sabato 18 ottobre 2014

Riceviamo e pubblichiamo.

Legge di Stabilità, le Regioni smettano di lagnarsi

Spendono più dei ministeri. Ma ora servono tagli intelligenti. Che si possono fare. 

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17 Ottobre 2014
Persino ai critici più severi di Matteo Renzi, penso a Pier Luigi Bersani, la manovra è sembrata contenere qualcosa di buono.
C'è una filosofia diversa.
L'intervento per ridurre il costo del lavoro dal lato delle imposte è ingente, significativo anche l'incentivo fiscale all'imprenditore che assume a tempo indeterminato. C'è poi la conferma degli 80 euro, i tagli agli sprechi e le misure anti evasione.
TANTI ATTACCHI DA SINISTRA. Alcuni economisti, per esempio il professor Guido Tabellini, l'hanno definita una manovra espansiva. È del tutto evidente che siamo fuori dalla logica ragionieristica di Giulio Tremonti e da quella simil-Trojka di Mario Monti.
Forse non basterà, rischia di fallire. La 'mitica' Europa può chiedere di più perché molte voci in bilancio (per esempio il recupero sull'evasione) sono virtuali.
Però l'attacco principale è venuto da sinistra con lo stesso leit motiv di quelli precedenti. Abolire il bicameralismo perfetto, vecchia bandiera della sinistra, è stato presentato come un attacco alla Costituzione, cambiare la legge elettorale senza mettere le preferenze (che il referendum Segni abolì con plauso della sinistra, che nelle preferenze vedeva il trionfo del voto di scambio a rischio mafioso) è stato definito come un attacco alla libertà, ridisegnare l'articolo 18 a vantaggio delle tutele crescenti ha significato per molti portare le fabbriche (ma ci sono?) ai tempi di Charles Dickens, oggi si dice che tagliare fondi distruggerà il Welfare.
REGIONI, POZZI SENZA FONDO. A Roma c'è un'espressione rozza ma assai chiara: 'facciamo a capirci'. Le Regioni, soprattutto dopo l'improvvida approvazione del titolo V, sono il vero bubbone dei conti italiani.
Un pozzo senza fondo, una burocrazia immensa, costosa e mediamente inefficiente, il vero cenacolo del pubblico che finanzia il privato, come nel caso della sanità con cliniche e laboratori convenzionati. Non c'è opera buona, con le eccezioni delle solite Regioni rosse, che sia  in capo di queste istituzioni.
Si potesse tornare indietro, si dovrebbero sottrarre più poteri, si dovrebbe controllare la burocrazia, snellire la classe politica e soprattutto intervenire là dove gli sprechi, soprattutto al Sud, sono scandalosi.
Nel Meridione si spendono cifre pazzesche per la sanità che finiscono nel privato convenzionato, mentre il malato, al momento del vero bisogno, cerca l'eccellenza a Milano o nel Veneto.
I presidenti si sono fatti impropriamente chiamate governatori, hanno ambasciate a Roma e nelle principali capitali estere, viaggiano molto, più di un ministro degli Esteri, ma non provano neppure per un secondo a risparmiare su una spesa ipertrofica.
In un Paese normale in Sicilia dovrebbe andarci un prefetto di ferro e dare una regolata a un migliaia di persone di incerta collocazione e di quasi nessun lavoro.
Renzi costringe questi governatori a fare bene i conti e a comportarsi come buoni padri di famiglia che in un momento di scarsità tagliano le spese non essenziali anche facendo piangere qualche familiare.
SERVONO TAGLI, E SI POSSONO FARE. Per capire come funziona negli enti locali oggi bisogna leggere una intervista del direttore del Tempoal sindaco di Roma, Ignazio Marino, secondo cui la sua assessora alle Finanze, l'ex Anci Silvia Scozzese, ha scoperto che l'amministrazione pagava 4 mila euro ogni pc che acquistava invece dei normali  500 euro!
Insomma , cari sindaci e governatori, poche lamentele e tagli là dove si possono fare.
Lo stesso Marino ha messo a confronto quel che costava l'Orchestra di Roma con quel che si spende per gli asili nella Capitale.
Tagliare si può, con intelligenza e senza smontare il welfare.
Nella mediazione col suo amico Renzi il presidente piemontese Chiamparino può svolgere un ruolo essenziale. Se riuscirà a evitare lo scontro frontale, magari invitanto il premier a una maggiore prudenza verbale e a un corso veloce di buone maniere, forse avremo un vero candidato al dopo-Napolitano.
Sono non pochi quelli che vedono un altro migliorista al Quirinale.
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