sabato 18 ottobre 2014

Riceviamo e pubblichiamo.

È l'unica artista indipendente curda e di religione yazida sulla scena europea.
Si chiama Lisa Gulizar e ha 28 anni: ha lasciato la Germania per studiare, ma il destino ha voluto che diventasse una modella. Si è trasferita nel Regno Unito subito dopo la scuola superiore. E qui, mentre si laureava all’università di Oxford Brooks, ha iniziato a calcare le passerelle. Oggi vorrebbe far conoscere la sua cultura al mondo, soprattutto alla luce delle persecuzioni a cui sono sottoposti gli yazidi dallo Stato Islamico (Isis). «Stiamo attraversando uno dei momenti più difficili della nostra storia, già costellata di persecuzioni e fughe», dice a Lettera43.it. «Non c’è un singolo momento della mia vita in cui non pensi a quel che sta succedendo. E sono pronta a fare tutto quel che posso per aiutare. Voglio usare il mio lavoro per attirare l’attenzione su questa terribile situazione».
PER L'ISIS LE DONNE YAZIDE SONO SCHIAVE. La guerra tra jihadisti e curdi non si sta combattendo solo a Kobane, città siriana al confine con la Turchia, ma anche sul fronte della propaganda. Nel quarto numero della sua rivista online, Dabiq, l’Isis sostiene la legittimità della riduzione in schiavitù sessuale delle donne degli “infedeli” in base alla legge islamica. «Ci si dovrebbe ricordare che ridurre in schiavitù le famiglie dei kuffar e prendere le loro donne come concubine è un aspetto saldamente stabilito dalla Sharia», si legge sulla rivista. Un rapporto della Ong Human Rights Watch riferisce di centinaia di donne yazide vendute come schiave sessuali. «Abbiamo raccolto storie scioccanti di conversioni religiose forzate, di matrimoni forzati e di abusi sessuali e schiavitù», ha denunciato Hrw nel rapporto redatto sulla base di 76 interviste. I dati forniti dai ricercatori dell’Onu sono ancora più allarmanti: si parla di 7 mila donne yazide in mano all’Isis.

  • La modella curda Lisa Gulizar, 28 anni.

DOMANDA. Lisa, qual è il ruolo delle donne nella vostra cultura?
RISPOSTA. Siamo libere di indossare, mangiare e bere quello che vogliamo, e di vivere dove vogliamo. Non ci sono matrimoni combinati, crediamo nel matrimonio monogamico. I nostri uomini accettano e rispettano le opinioni delle donne e la nostra libertà di scegliere. Siamo cambiati con il tempo e penso che ciò sia positivo.
D. Cosa pensa invece della figura della donna nella religione islamica?
R. L’idea che l’Isis ha delle donne è molto arretrata. Le donne musulmane sono trattate come proprietà e devono fare quello che dicono gli uomini. Sono subordinate, non hanno pari diritti e vengono usate per la riproduzione e il piacere, solo per servire l’uomo. I musulmani liberali sono diversi da loro. Le donne musulmane hanno gli stessi diritti degli uomini e sono donne in carriera. Sono inoltre libere di indossare ciò che vogliono.
D. Molte donne curde a Kobane stanno combattendo accanto agli uomini.
R. Ho molto rispetto per loro. So che prendono parte ai combattimenti perché i soldati musulmani pensano che andranno in Paradiso se uccisi da un uomo, ma non da una donna.
D. E riguardo alle donne europee che si uniscono ai jihadisti?
R. Mi dispiace tanto per le donne convinte che ciò che fa l’Isis sia ciò che Dio vuole. Non penso che sarebbero d’accordo se le stesse cose accadessero a loro o alle loro sorelle e figlie. È una contraddizione per una donna accettare una religione come quella dell’Isis, che consente di stuprare e rapire ragazzine e donne innocenti. Tutto questo è vergognoso.
D. Perché l’Isis ce l’ha tanto con gli yazidi?
R. Secondo il Corano, gli yazidi hanno ucciso uno dei seguaci del profeta Maometto. Inoltre sono accusati di essere adoratori del Diavolo e non credenti. Il che non è vero.
D. E qual è la verità?
R. La verità è che questa minoranza religiosa è stata un bersaglio dell’Islam per centinaia di anni. Gli yazidi non hanno mai avuto un esercito per proteggersi. Sono sempre stati descritti come un popolo con una religione pacifica e come buoni padroni di casa per i loro vicini. E queste caratteristiche sono state considerate una debolezza dalla maggior parte dei Paesi vicini.
D. Veniamo a quello che sta accadendo a Kobane: come mai quella città è così importante per il popolo curdo?
R. È una città strategica ed è un simbolo per i curdi, è la loro roccaforte.
D. Pensa che la coalizione anti-Isis stia facendo tutto il possibile per aiutare i curdi?
R. Dovrebbe fornire armi migliori allo Ypg (le unità per la protezione del popolo, ndr) perché i suoi combattenti ne hanno di vecchie e stanno lottando per la propria vita e per quella degli altri. L’Isis è dotato di una tecnologia molto più recente.
D. Che opinione ha della Turchia e del suo approccio al conflitto?
R. La Turchia, come membro della Nato, avrebbe dovuto agire diversamente. Ha un chiaro mandato per intervenire ed evitare che che l’Isis conquisti Kobane, città siriana al confine col suo territorio. Finora non ha fatto nulla: in realtà sta ancora sostenendo l’Isis.
D. E per quale motivo, secondo lei?
R. La Turchia non vuole un Kurdistan indipendente, che sarebbe controllato dallo Ypg. Ankara può anche avere alle spalle una storia di frizioni con i curdi, ma si sarebbe potuta mostrare più compassionevole. Sembra aver più paura di un Kurdistan indipendente che dello Stato islamico. Vuole reprimerci e acquisire la regione curda della Siria.
D. Parliamo di Europa: che rapporto ha con la sua comunità in Germania?
R. Sono appena tornata dalla Germania dove ho visitato la mia famiglia e il nostro centro comunitario, che aprirà per la prima volta il 26 ottobre. Ho anche preso parte a un incontro per organizzare l’apertura del centro. Tornerò il 26 per l’inaugurazione con il presidente dell’Associazione Kurdistan di Londra. Tutti i membri della comunità curdo-yazida sono stati di grande sostegno nel completamento dei lavori per il centro comunitario.
D. Come hanno reagito i membri della comunità alla sua decisione di andare all’estero?
R. Ho sempre voluto studiare in un Paese di lingua inglese. I miei genitori sapevano dei miei progetti. Hanno accettato tre anni prima che mi trasferissi nel Regno Unito, ma dentro di loro speravano che cambiassi idea, perché non è mai stato sicuro per uno yazida fuori dalla sua comunità.
D. Come vive la religione oggi? È praticante?
R. Noi yazidi abbiamo il diritto di scegliere se vogliamo praticare la nostra religione o no. È il nostro libero arbitrio. Nei miei primi 20 anni ho cercato anche di comprendere le altre religioni e come vengono praticate. Sono cresciuta in un Paese cristiano, la Germania, sperimentando una religione diversa, la sua pratica e le sue celebrazioni. Penso che sia affascinante.
D. In Germania ha mai avuto problemi a causa della sua religione?
R. Non proprio per la religione, perché non ne abbiamo mai parlato più di tanto. Le persone pensano sempre che siamo musulmani. Non è che teniamo la nostra fede nascosta, ma in genere io ne parlo solo quando mi fanno domande sulle mie origini. Sono contenta di rispondere perché è un modo per educare le persone.
D. Perché pensa che ci sia bisogno educare le persone?
R. Perché quel che è stato raccontato da alcuni media non è corretto. Se non sbaglio anche la Bbc e Channel4 hanno realizzato dei servizi che ci definiscono adoratori del Diavolo. Ciò non ha alcun senso. Mi sono chiesta: «Ma dove hanno fatto le loro ricerche?». Questa leggenda è stata inventata perché noi non abbiamo mai vinto una guerra. Da sempre sono i vincitori che scrivono la storia, raccontando al mondo intero la loro versione dei fatti. Ecco perché gli yazidi sono stati rappresentati come “i cattivi”.
D. Ok, allora ci dica qualcosa che la gente non sa della vostra religione.
R. Abbiamo due libri sacri: Kitab al-Jilwa e Mishefa Res. E in nessuno dei due è prescritto di adorare il Diavolo. Se proprio vuole sapere la verità, pronunciare la parola “Diavolo” nella nostra lingua è severamente vietato. Noi siamo adoratori del sole.
D. Concludiamo parlando del suo impegno: cosa fa per aiutare il popolo curdo?
R. Sono pronta a fare tutto quello che posso per richiamare l’attenzione su questa terribile situazione. Mi sento come se la nostra razza fosse stata cancellata non solo dalle mappe, ma anche dai libri di storia. E sto lavorando duro affinché tutto questo cambi. Stiamo cercando di ottenere l’autorizzazione per una serie di mostre sui curdi, il Kurdistan e gli yazidi nei vari musei del mondo, al British Museum e al Louvre.
D. Quali sono i suoi progetti per il futuro?
R. Mostrare la grande diversità del mio popolo e presentarmi come un talento in evoluzione. I progetti di moda e beneficenza a cui sto lavorando sono tanti e sono fonte d’ispirazione per i giovani che mi seguono. Attualmente sono uno dei volti di People are not products, una campagna umanitaria contro la bassa autostima. Non vedo l’ora di farla conoscere a tutti i frequentatori del centro comunitario yazida in Germania.

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