Lo smartphone di Tommaso Currò vibra. È un sms della collega Stefania Prestigiacomo: "Ciao Tommaso, ma è vero che vogliono espellerti perché hai firmato un emendamento con me?". Il deputato del Movimento 5 stelle risponde lapidario: "È vero". L'alzata di toni da parte di molti dei parlamentari stellati ha surriscaldato il clima interno. Molti hanno preso le distanze. Con Currò anche Emanuela Corda, Ivan Catalano e Gessica Rostellato hanno pubblicamente preso posizione contro l'escalation degli ultimi giorni.
Quest'ultima si è spinta a dire che "alle europee lascerò scheda bianca, non voterò il M5s". Che la richiesta d'espulsione per il deputato siciliano non c'entrasse nulla con personali posizioni politiche espresse negli ultimi giorni dà il polso di una situazione alla 'tutti contro tutti' che rischia di sfuggire di mano. Currò si era reso colpevole di aver fatto passare un emendamento nella legge di stabilità che ha permesso di mettere sotto tutela un'area delle coste siciliane. Con i voti degli odiati forzisti.
Qualcuno ha acceso il computer e ha scritto una mail al capogruppo, Federico D'Incà: "Per questo motivo deve essere espulso". "Ma io non ho fatto altro che recepire le istanze del mio meetup e di svolgere il mio ruolo di portavoce", si è difeso l'interessato. Niente da fare, l'assemblea è sovrana. Così questa mattina i deputati grillini si sono riuniti. I pochi a Roma, visto che i lavori dell'aula riprenderanno solo in serata. E hanno dato via a un confronto aspro.
Raccontano che Laura Castelli e Roberta Lombardi abbiano puntato il dito contro il collega: "Ormai fai parte di un gruppo parallelo che prende le decisioni fuori dell'assemblea". Currò ha risposto, si è difeso, non ha mollato di un millimetro. In effetti ieri un collega gli si è avvicinato nel cortile della Camera. Lui aveva appena mandato un sms a Beppe Grillo: "Se mi espellete non vado nel misto, mi dimetto". Il collega lo ha rassicurato: "Non è una faccenda che riguarda solo te. Se ti buttano fuori siamo in quindici a presentare a ruota le dimissioni, scoppia un puttanaio".
D'Incà aveva fiutato l'aria. E aveva proposto al malcapitato uno strano compromesso: "Tu chiedi scusa, ammetti di aver sbagliato e facciamo decadere la richiesta d'espulsione". Una sorta di abiura, così come non se ne vedevano da tempo. Alla quale Currò ha opposto un netto rifiuto: "Non ho nulla di cui scusarmi, non ho sbagliato".
La previsione del collega, la trasformazione del caso personale in caso politico, si manifesta plasticamente durante l'assemblea. Nessuno alza la mano per chiedere l'espulsione del deputato, si opta per trasformarla in una sanzione. Modi, forme, entità per il momento sono nella mente del capogruppo. Che ha ricevuto sì un mandato in quella direzione, ma sul filo di lana: in 23 dicono sì alla gogna, ma sono in 21 a ribellarsi. Decisivi i 10 astenuti.
La questione è chiusa. Almeno per il momento. Ora c'è da pensare alla fiducia sullo svuotacarceri. "Da stasera inizieremo di nuovo con l'ostruzionismo, per impedire il voto finale. Hanno convocato una seduta notturna? Bene, porteremo i panini".
Le proteste M5s in aula
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