Luis Orellana: "Il M5S? Una srl che fomenta le mele marce"
Il senatore ex grillino dopo gli attacchi dei Cinque stelle: "Votando per la nota al Def del governo, ho fatto una scelta politica. Chi è contrario al Fiscal compact, dovrebbe capirlo. Non mi ha pagato nessuno, non andrò con Renzi e non sono uno Scilipoti"
Era il candidato dei Cinque stelle alla presidenza del Senato, una vita fa, quando il movimento aveva appena messo piede a Palazzo. Adesso, Luis Orellana, senatore della componente (ex grillina) Italia lavori in corso nel gruppo misto, è diventato per i grillini un “infame”, una “sanguisuga”, un “verme”. La sua colpa, aver “salvato” il governo, votando il sì determinante all’approvazione, in Senato, della nota di aggiornamento del Def riguardo lo spostamento del pareggio di bilancio al 2017.
E’ un po’ poco per darle dell’ “infame”?
“E’ il solito stile. Purtroppo nei Cinque stelle ci sono alcune mele marce, fomentate anche dall’atteggiamento di certi parlamentari - mi riferisco soprattutto ai deputati - che dovrebbero contenere gli eccessi, e invece gli aizzano”.
Schifo d'uomo, verme, Scilipoti, sanguisuga
Facciamola breve: Alessandro Di Battista l’ha definita “verme”.
“Sì, lo so, ho guardato poco gli insulti, non è piacevole e sarebbero da querela. La verità è che la mia è una scelta politica. E, comunque, non ho più doveri di fedeltà verso un mondo che mi ha estromesso”.
Il movimento?
“Il partito, lo chiami partito perché quello è. Un partito di due persone. Anzi, meglio. Una srl, una società, la Casaleggio e associati, che con il suo staff domina tutte le decisioni”.
L’ha pagata qualcuno per votare per Renzi, ieri al Senato?
“No, assolutamente. E non era un voto neanche così importante. Non era un voto di fiducia, non sarebbe caduto il governo”.
Di Stefano dice che lei è assetato di soldi.
“Di Stefano fa una cosa folle: dice che io prendo 500 euro di diaria dal Consiglio d’Europa, ma io non ci vado mai, sono solo un sostituto, sarò andato una volta. Lui invece è titolare e ci va spesso. Insomma accusa me per una cosa che riguarda lui”.
La dipingono come una specie di Scilipoti.
“Chi è contrario al Fiscal Compact, dovrebbe dare un giudizio positivo al fatto che si sposti al 2017 il pareggio di bilancio: o almeno, dovrebbe comprendere il senso della mia posizione”.
Il suo voto è stato però determinante per non fare andare sotto il governo.
“Non solo il mio. Anche quello di Calderoli, per esempio: e infatti nella Lega viene criticato per aver accettato di presiedere l’Aula, cosa che gli ha di fatto impedito di votare (per prassi, chi guida i lavori non vota anche se in teoria potrebbe, ndr). Ma mica gli danno del verme”.
Si vuol iscrivere al Pd, o almeno avvicinarsi a Renzi?
“No, no. La mia posizione è rimasta la stessa di quando ero nei Cinque stelle. Io dialogo, guardo al merito dei provvedimenti. Nel caso specifico, senza dietrologie, sono rimasto alle parole di Renzi. Lo spostamento al 2017 consente di sostenere il bonus da ottanta euro e il taglio dell’Irap. Punto e basta”.
Che giudizio dà del suo governo?
“Sta promettendo tanto e realizzando meno di quel che dice”.
Come li vede i Cinque stelle?
“In quanto opposizione a Renzi si sono sciolti come neve al sole: certo il premier fatica a trovare in loro degli avversari, cosa di cui invece ci sarebbe bisogno. Al senato il gruppo si sta sfaldando. Eravamo 54, ora sono arrivati a 39 e non è detto che l’emorragia si fermi. Possibile che l’abbiano fatto tutti per soldi? Io mi farei delle domande”.
Ce l’ha con loro perché l’hanno cacciata?
“Che fa, il loro gioco? Mi hanno estromesso a gennaio, dopo che insieme ad altri tre avevo espresso delle perplessità – ripeto, perplessità – per il fatto che Grillo, incontrando Renzi, non l’avesse nemmeno fatto parlare. Un’espulsione ratificata da un voto online taroccato”.
Perché dice taroccato, come fa a saperlo?
“Dico taroccato nel senso che nessuno lo può controllare. E’ fatto da Casaleggio, non da un ente terzo. Peraltro, fu preceduto da una mail arrivata a tutti, quindi anche a me, con allegato un video in cui Grillo spiegava perché bisognava espellerci: non una parola sulla nostra posizione. Nessun bilanciamento. Nessuna possibilità di spiegare, di difenderci. Ma il senso del dibattito democratico non è proprio nelle corde di Grillo”.
L’ha seguita la tre giorni al Circo Massimo?
“Il Circo Massimo è stata una buona apoteosi di ciò su cui si regge il movimento: una mediaticità senza concretezza. La controprova la si è vista a Genova: non appena si mette in una zona non controllata, Grillo viene contestato. Giustamente, secondo me”.
E’ un po’ poco per darle dell’ “infame”?
“E’ il solito stile. Purtroppo nei Cinque stelle ci sono alcune mele marce, fomentate anche dall’atteggiamento di certi parlamentari - mi riferisco soprattutto ai deputati - che dovrebbero contenere gli eccessi, e invece gli aizzano”.
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Le reazioni M5S al voto dell'ex Orellana
Il senatore del gruppo misto eletto con i voti del Movimento 5 Stelle è stato decisivo per il passaggio del Def a palazzo Madama. E i suoi ex compagni, da Di Battista a Sibilia, si sfogano sui social network
“Sì, lo so, ho guardato poco gli insulti, non è piacevole e sarebbero da querela. La verità è che la mia è una scelta politica. E, comunque, non ho più doveri di fedeltà verso un mondo che mi ha estromesso”.
Il movimento?
“Il partito, lo chiami partito perché quello è. Un partito di due persone. Anzi, meglio. Una srl, una società, la Casaleggio e associati, che con il suo staff domina tutte le decisioni”.
L’ha pagata qualcuno per votare per Renzi, ieri al Senato?
“No, assolutamente. E non era un voto neanche così importante. Non era un voto di fiducia, non sarebbe caduto il governo”.
Di Stefano dice che lei è assetato di soldi.
“Di Stefano fa una cosa folle: dice che io prendo 500 euro di diaria dal Consiglio d’Europa, ma io non ci vado mai, sono solo un sostituto, sarò andato una volta. Lui invece è titolare e ci va spesso. Insomma accusa me per una cosa che riguarda lui”.
La dipingono come una specie di Scilipoti.
“Chi è contrario al Fiscal Compact, dovrebbe dare un giudizio positivo al fatto che si sposti al 2017 il pareggio di bilancio: o almeno, dovrebbe comprendere il senso della mia posizione”.
Il suo voto è stato però determinante per non fare andare sotto il governo.
“Non solo il mio. Anche quello di Calderoli, per esempio: e infatti nella Lega viene criticato per aver accettato di presiedere l’Aula, cosa che gli ha di fatto impedito di votare (per prassi, chi guida i lavori non vota anche se in teoria potrebbe, ndr). Ma mica gli danno del verme”.
Si vuol iscrivere al Pd, o almeno avvicinarsi a Renzi?
“No, no. La mia posizione è rimasta la stessa di quando ero nei Cinque stelle. Io dialogo, guardo al merito dei provvedimenti. Nel caso specifico, senza dietrologie, sono rimasto alle parole di Renzi. Lo spostamento al 2017 consente di sostenere il bonus da ottanta euro e il taglio dell’Irap. Punto e basta”.
Che giudizio dà del suo governo?
“Sta promettendo tanto e realizzando meno di quel che dice”.
Come li vede i Cinque stelle?
“In quanto opposizione a Renzi si sono sciolti come neve al sole: certo il premier fatica a trovare in loro degli avversari, cosa di cui invece ci sarebbe bisogno. Al senato il gruppo si sta sfaldando. Eravamo 54, ora sono arrivati a 39 e non è detto che l’emorragia si fermi. Possibile che l’abbiano fatto tutti per soldi? Io mi farei delle domande”.
Ce l’ha con loro perché l’hanno cacciata?
“Che fa, il loro gioco? Mi hanno estromesso a gennaio, dopo che insieme ad altri tre avevo espresso delle perplessità – ripeto, perplessità – per il fatto che Grillo, incontrando Renzi, non l’avesse nemmeno fatto parlare. Un’espulsione ratificata da un voto online taroccato”.
Perché dice taroccato, come fa a saperlo?
“Dico taroccato nel senso che nessuno lo può controllare. E’ fatto da Casaleggio, non da un ente terzo. Peraltro, fu preceduto da una mail arrivata a tutti, quindi anche a me, con allegato un video in cui Grillo spiegava perché bisognava espellerci: non una parola sulla nostra posizione. Nessun bilanciamento. Nessuna possibilità di spiegare, di difenderci. Ma il senso del dibattito democratico non è proprio nelle corde di Grillo”.
L’ha seguita la tre giorni al Circo Massimo?
“Il Circo Massimo è stata una buona apoteosi di ciò su cui si regge il movimento: una mediaticità senza concretezza. La controprova la si è vista a Genova: non appena si mette in una zona non controllata, Grillo viene contestato. Giustamente, secondo me”.
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