sabato 18 ottobre 2014

Ma come può durare nel tempo una persona che urla sempre contro tutti e non riesce a costruire niente di niente?

18/10/2014

Grillo era il protagonista, è diventato una comparsa

Il declino del leader a Cinque Stelle, nell’epoca di Renzi non buca più lo schermo
Beppe Grillo
   

L’entusiasmo di un popolo, i concerti e i comizi. Il Circo Massimo avrebbe dovuto rappresentare la consacrazione per un Movimento in fase di assestamento. A ben guardare, Italia 5 Stelle è stata la festa del ritorno in piazza, il ricongiungimento della testa con la pancia, l’abbraccio tra portavoce e attivisti. Ma dopo la tre giorni di gazebo e agorà resta poco o nulla nel dibattito politico. Italia 5 Stelle sparisce dai radar e le battaglie annunciate nell grande kermesse romana (reddito di cittadinanza in primis) tornano a galleggiare nell’etere pentastellato. «È stata una bellissima festa col Movimento delle origini - ammette un insider - un po’ come se il tempo si fosse fermato, ma i problemi restano quelli di sempre». E infatti sono tornati a riaffacciarsi guai interni di varia natura. La questione poco chiara che coinvolge mail interne e sistema operativo “parallelo” messo in piedi dal deputato Artini, la rinnovata litigiosità tra ortodossi e dissidenti, infine le espulsioni. Il consigliere regionale dell’Emilia Romagna Andrea De Franceschi è stato fatto fuori per una questione di interviste comprate, il sindaco di Comacchio Marco Fabbri cacciato per aver partecipato alle elezioni provinciali con altri partiti in una regione ieri incubatrice e oggi vaso di pandora per il Movimento.
Ma l’impasse è anche mediatico. Al netto della vocazione retroscenista della stampa, i Cinque Stelle assistono da mesi a una progressiva normalizzazione del proprio ruolo pubblico. «Non si risolvono i problemi querelando i giornalisti- ripete più di qualcuno nel Movimento - piuttosto dovremmo attrezzarci meglio per le nostre battaglie come quella sull’euro. Più contenuti, più argomentazioni e più esperti altrimenti l’opinione pubblica ci stronca in un baleno». Dal clamore degli inizi all’appiattimento di oggi, lo stallo non risparmia nemmeno i due leader. La comunicazione di Beppe Grillo non buca più come una volta, c’è chi lo vede «stanco», le urla diventano afone e i titoli di giornale arrivano solo a margine della contestazione riservatagli a Genova. Dove Grillo, e non altri, ha messo la faccia. L’altro cofondatore, Gianroberto Casaleggio, è stato impegnato da problemi di salute. Se ieri era il nucleo operativo del Movimento, oggi il guru faticherebbe a dirimere le mille questioni interne delegando il figlio Davide, sempre più plenipotenziario tra blog e gestione “tecnica” del Movimento. Sul piatto restano però i dubbi di attivisti e parlamentari in tema «organizzazione», partendo proprio dalla linea di comando e da quel «problema di leadership» evocato da Federico Pizzarotti. Il sindaco di Parma è condannato al doppio ruolo di amministratore “illuminato” a cui guardano i dialoganti e figura ingombrante per chi pensa che sia lui ad aizzare le polemiche.
Federico Pizzarotti

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Intanto in Parlamento si rivede il Movimento delle origini. La bagarre sul Jobs Act, l’ostruzionismo sullo Sblocca Italia, le matite rotte nella cabina per la votazione dei giudici costituzionali. L’attività è sfiancante, le sedute si protraggono fino a notte e le energie spese diventano notevoli. Per alcuni parlamentari stellati, e non è una novità, questa linea non paga: «Rischiamo sempre e comunque di finire all’angolo». Ma c’è anche l’altro lato della medaglia. «Facciamo l’opposizione che per vent’anni non è stata fatta», ripeteva pochi giorni fa Alessandro Di Battista a Linkiesta, annunciando ostruzionismo «su tutto finchè non passeranno le nostre proposte». Nel frattempo un'altra senatrice, Cristina De Pietro, lascia il Movimento più o meno nelle stesse ore in cui Luis Orellana viene bersagliato dagli ex colleghi M5s (“verme”) per aver votato con il governo. Il tutto a pochi giorni dall’incoronazione che i media avevano immaginato per Luigi Di Maio e che poi, almeno formalmente, non c’è stata. 
Una sponda politica è arrivata dalla Lega Nord, con Matteo Salvini «pronto» a incontrare Grillo per dialogare sui temi comuni usciti da Italia 5 Stelle. L’ex comico ha risposto picche, non senza i mal di pancia di chi, dentro il Movimento, pensa che si debbano giocare tutte le carte per vincere la battaglia sull’euro. «Se siamo post-ideologici, perché dobbiamo mandare affanculo Salvini sull’Euro? Non si parla di alleanze, ma di aperture sui temi». Un punto fermo è quello del ritorno al contatto diretto coi cittadini: lo stesso referendum per l’uscita dall’euro lanciato al Circo Massimo si pone come metodo. Raccogliere le firme, cioè tornare all’impegno tra i cittadini, è forse più importante del risultato finale, che inevitabilmente è difficilissimo da raggiungere. Intanto Antonio Di Pietro si arma per la corsa a sindaco di Milano e prova a sondare i Cinque Stelle per una convergenza. Nei giorni scorsi l’ex pm era al Circo Massimo e adesso assicura di avere ottimi rapporti coi due cofondatori. Restano da capire quanti e quali margini ci siano per un percorso comune verso Palazzo Marino. Sempre che un’eventuale apparentamento non crei ulteriori deflagrazioni nella galassia stellata.

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Ma i problemi del Movimento non insistono soltanto sull’asse Roma-Milano-Genova. Nella mappa pentastellata diventa cruciale anche Bruxelles, dove il Movimento è approdato per la prima volta a giugno con le elezioni europee. Flop o meno, il voto non è andato come speravano i Cinque Stelle e il 40% di Renzi è stato oggetto della prima vera seduta di autocoscienza. Quello europeo è stato e continua a essere un percorso tribolato per il Movimento: prima le violente polemiche per l’alleanza con Nigel Farage poi, non senza fatica, la formazione del gruppo Efdd. In questi giorni l’epilogo beffardo: l’eurodeputata lettone Iveta Grigule lascia il gruppo che così non soddisfa più la condizione richiesta di avere rappresentanti di almeno sette paesi ed è costretto allo scioglimento. Nel mezzo è piombato il terremoto, tutto stellato, dell’azzeramento del gruppo comunicazione guidato da Claudio Messora per volere degli europarlamentari grillini, già finiti al centro delle critiche per il mancato taglio degli stipendi. E l’impressione è che il romanzo europeo dei Cinque Stelle sia solo ai primi capitoli.
«Che fare?», parafrasando il libro di Vladimir Lenin (il cui sottotitolo era «problemi scottanti del nostro movimento»), si aprono mille sfide per i Cinque Stelle. Che secondo le stime dei sondaggi viaggiano intorno al 20%, tutt’altro che assenti. Eppure l’autunno caldo rischia di trasformarsi un sentiero gelido e accidentato per un Movimento demansionato nel dibattito pubblico mentre Renzi cannibalizza i media e le riforme. «Dalla questione morale dovremmo spostare l’attenzione alla questione sociale». Il consiglio, sussurrato a microfoni spenti, arriva da chi è dentro il Movimento e vicino ai cofondatori: «La lotta alla casta e alla corruzione sono temi ormai riassorbiti nel sistema, argomenti su cui Renzi ha martellato. Adesso dovremmo puntare forte sulla situazione incandescente del paese, partendo dai problemi economici». 

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