Enrico Letta, il lento riposizionamento di Confindustria e sindacati che si allontanano dal premier
Di Ettore Maria Colombo, l'HuffingtonpostPubblicato: 08/02/2014 17:51 CET | Aggiornato: 08/02/2014 17:51 CET
“Nell’autunno del 2013 gli industriali compravano intere pagine di giornali per chiedere stabilità e, di conseguenza, sostenere lo sforzo di Letta e del suo governo, ora a Letta hanno dato lo sfratto esecutivo, sfratto che sarà evidente in modo palese sia quando si terrà l’annuale Direttivo generale di Confindustria (il 17 febbraio, ndr.) sia quando si terrà l’assemblea di ‘Rete Imprese Italia’ (rete che collega tutte le realtà del mondo produttivo, da Confindustria a Confcommercio, il giorno dopo, il 18 febbraio, ndr.) il cui titolo dell’iniziativa è eloquente di per sé: ‘Riprendiamoci il futuro’”. L’analisi, a dir poco liquidatoria nei confronti del governo Letta, arriva da un ex esponente di viale dell’Astronomia oggi impegnato in politica ma che continua a sondare e conosce bene gli ‘umori’ del mondo industriale a tal punto da prevedere “fischi e polemiche pesanti, contro Letta, il 17…”.
Dal mondo sindacale, peraltro, arrivano gli stessi segnali e avvisi di sfratto, altrettanto eloquenti. “Questo è un governo che ha solo opposizioni – dice senza mezzi termini il leader della Cgil Susanna Camusso – il che significa un governo alla paralisi. Se continua così? Allora meglio che se ne vada”. Parole durissime se si pensa che, da un lato, la Cgil della Camusso non nutre alcuna simpatia nei confronti del Pd a guida Renzi (tutte le strutture della Cgil hanno fatto una serrata e perdente campagna a favore di Cuperlo durante le primarie dello scorso inverno) e che, dall’altro, la Cgil è sempre stata, negli ultimi vent’anni, ‘nemica’ giurata dei governi di centrodestra ma altrettanto ‘amica’ di quelli a guida centrosinistra, specie il Prodi I e II (“Il tuo programma è il nostro” disse a Prodi l’allora segretario Epifani).
Dal mondo sindacale, peraltro, arrivano gli stessi segnali e avvisi di sfratto, altrettanto eloquenti. “Questo è un governo che ha solo opposizioni – dice senza mezzi termini il leader della Cgil Susanna Camusso – il che significa un governo alla paralisi. Se continua così? Allora meglio che se ne vada”. Parole durissime se si pensa che, da un lato, la Cgil della Camusso non nutre alcuna simpatia nei confronti del Pd a guida Renzi (tutte le strutture della Cgil hanno fatto una serrata e perdente campagna a favore di Cuperlo durante le primarie dello scorso inverno) e che, dall’altro, la Cgil è sempre stata, negli ultimi vent’anni, ‘nemica’ giurata dei governi di centrodestra ma altrettanto ‘amica’ di quelli a guida centrosinistra, specie il Prodi I e II (“Il tuo programma è il nostro” disse a Prodi l’allora segretario Epifani).
Continua a leggere dopo la fotogallery
Certo, della guerra aperta e dichiarata che il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, sta portando a Letta e al suo esecutivo si sa, ormai, tutto. L’apertura di ostilità è iniziata durante la trasmissione ‘In mezz’ora’ (Rai3) domenica scorsa ed è proseguita per tutta la settimana in un crescendo di dichiarazioni ostili e negative che neppure un incontro ‘franco e aperto’ che Squinzi ha avuto con lo stesso Letta a palazzo Chigi hanno poi sopito. “La crescita è troppo lenta e se il premier non ci mette più coraggio è meglio tornare al voto” diceva Squinzi solo una settimana fa, ma solo tre giorni fa le sue parole diventavano ancora più dure (“Se il 19 febbraio Letta si presenta davanti a noi con la bisaccia vuota sarebbe un problema, non resterebbe che appellarci a Napolitano”), simili ad un ultimatum e, ancora oggi, ribadiva: “Siamo preoccupati, terrorizzati, dall’andamento dell’economia reale del Paese, specie al Nord”. Sottinteso: è colpa di Letta.
Peraltro, dopo un breve incontro che si è tenuto giovedì scorso 6 febbraio a palazzo Vecchio tra lo stesso Squinzi e il sindaco di Firenze Matteo Renzi, sono in previsione altri e ravvicinati colloqui tra il leader degli industriali e il segretario del Pd, stante un feeling che, tra i due, ormai è già ‘un asse’, che potrebbe avvenire tra il 12 e il 13 febbraio (“Il 14 no – scherza Renzi – ma solo perché è San Valentino”), prima cioè dell’assise di Confindustria che è già pronta a trasformarsi in una bolgia di urla e fischi contro Letta come fu solo, in passato, l’attacco di Confindustria a Prodi e a Berlusconi.
Né da parte sindacale arrivano, come si diceva, buone notizie per Letta. In verità, un vero e proprio feeling tra il governo delle ‘larghe’ prima e ‘piccole’ intese poi e la ‘rossa’ Cgil non è mai scattato e la Camusso ha da subito messo la sua organizzazione all’opposizione di entrambe, ma almeno tra Cisl e Uil da un lato e premier dell’altro i rapporti erano buoni. Oggi, appunto, non lo sono più. La Camusso – che pure vede in Renzi un pericolo avversario sul fronte interno in quanto fa da sponda a Landini e a quella Fiom contro cui il leader Cgil ha aperto una durissima vertenza – ha aggiunto: “Non c’è più tempo da perdere, il governo è alla paralisi e non ha più un elenco delle priorità, la legge di Stabilità è stata un fallimento”.
Raffaele Bonanni, leader cislino, si è addirittura unito all’ultimatum di Confindustria e al suo avviso di sfratto al governo: “C’era un impegno del governo a ridurre le tasse, ma non se n’è fatto nulla, il governo ha la testa su altre vicende, non su sull’economia reale, per noi è alla base di tutto”. Conclusione: “il governo è avulso dalla realtà, il litigio giorno per giorno portano l’attenzione su altro, non ha più né concentrazione né volontà, non si può arrivare fino a maggio senza interventi concreti sull’economia”. Un altro ‘avviso di sfratto’, dunque, con tanto di scadenza: le elezioni europee. Anche il leader della Uil, Luigi Angeletti, si dichiara “deluso dal governo” perché aveva promesso di “ridurre i costi della politica” e “usare tali denari per ridurre le tasse sul lavoro. Se dovesse continuare così non capisco più l’utilità di questo governo”. Semplice, chiaro, diretto, efficace, Angeletti.
Da palazzo Chigi si cercherà di rispondere con una serie di provvedimenti già all’esame del Parlamento (Destinazione Italia, delega fiscale, etc.) e una serie di misure previste in ‘Impegno 2014’: competitività, riduzione del costo del lavoro, sburocratizzazione radicale, contesto infrastrutturale che invogli e aiuti imprenditori, l’istituzione di un fondo per la riduzione del costo del lavoro, un migliore accesso al credito alle imprese che non sia più ‘a pioggia’ ma selettivo, innovazione e ricerca, sostegno alle start-up, e un piano di contrasto alla corruzione e alla criminalità economica). Letta traccerà questa linea e queste proposte, davanti agli industriali, condendo il suo programma di rilancio dell’azione di governo con una promessa: le risorse derivanti dalle privatizzazioni (fino a 12 miliardi) non saranno destinate solo a riduzione del debito, ma a far ripartire l’economia reale. Chissà se basterà a Letta per evitare i fischi da parte degli industriali.
Né da parte sindacale arrivano, come si diceva, buone notizie per Letta. In verità, un vero e proprio feeling tra il governo delle ‘larghe’ prima e ‘piccole’ intese poi e la ‘rossa’ Cgil non è mai scattato e la Camusso ha da subito messo la sua organizzazione all’opposizione di entrambe, ma almeno tra Cisl e Uil da un lato e premier dell’altro i rapporti erano buoni. Oggi, appunto, non lo sono più. La Camusso – che pure vede in Renzi un pericolo avversario sul fronte interno in quanto fa da sponda a Landini e a quella Fiom contro cui il leader Cgil ha aperto una durissima vertenza – ha aggiunto: “Non c’è più tempo da perdere, il governo è alla paralisi e non ha più un elenco delle priorità, la legge di Stabilità è stata un fallimento”.
Raffaele Bonanni, leader cislino, si è addirittura unito all’ultimatum di Confindustria e al suo avviso di sfratto al governo: “C’era un impegno del governo a ridurre le tasse, ma non se n’è fatto nulla, il governo ha la testa su altre vicende, non su sull’economia reale, per noi è alla base di tutto”. Conclusione: “il governo è avulso dalla realtà, il litigio giorno per giorno portano l’attenzione su altro, non ha più né concentrazione né volontà, non si può arrivare fino a maggio senza interventi concreti sull’economia”. Un altro ‘avviso di sfratto’, dunque, con tanto di scadenza: le elezioni europee. Anche il leader della Uil, Luigi Angeletti, si dichiara “deluso dal governo” perché aveva promesso di “ridurre i costi della politica” e “usare tali denari per ridurre le tasse sul lavoro. Se dovesse continuare così non capisco più l’utilità di questo governo”. Semplice, chiaro, diretto, efficace, Angeletti.
Da palazzo Chigi si cercherà di rispondere con una serie di provvedimenti già all’esame del Parlamento (Destinazione Italia, delega fiscale, etc.) e una serie di misure previste in ‘Impegno 2014’: competitività, riduzione del costo del lavoro, sburocratizzazione radicale, contesto infrastrutturale che invogli e aiuti imprenditori, l’istituzione di un fondo per la riduzione del costo del lavoro, un migliore accesso al credito alle imprese che non sia più ‘a pioggia’ ma selettivo, innovazione e ricerca, sostegno alle start-up, e un piano di contrasto alla corruzione e alla criminalità economica). Letta traccerà questa linea e queste proposte, davanti agli industriali, condendo il suo programma di rilancio dell’azione di governo con una promessa: le risorse derivanti dalle privatizzazioni (fino a 12 miliardi) non saranno destinate solo a riduzione del debito, ma a far ripartire l’economia reale. Chissà se basterà a Letta per evitare i fischi da parte degli industriali.