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Meno male che Angela c'è
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Meno male che Angela c'è, verrebbe da cantare. Il vertice Asem di Milano è stata un'altra prova, un ennesimo racconto, una fisica rappresentazione di perché l'Europa, nel formato attuale e con la attuale classe dirigente, continuerà semplicemente il suo inesorabile declino verso l'annullamento di sé.
Parole troppo forti? Si certo, se si pensa al protocollo che l'Europa si (e ci) ha cucito addosso: un far politica come rassicurazione, formalità e rappresentanza. Questo protocollo, che mira a non porre mai sul tavolo la verità in discussione, ieri è stato ribaltato in funzione di un attacco contro l'Europa stessa.
È quel che ha fatto il Presidente Russo Putin per inviare un suo provocatorio messaggio di sfida ai convitati di Milano, un "di-voi-me-ne- sbatto" sbattuto in faccia ai grandi del mondo. L'ex agente del Kgb, divenuto leader di uno dei più potenti paesi, è arrivato al vertice Asem in ritardo, preferendo alla puntualità una significativa (per tutti noi dell'Occidente - ricordate la guerra dei Balcani?) tappa nella amata Serbia per quella che è da sempre una delle preferite attività dei leader moscoviti: una bella parata militare. A sera si è presentato in ritardo al tavolo reale dove erano seduti tutti i Grandi presieduti dal Presidente Napolitano, lasciando in bella vista di telecamere la sua sedia vuota. È poi andato via nella notte milanese nella sua limousine nera, giacca in spalla, camicia sudata, per raggiungere un party privato, dal suo amico Silvio Berlusconi, come un qualunque vitellone di provincia.
Putin non è nessuna di queste cose, beninteso - conosce benissimo il valore della formalità, del rispetto, dell'ordine, delle relazioni internazionali e della disciplina nazionale, come ben si vede da come gestisce il suo paese. Ognuna delle trascuratezze, ogni minuto di ritardo erano calcolati per umiliare il consesso internazionale in cui si trovava, per far capire, agli uomini e alle donne presenti, di non avere nessun rispetto delle loro leadership, del loro ruolo e, dunque, delle loro decisioni politiche - sanzioni contro la Russia innanzitutto. Posizione di scontro resa poi esplicita nei vari e multipli colloqui (tra il moscovita e vari altri leader) che hanno monopolizzato di fatto il summit dell'Asem.
Insomma, Putin a Milano ha mirato a provocare e svuotare i riti della politica internazionale. E nello stato presente di grande tensioni fra la Russia e il resto del mondo adottare questo comportamento è certo una legittima tattica di guerra.
Quello che colpisce è piuttosto un altro aspetto di questa frizione. Dei tanti presenti solo uno dei leader, Angela Merkel, ha risposto alle provocazioni del Russo. Con toni che hanno squarciato la messa cantata in corso: " Non vedo nessun miglioramento" è stata a un certo punto la valutazione che la Cancelliera ha fatto trapelare. Putin da parte sua ha reso impossibile un incontro cha la Merkel voleva prima dell'incontro fra lui e Napolitano. Per arrivare a punte di tale durezza, è lecito pensare che fra la Russia e la Germania , nel chiuso degli incontri devono essere volati i vasi da fiori. Né i due si sono fatti sconti in assemblea plenaria, pare. Lo scontro fra i due ha di fatto dominato,come si diceva, il summit e il giorno si è chiuso con solo una piccola nota di ottimismo su un parziale accordo sul gas. Le questioni della guerra, dei diritti umani, delle elezioni in Ucraina, sono state lasciate aperte e innominate.
Né poteva essere differente. I rapporti fra l'Europa e la Russia ha ramificazioni amplissime. Basti pensare al silenzioso ruolo di Mosca nella guerra contro l'Isis in un territorio, il Medioriente, che il Kgb prima, e la intelligence di oggi, così ben conosciuta a Putin , ha costruito per decenni una presenza russa di incalcolabile peso.
Quello che poteva essere differente a Milano è l'atteggiamento avuto dagli altri leader europei, che hanno proceduto con i brindisi augurali, ignorando la sedia vuota di Putin, emettendo i soliti comunicati fiduciosi, attenti a rispettare orari e riunioni, a occhi bassi davanti alle tensioni in corso, nel timore, di rovinare qualche business, qualche contatto, qualche contratto in corso.
Un perfetto ritratto, insomma, del perche l'Europa così com'è oggi non può andare da nessuna parte, non può avere una politica estera , non può gestire nessuna crescita, ma solo gestire con attenzione interessi mercantili. L'Europa che abbiamo visto a Milano è ancora una volta quella piccola Europa delle occhiute difese di tempi e privilegi di ognuno. Una Europa non a caso guidata dalla stessa classe dirigente di sempre, soliti burocrati di lungo corso, spostati da un incarico all'altro con un megaCencelli della conservazione dei rapporti di forza dell'esistente. Riprova che un cambiamento non è avvenuto nemmeno di fronte alla ondata di euroscetticismo nelle urne.
Nessun cambio di verso, lì.
L'Europa oggi continua a parlare alto e a praticare basso. Non sembra avere nessuna intenzione di gettare il cuore oltre nessun ostacolo - nemmeno quello dell'Ebola, nemmeno quello del terrorismo, come deduciamo dai vaghi risultati delle riunioni dedicate a questi temi in questi giorni. Convinta, l'Europa, di poter sempre operare sotto le ali di un potere piu' grande, quello degli Stati Uniti di solito ma nche quello della Merkel. Se questa donna e' la dura regina dei nostri paesi c'e' una ragione, e a Milano e' sembrata anche una ottima ragione.
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