che sottendesse un esborso di denaro», ha detto Asti interrogato dai pm di Milano, spiegando che non riuscì ad assegnare un contratto di consulenza al figlio di Acerbo. E che gli era stata richiesta quella forma di «remunerazione» come «corrispettivo» dell'aggiudicazione della gara sulle “vie d'acqua” alla cordata di imprese composta anche dalla Tagliabue.
Il passaggio del verbale reso da Asti davanti ai pm è contenuto nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Milano Fabio Antezza. Asti ha spiegato ai pm che «dopo l'incontro con il figlio di Acerbo promisi a Castellotti» - il Facility manager di Padiglione Italia, anche lui in arresto - «che mi sarei adoperato quanto prima per trovare “qualcosa da fare” al ragazzo». Peccato, però, che Livio Acerbo, figlio di Antonio, non aveva alcuna competenza professionale. «Per farla breve - ha aggiunto Asti - la ritenevo troppo “sporca” come modalità di ringraziamento nei confronti di Antonio Acerbo».

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Ma al netto delle inchieste, delle polemiche, dei malori e della paura dell'Ebola - persino Maroni ha detto senza troppi problemi che «durante l’Expo, il virus Ebola potrebbe diffondersi in tutta Europa, partendo da Milano» - sono i lavori in corso a preoccupare. A 200 giorni dall'inizio è ancora tutto bloccato. Il contachilometri segna ancora un terzo della strada da percorrere per riuscire a chiudere in tempo il cantiere. Gli Open Data Expo pubblicati su internet il 1° ottobre rivelano che è stato speso solo il 43% degli importi impegnati e che servono ancora 5.211 giornate di lavoro per completare il sito espositivo: si tratta di 150 giorni per cantiere, 34 in totale, appaltati a 31 società capofila (per il 38% lombarde). Per quanto riguarda i padiglioni nazionali, sono 41 i Paesi ad aver iniziato i lavori, mentre i restanti assicurano che inizieranno gli scavi a breve. In pratica siamo fermi al palo. Inchieste o non inchieste. Con l'arrivo del commissario straordinario contro la corruzione Raffaele Cantone, Ebola o non Ebola, Expo rischia di mietere altre vittime.

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